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“Sapere per Creare” (Parte Seconda) a cura di Anna Lanzetta
Ambra Banelli
Ambra Banelli 
15 Novembre 2008
 

Nell’ambito della presentazione del libro “Sapere per Creare” a cura di Anna Lanzetta, prende la parola il Dirigente scolastico, ing. Elvio Pagano ed elogia l’impegno degli studenti, quale traspare dai racconti presenti nel libro. Egli richiama l’attenzione di tutti  sulla necessità di rinnovare le metodologie d’insegnamento e sulla novità del progetto globale“Interazioni” di inserire l’Arte negli istituti tecnici. È giusto dice che tutti gli studenti, qualsiasi sia la loro scelta, possano conoscere le Arti, ricchezza per la formazione di ognuno e stimoli per la creatività.

 Prende poi la parola  Ambra Banelli (ex allieva e autrice di vari racconti) che presenta il libro attraverso il tema:

“Sapere per Creare”, uno strumento didattico per le scuole:

Servirebbero tante parole per poter adeguatamente presentare questo libro, il “nostro” libro. Nostro, perché esso rappresenta  l’incontro tra alunni e corpo scuola, quel rapporto che John Dewey tanto elogia ma che purtroppo nella nostra società si sta sempre più abbandonando.

“Sapere per Creare” è un libro che rappresenta l’obbiettivo che dovrebbe prefiggersi la scuola, in quanto istituzione altamente  educativa e formativa, di educare la mente, il cuore e la fantasia.

Il libro contiene  racconti di vario genere, scritti da noi ragazzi in età adolescenziale; esso testimonia  l’incontro educativo tra insegnante e allievi e la realizzazione di quello scambio  reciproco di sapere, al quale la scuola può e deve ispirarsi per nutrire  non solo la mente ma anche l’animo di una persona, nel nostro caso  -studenti in questione-. Ed è qui che ci domandiamo se veramente questo  dualismo sia possibile, se questo dare per ricevere esista: rispondiamo di sì, perché questo libro ne è la testimonianza.

Esso è la prova di come una professoressa sia entrata in classe e ci abbia insegnato non a imparare una poesia a memoria ma ad elaborarla dentro di noi, secondo la nostra  interpretazione, per poterla correlare a un quadro o a  una melodia o viceversa, in una sinergia di linguaggi che ci ha consentito  un sapere ampio e diversificato; la magia di un Sapere che  ha preso il sopravvento e che ci ha aperto il mondo della Scrittura creativa, quell’universo dove la fantasia, l’immaginazione e l’estro  hanno nutrito la nostra mente, connotandoci come  persone.

La nostra fortuna è stata dunque sia di incontrare una  docente desiderosa di sperimentare una nuova metodologia di insegnamento sia  di frequentare questo istituto in cui  abbiamo avuto la  possibilità di intraprendere con lei  un percorso alternativo rispetto al classico programma ordinario quale è stato appunto quello di studiare attraverso l’interazione tra la Letteratura, l’Arte, La Storia e la Musica, un progetto che ha alimentato in noi la passione e allo stesso tempo il desiderio, diventato  sovrano di  “Sapere per creare”.

Colgo in questa sede  l’occasione per parlare di questa esperienza,  soprattutto ai docenti, in quanto a distanza di anni, come da me già espresso nel libro stesso, alla voce: cinque testimonianze dirette,

 io penso che sia  una valida metodologia di insegnamento, poiché essa consente  uno scambio di “sapere” tra insegnanti e alunni ed è capace di   accendere la curiosità, la creatività e l’intelligenza dei ragazzi e di scoprirne  le capacità individuali proprie del conscio e  anche dell’inconscio. È proprio la trasmissione biunivoca del sapere   che consente a questi due mondi paralleli del discente e del docente di fondersi e di mettere in luce la personalità educata alla civilizzazione e all’etica della “cura” e di   prendersi “in cura” gli uni con gli altri.

Penso in particolare che la scelta di introdurre l’arte negli istituti tecnici sia un  progetto importante, perché permette allo studente di elevarsi ad un’ intelligenza non imposta ma co-relazionale con le

sue personali passioni e ricevere la “cura”, cioè gli strumenti per diventare soggetto attivo e interattivo col proprio sapere, attraverso il gioco di componenti essenziali alla sua soggettività, quali: la fantasia, l’immaginazione e l’estro.

 

Il libro che oggi  presentiamo “Sapere per creare”, raccoglie una serie di racconti di vario genere, scritti da noi studenti del biennio. Esso si divide in tre parti: nella prima presentiamo il progetto globale. Seguono i racconti nella seconda parte. La terza parte riporta cinque nostre testimonianze, relative all’esperienza, a distanza di otto anni. La copertina ne esplicita il significato: l’opera di Picasso indica le due fasi in cui la mente acquisisce e rielabora soggettivamente i dati.

Dobbiamo considerare che ogni giorno i media ci informano, ci impongono, ci condannano ad etichette uniformate al “the best” in questione ed è in quest’ambito che nel nostro piccolo possiamo intervenire. Non è da tutti essere seguiti da una professoressa determinata che al di là di tutto ha creduto in noi dove “noi” sta per ragazzi con le nostre  potenzialità, le nostre insicurezze e i nostri principi. Questi racconti sono nati da un metodo di insegnamento alternativo, da un imprinting diverso dal quotidiano, ma allo stesso tempo dalla volontà della nostra  insegnante che  ha ritenuto importante tale esperienza per la nostra formazione, dalla  fiducia reciproca che ha creato  un legame unico, un credere insieme in un progetto che mostrasse a noi stessi ciò che ogni ragazzo può realizzare quando c’è  l’intesa fra docente e discente,  e questo la scuola può e deve realizzarlo.

Vorrei inoltre aggiungere  che un ragazzo ha bisogno di una  “guida” all’interno della scuola, che lo istruisca ma che nello stesso tempo lo accompagni in un corretto cammino formativo, dato che la  formazione è continua per tutto l’arco della nostra vita. E cosa c’è di più bello che scoprire la storia attraverso i costumi rappresentati in un quadro? E da un quadro far volare i pensieri e trasformarli in parole? E farsi gioco delle parole per scoprirle in una melodia?

La creatività è una ricerca continua, oggi lo studente non si  accontenta di studiare  soltanto le materie curriculari, ma sente il bisogno di interagire con altri linguaggi, perché il sapere è curiosità e scoperta, un sapere arricchito  attraverso strumenti adeguati che il contesto scolastico può offrire, dato che  la scuola è o almeno dovrebbe essere una tra le più grandi agenzie educative per un adolescente. I ragazzi sono nel mondo una parte forte e  attiva e  vogliono emergere diventandone soggetti operativi e non essere rinchiusi entro schemi prestabiliti anche perché -come scoprirete, leggendo il libro-, l’unico mondo in cui una persona può essere imprigionata è il “sublime” mondo di noi stessi.

 

Rileggere a distanza di anni l’intero lavoro svolto con tanto amorevole impegno nel corso del biennio scolastico è assai stupefacente, soprattutto perché oggi vivendo in uno status forma mentis diverso da quello di una sedicenne di qualche anno fa, alla luce della mia esperienza e strada formativa posso analizzarlo sotto altri aspetti.

In primo luogo trovo eccellente che una professoressa si sia dedicata a un progetto così innovativo e coraggioso in una scuola tecnica dove formule e norme sono protagoniste in uno scenario a volte troppo ostico. Il potersi confrontare a più livelli culturali è importante in una società e in una scuola sempre più fredda e interessata a somministrare informazioni ai ragazzi come se fossero serbatoi, senza prendersi cura di loro. Un secondo aspetto da sottolineare è l’organizzazione dell’intero progetto che ci ha coinvolto globalmente, dandoci la possibilità di scelta, vale a dire affrontando un percorso storico-artistico-temporale consono alle nostre passioni, ai nostri desideri e alle nostre capacità, non forzandoci mai nelle scelte ma collaborando insieme in un’ottica didattica ed emozionale.

Questo  progetto e il suo svolgimento, mi ha dato la forza di cambiare la mia vita e di accorgermi che non ero portata solo a delle materie così fredde, tecniche e formali ma che avevo un altro lato dentro il mio essere soggetto profondo che  ho riscoperto, e che oggi  sto tirando fuori. Mi sono diplomata presso l’istituto tecnico I.T.I.S “A. Meucci”, ho conseguito l’esame di abilitazione per perito industriale e lavoro da tre anni in uno studio tecnico di progettazione impianti elettrici e speciali. Frequento presso l’università degli studi di Firenze la Facoltà di Scienze della Formazione, curriculum educatore professionale socio-relazionale. È dura, perché dopo mediamente nove ore giornaliere frequentare i corsi serali e di sabato è davvero impegnativo ma è contemporaneamente qualcosa di unico e speciale. La formazione personale che ti porta a scegliere non a essere scelta, non a vivere passivamente gli eventi ma a comandarli, è unico e per questo devo ringraziare:

Quella luce soave che come un soffio di vento ha illuminato la strada infinita di uno spirito vacillante e poco stabile, gli ha donato un’anima, una mente e lo ha indirizzato verso l'alto delle sue più profonde paure per poi scoprire essere anche le sue più stupende doti.

Concludo citando un grande esempio di dialogo al quale dovremmo  aspirare tutti e lo dico in qualità di studente, di lavoratrice e di donna:

“La buona fede degli insegnanti è un problema a parte.

Siete pagati dallo stato. Avete le creature davanti. Avete studiato storia. La insegnate. Dovreste veder chiaro. Certo delle creature vedete solo quelle scelte. La cultura v’è toccata farvela sui libri. E i libri sono scritti dalla parte padronale. Ma potevate leggere tra le righe. Possibile che siate ancora in buona fede?” ed è con queste parole,  tratte da  “Lettera a una professoressa” di Don Milani che concludo il mio pensiero e passo la parola alle altre ragazze che nel libro offrono la loro testimonianza.


Foto allegate

Ambra Banelli, Elvio Pagano, Fiorella Menna e Anna Lanzetta
Anna Lanzetta, Elena M. e Mary H.
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