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Yoani Sánchez. Ospedali. “Ti porti tutto?”
12 Novembre 2008
 

Dal blog Generación Y

11 novembre 2008

 

 

Hospitales ¿lo llevas todo?

Un cubo en una mano, la almohada bajo la axila y el ventilador apoyado en el hueso de la cadera. Entro por la puerta del hospital oncológico y la mochila que me sobresale sobre el hombro no deja ver mi rostro al custodio. Poco le importa, pues el hombre está acostumbrado a que las familias de los pacientes deben llevarlo todo, así que mi barroca estructura de aspas, cubo y fundas, no lo inmuta. Él no lo sabe todavía, pero en una bolsa que me cuelga de algún lado le he traído un pan con tortilla, para que me deje quedarme fuera del horario de visita.

Llego a la sala y Mónica sostiene la mano de su madre, cuyo rostro está cada vez más demacrado. Tiene cáncer en el esófago y ya hay poco que hacer, aunque la señora aún no lo sabe. Nunca he entendido esa negativa de los médicos a informarle a uno –directamente– cuán poco tiempo queda para el final; pero respeto la decisión de la familia, aunque no me sumo a la mentira de que pronto estará bien.

La sala tiene una luz tenue y en el aire se huele el dolor. Comienzo a desempaquetar lo que he traído. Saco la bolsita de detergente y el aromatizante con los que limpiaré el baño, cuyo “aroma” lo inunda todo. Con el cubo podremos bañar a la señora y descargar la taza, pues la válvula de agua no le funciona. Para el gran fregado traje un par de guantes amarillos, temerosa de los gérmenes que puede pescar en aquel hospital. Mónica me conmina a seguir desempacando y extraigo la cantina de la comida y un purecito especial para la enferma. La almohada ha venido de maravilla y el juego de sábanas limpias logra tapar el colchón, manchado con sucesivos efluvios.

Lo mejor recibido es el ventilador, que conecto a dos cables pelados que asoman desde la pared. Sigo desembalando y llego a la jabita con los materiales médicos. He conseguido unas agujas adecuadas para el suero, pues la que tiene en el brazo es muy gruesa y le produce dolor. También compré algo de gasa y algodón en el mercado negro. Lo más difícil –que me ha costado días e increíbles canjes– es el hilo de sutura para la cirugía que le harán mañana. Le traje además una caja de jeringuillas desechables, pues puso el grito en el cielo cuando vio a la enfermera con una de cristal.

Para la distracción, he cargado con una radio y a una paciente cercana le han traído un televisor. Mi amiga y su mamá podrán ver entonces la novela, mientras yo busco al médico y le entrego un regalo enviado por el esposo de la enferma. Al llegar la hora de dormir, una cucaracha atraviesa la pared cercana a la cama y me acuerdo que también traje un spray contra insectos. En la mochila todavía me quedan algunas medicinas y un regalito para la muchacha del laboratorio. El dinero lo tengo en el bolsillo, pues las ambulancias son para casos muy críticos y cuando la envíen –desahuciada– a casa tendremos que tomar un Panataxi.

Frente a nuestra cama hay una viejita que se come la sopa aguada que le ha dado el personal del hospital. Alrededor de su cama no hay ningún bolso traído por la familia y no tiene almohada para apoyar la cabeza. Pongo el ventilador de una forma que ella también reciba el fresco y le hablo sobre la llegada de otro huracán. Sin que se dé cuenta toco la madera del marco de la puerta, no sé muy bien si para expulsar el miedo a la enfermedad o el espanto ante las condiciones del hospital. Una mujer pasa gritando que vende panes con jamón para los acompañantes y yo me encierro en el baño, que huele a jazmines después de mi limpieza.

 

Yoani Sánchez

 

 

Ospedali: ti porti tutto?

Un secchio in una mano, il cuscino sotto un’ascella e il ventilatore appoggiato su un fianco. Entro dalla porta dell’ospedale oncologico e lo zaino che sporge sopra una spalla non fa intravedere il mio volto al custode. A lui poco importa, perché è abituato al fatto che i familiari dei pazienti si debbano portare tutto, così che la mia barocca composizione di pale,1 secchio e federe, non lo scompone. Lui non lo sa ancora, ma in una borsa che pende da qualche lato gli ho portato un panino con la frittata, perché mi consenta di restare oltre l’orario di visita.

Arrivo nella sala e Mónica sostiene la mano di sua madre, che ha il volto sempre più smunto. Ha un cancro all’esofago e ormai c’è poco da fare, pure se la signora ancora non lo sa. Non ho mai compreso perché i medici si rifiutano di informare una persona - direttamente - sul poco tempo che resta da vivere; però rispetto la decisione della famiglia, anche se non mi unisco alla menzogna che presto starà bene.

La sala diffonde una luce tenue e nell’aria si intuisce il dolore. Comincio a spacchettare le cose che ho portato. Tiro fuori il sacchetto di disinfettante e l’aromatizzante che servono per pulire il bagno, il cui “aroma” pervade la stanza. Con il secchio potremo lavare la signora e scaricare la tazza, visto che la valvola dell’acqua non funziona. Per il grande lavaggio ho portato un paio di guanti gialli, perché temo i bacilli che si possono prendere in quell’ospedale. Mónica mi esorta a continuare ad aprire pacchetti e così tiro fuori la cantina con la roba da mangiare e un purè speciale per l’ammalata. Il cuscino è venuto davvero bene e il gioco dei lenzuoli puliti riesce a coprire il materasso, sporcato da continue emanazioni.

L’oggetto che viene accolto meglio è il ventilatore, che collego a due cavi malmessi che escono fuori dalla parete. Continuo a estrarre altre cose e arrivo alla cassettina con i medicinali. Ho trovato alcuni aghi adatti per il siero, perché quello che tiene al braccio è molto grosso e le provoca dolore. Ho comprato anche un po’ di garza e di cotone al mercato nero. La cosa più difficile –che mi è costata giorni di ricerche e incredibili scambi– è il filo da sutura per l’operazione che le faranno domani. Le ho portato anche una cassa di piccole siringhe usa e getta, perché mi sono meravigliata molto quando ho visto l’infermiera con una siringa di cristallo.

Per farla distrarre ho lasciato una radio, mentre a una paziente vicina hanno portato un televisore. La mia amica e sua madre potranno vedere lo sceneggiato televisivo,2 mentre io cerco il medico e gli consegno un regalo inviato dal marito dell’ammalata. Quando viene l’ora di dormire, uno scarafaggio attraversa la parete vicina al letto e mi ricordo che ho portato anche uno spray contro gli insetti. Nello zaino mi restano ancora alcune medicine e un regalino per la ragazza del laboratorio. Il denaro è in tasca, perché le ambulanze sono riservate ai casi molto critici e quando la manderanno –sfrattata– a casa dovremo prendere un Panataxi.

Di fronte al nostro letto c’è una vecchietta che mangia la minestra annacquata servita dal personale dell’ospedale. Attorno al suo letto non c’è nessuna borsa portata dalla famiglia e non ha neppure un cuscino per appoggiare la testa. Posiziono il ventilatore in modo tale che anche lei riceva il fresco e le parlo dell’arrivo di un altro uragano. Senza che se ne accorga tocco il legno3 del telaio della porta, non so bene se per scacciare la paura della malattia o lo spavento davanti alle condizioni dell’ospedale. Una donna passa gridando che vende panini al prosciutto per i visitatori e io mi rinchiudo nel bagno, che dopo la mia pulizia profuma di gelsomini.

 

Traduzione di Gordiano Lupi

 

 

Note del traduttore:

1 Mi barroca estructura de aspasHo tradotto letteralmente: La mia barocca composizione di pale, ma la locuzione poetica indica un ventilatore antiquato, vecchio e rattoppato.

2 La novela – Traduco lo spagnolo novela con sceneggiato televisivo, ma la locuzione italiana non rende bene ciò che rappresenta la novela nella cultura cubana. I cubani seguono con passione la televisione, anche se i programmi non sono molti e la qualità è pessima. Le donne amano la novela, non perdono una puntata, partecipano e parteggiano per una protagonista o per l’altra, sognano avventure d’amore con ricchi signori. Gli uomini meno, preferiscono il baseball o il pugilato, ma a volte capita che si fermino a seguire quelle storie a tinte rosa che non fanno pensare. La novela è un argomento di conversazione al mercato, per strada, tra amiche. Quando due donne s’incontrano per strada la prima domanda è: “Hai visto la novela?” Dopo si passa a chiedere della famiglia e di tutto il resto.

3 Tocar madera – A Cuba come gesto scaramantico si tocca legno e non ferro. Ecco spiegato il senso dell’espressione usata da Yoani, quando dice che tocca il legno del telaio della porta per scacciare la paura della malattia o lo spavento davanti alle condizioni dell’ospedale.

Le condizioni degli ospedali cubani – Confermo la dettagliata ricostruzione narrativa di Yoani. Posso dire di aver riportato la stessa sconvolgente esperienza in un ospedale di Guanabacoa e in uno di Cabañas. Non solo. Ho conosciuto un’infermiera cubana che mi ha riferito le stesse cose riportate da Yoani nel post odierno. La sanità è ottima solo per gli stranieri come Maradona che si curano negli ospedali per turisti. Provate a entrare in un ospedale per la povera gente: vi accorgerete che è sporco, privo di ogni requisito di igiene, le stanze sono caldissime, umide e male arredate. Non solo. Le corsie con i malati sono prive di aria condizionata e se un degente vuole un ventilatore se lo deve portare da casa. Per non parlare delle medicine e delle attrezzature mediche che sono inesistenti. Fidel Castro colpevolizza gli Stati Uniti e un criminale embargo per tutte le mancanze di cui soffre Cuba, ma in realtà questa misura odiosa e inaccettabile è forse il suo alleato più forte. L’embargo è la scusa che ogni giorno viene messa davanti al popolo cubano per convincerlo a fare sacrifici, pure se adesso tutti hanno capito che il solo colpevole è il regime e la sua fallimentare politica economica. E poi - embargo o non embargo - dove vanno a finire i milioni di dollari che ogni anno Cuba incassa dal turismo? Non certo in operazioni sociali… (Gordiano Lupi)


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Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - ISSN 1124-1276 - R.O.C. N. 32755 LABOS Editrice
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