Il “Punto Einaudi” di Sondrio e l’Associazione amici del museo valtellinese di storia e arte, con il patrocinio dell’Assessorato alla cultura del Comune di Sondrio e dell’Ordine degli architetti della provincia, organizzano la presentazione del volume TOMASO BUZZI. Il principe degli architetti (Sondrio 1900 – Rapallo 1981) edito dalla casa editrice milanese Electa. L'incontro si svolgerà Venerdì 21 novembre alle ore 17:30, presso Palazzo Sertoli (sede del Credito Valtellinese), Piazza Quadrivio, Sondrio.
Dopo una breve introduzione di Ivan Fassin, presidente dell’associazione organizzatrice, la parola passerà a Guido Canella, architetto e critico dell’architettura di riconosciuta fama mondiale (già docente di Composizione architettonica presso il Politecnico di Milano) e ad Alberto Giorgio Cassani, docente di Elementi di architettura e urbanistica presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia e curatore del libro.
Sarà loro il compito di delineare la complessa figura di architetto e artista di Tomaso Buzzi analizzando le opere che ha realizzato per una committenza tutta appartenente all’aristocrazia e all’alta borghesia italiana ed europea. Molto spazio sarà certamente dedicato alla Scarzuola, la località in provincia di Terni dove Buzzi, dal 1956 fino alla morte, ha realizzato la sua città ideale: un vero e proprio omaggio a tutti gli stili architettonici classici e moderni che rappresenta una delle pagine più bizzarre e singolari nella storia dell’architettura del Novecento.
Alla serata saranno presenti anche Silvia Chiesa, curatrice del regesto di tutte le opere di Buzzi, e Paola Tognon, autrice del saggio su Buzzi e le arti minori.
Angelo Bongio
Guglielmo Bilancioni, Alberto Giorgio Cassani,
Enrico Fenzi, Alessandro Mazza, Paola Tognon
Tomaso Buzzi
Il principe degli architetti
1900 – 1981
Electa, 2008, pagg. 346, € 110
Nell’autorevole collana dedicata agli “Architetti Moderni”, Electa pubblica una corposa monografia sull’opera e sulla poetica dell’architetto sondriese Tomaso Buzzi.
Figlio di Francesco Buzzi «medico condotto e per oltre quarant’anni direttore dell’Ospedale civile della città, e Amelia Carini, appartenente ad una ricca famiglia valtellinese» Tomaso Buzzi si forma a Sondrio, dove consegue la maturità classica al Piazzi nel 1917, e soprattutto a Milano dove nel 1923 si laurea ingegnere-architetto presso il Regio Istituto Tecnico Superiore. Subito inizia la sua carriera professionale che nei primi anni e fino alla metà degli anni Trenta è strettamente intrecciata con quella di Giò Ponti e degli artisti architetti che si riunivano nella redazione di Domus.
Ma la fisionomia artistica di Buzzi si manifesta subito con nettezza: le vaste letture, soprattutto di classici antichi e moderni, e la venerazione per l’architettura classica, in particolare quella tra Quattro e Settecento, fanno di Buzzi un, anzi, l’architetto controcorrente negli anni del Razionalismo trionfante.
Questo fa sì che a lui si rivolga una committenza che ha a disposizione mezzi materiali e culturali tali da poter soddisfare il proprio desiderio di differenziazione sociale: Buzzi diventa “l’architetto dei principi” e lavora, in Italia e in Europa, per le più importanti famiglie aristocratiche e anche, soprattutto nel dopoguerra, per il jet-set, il “bel mondo” dell’alta borghesia imprenditrice. Sarà poi Buzzi stesso a rovesciare la definizione in “principe degli architetti”, e in questo caso l’ironia, esercizio linguistico che Buzzi praticava sommamente, non c’entra.
Gli anni della guerra e della Resistenza segnano una prima svolta nella carriera di Buzzi: partecipa attivamente al movimento di liberazione dal nazi-fascismo (che ha sempre aristocraticamente osteggiato), rompe con Giò Ponti accusandolo di essersi troppo compromesso con il Regime, si allontana definitivamente dall’establishment dell’architettura ufficiale.
Tutto questo non intacca la sua carriera che prosegue intensamente in stretta connessione con la sua committenza aristocratica e alto-borghese. Buzzi mantiene anche, dal 1938 al 1954, la cattedra di Disegno dal vero presso il Politecnico di Milano. Buzzi è dunque figura complessa, anche contraddittoria, non banale, e che obbliga a prendere partito: o con o contro lui. Certo è che dal 1956 su Buzzi cade un silenzio tombale, l’oblio più radicale, l’ostracismo da parte del mondo che ruota intorno all’architettura, sia come istituzione ufficiale che come attività che produce cultura.
Perché il 1956 è l’anno della svolta definitiva della carriera di Buzzi, l’anno in cui acquista, presso Terni, la chiesa francescana della Scarzuola con annesso convento e la trasforma in sua residenza. Da lì comincia la costruzione di “Buzzinda”, il sogno o per alcuni il delirio di pietra attraverso cui Buzzi realizza lavorandoci fino alla morte la sua città ideale, il suo “sogno impietrato”.
Vengono in mente Le città invisibili di Calvino, ma Buzzinda è ancora lì, visibilissima nel suo tufo, autentica celebrazione-omaggio a tutti gli stili architettonici classici, trionfo dell’eclettismo più estremo. Il volume la documenta con uno splendido e ricco apparato fotografico e documenta anche tutta l’attività di Buzzi: le ville che ha realizzato o ristrutturato, gli ambienti che ha arredato con i relativi disegni progettuali, di straordinaria bellezza perché, genio o arruffone che sia stato, Buzzi era sicuramente un grande, grandissimo disegnatore.
(a cura del Punto Einaudi di Sondrio)