Le voci del dissenso in Italia
Molte sono le voci che si levano contro la privatizzazione, e speriamo che trovino la strada giusta per ‘ridurre’ chi comanda alla ragione. Gli effetti negativi, in Italia, sarebbero maggiori di quelli verificatisi in Inghilterra, poiché la nostra situazione ambientale e strutturale, già più precaria, è aggravata dal dissesto idrogeologico cui i vari avvicendamenti governativi non hanno prestato ‘soccorso’ dal dopoguerra a oggi. Attacchi e distruzione della natura e del territorio risultano in alluvioni sempre più ravvicinate e disastrose – vedi Bormida 1992, Po 1994 e 2000, Sarno 1998, Soverato nel 2000/ vedi l’inquinamento delle acque, che trova la sua apoteosi nel bacino imbrifero del Sarno, il più inquinato d'Europa, e le condizioni in cui versano i laghi prealpini.
Vari comitati, in tutta Italia, hanno raccolto firme, chiedendo al governo di tornare alla vecchia gestione pubblica municipalizzata. Le firme (soltanto 406.000) sono in attesa del gesto di adesione di molti (e, meglio ancora, di tutti, perché l’acqua è un tesoro estorto che tutti hanno perduto).
Le voci del dissenso sono infinite, in tutte le regioni e i problemi si toccano con mano. I Comuni del Polesine, per uscire da un crack finanziario accumulato da Polesine Servizi (che aveva comunque ‘spremuto’ pagamenti salati ai cittadini), hanno deciso di accollarsi una ricapitalizzazione. Uno dei comuni, il cui sindaco non ha voluto sottoporre i cittadini ad aggiuntivi disagi economici, non ha aderito ed è stato espulso dalla Ato.
. Toscana: ci sono lotte anche in questa meravigliosa regione (dove sono nati alcuni movimenti contro una legge regionale che minaccia di consegnare il 60% della proprietà delle reti idriche di Firenze e dei comuni del Valdarno ai privati).
. Sardegna: chi ha occhi per vedere, orecchie per sentire e cervello per intendere si oppone alla privatizzazione dell’acqua e alle bollette-ladre di Abbanoa: a Bonannaro, in provincia di Sassari, è nato il comitato “Abbanostra”; nel centro dell’isola, la gente protesta contro i rincari delle bollette e i ‘servizi’ carenti forniti da Abbanoa e contro i sindaci che non hanno ancora capito dove la privatizzazione vada a parare.
. Sicilia: Il governo nominò (nel 2002) il presidente della regione siciliana ‘commissario per l’emergenza idrica in Sicilia’, annullando, in tal modo, qualsiasi ‘paletto-principio’ piantato dalla gestione commissariale precedente (l’ex generale dei Carabinieri Jucci) come eventuale ‘argine’ provvidenziale. Gli acquedotti siciliani, gestiti dall’EAS (ente acquedotti siciliani) hanno sempre risentito di grossi problemi (vedi clientelismo e altri -trentennali- interessi oscuri ‘incartati’ nella definizione ‘incompetenza’: abusivismi-distribuzioni clandestine-pizzo estorto a privati e imprese-bacini abusivi-dispersione della risorsa acqua-autobotti venditrici di linfa vitale sine qua non). Questo era il ‘terreno di semina’ su cui la privatizzazione dell’acqua è andata a innestarsi in Sicilia e nessuno può meravigliarsi del fatto che la gente abbia pensato: “si può soltanto migliorare”/ quando si tocca il fondo, si può soltanto risalire. Così non è stato, purtroppo e, ancora purtroppo, chi ha predisposto il piano per la privatizzazione, contava, probabilmente, proprio su questo stato d’animo della gente e ha aggiunto ‘al danno la beffa’, perché la regione aveva già speso centinaia di miliardi (i soldi di cittadini che non sono magnati della finanza) per migliorare le strutture idriche/ creare dighe/ ‘sistemare’ laghi esistenti e crearne di artificiali/ fare e rifare condutture/ impiantare dissalatori “per risolvere definitivamente il problema dell’approvvigionamento idrico”. Il tradimento-voltafaccia senza precedenti giunse nel 2003, quando all’EAS venne inflitta una liquidazione ‘per dissanguamento’ (senza neppure chiuderne il bilancio-con conseguenze ‘impredicibili’ sull’enorme patrimonio immobiliare dell’ente medesimo sparso su tutta l’isola e caduto in una giungla di terre di nessuno di ‘competenze’ e/o vigilanza) e laghi-fiumi-sorgenti e tutto ciò che aveva a che fare con l’acqua furono affidati a una società privata (SiciliaAcqua- che presta il volto a Enel/Vivendi e agli altri grandi nomi che la compongono- con incarico trentennale!). È una storia triste e dolorosa che va ad aggiungersi a tutte le storie con cui la amministrazioni mostrano il lato masochistico dell’umanità che misconoscono. È la solita vecchia storia: i diretti ‘proprietari’ dell’acqua, i cittadini, sono stati rapinati. L’acqua è stata ceduta a una società privata. Gli ATO provinciali ricevono dai Comuni le competenze per la distribuzione idrica nella provincia e fanno, a loro volta dei bandi: privata è la società regionale che vende l’acqua alla società privata provinciale che, a sua volta, la venderà ai cittadini (gli ultimi della catena- le vittime del danno tramato a loro spese). È davvero troppo complicato da capire e, soprattutto, da accettare. È una delle ingiustizie più gravi (se non la più grave) perpetrate sulla terra. La preziosa acqua di tutti, anche in Sicilia, è, dunque, gestita dai capitalisti privati. La situazione è sfuggita di mano alle amministrazioni locali, degenerando e ripercuotendosi sui cittadini in modo così negativo che, da Messina ad Agrigento, a Palermo pare levarsi un ‘si salvi chi può’ forte e chiaro. La gente fa appelli continui (persino all’arcivescovo). Il sindaco di Palermo, On. D. Giannopolo, nel 2007 ebbe a dire: «Permangono e si aggravano le responsabilità dell’ATO Idrico di Palermo nella privatizzazione selvaggia e affaristica dell’acqua in provincia di Palermo». 25 Comuni del palermitano hanno unito le loro forze contro la privatizzazione, per chiedere alla provincia di sospendere l’affidamento alle gestioni private (sperando nell’emendamento al disegno di legge Bersani per la moratoria ai processi di privatizzazione e chiedendo al TAR di sospendere i provvedimenti- in attesa di gesti-rammendo da parte delle autorità dell’antitrust e dei lavori pubblici). Le cose peggiorano, anziché migliorare: il commissario per l’emergenza idrica, ha ricevuto ‘poteri di vita e di morte’ sulla realizzazione del piano di privatizzazione e, invece di una privatizzazione, ne vuole fare addirittura due (e pensare che il passato avrebbe dovuto far riflettere…).
. Napoli (e provincia): la cittadinanza si batte contro la privatizzazione dell’acqua ‘con le unghie e con i denti’ e si ‘dà da fare’ in molte direzioni. I comitati fondati come ‘quartieri generali’ Sono molti. Cito i recapiti di quelli di cui sono a conoscenza:
acquapubblica@inventati.org
info@unagoccianelmare.org
info@comitatoacquanapoli.org
Questa potrebbe sembrare una notizia come un’altra, se non provenisse da un quadro politico-sociale a varie stratificazioni-ramificazioni di prospettive-interessi. I problemi sono iniziati con la privatizzazione degli impianti di depurazione (affidati a un consorzio di imprese guidato da Termomeccanica Ecologica Spa, che aveva gestito già reti idriche campane negli anni ottanta e che, dopo tangentopoli si è ripresentata con un nuovo assetto proprietario). L’affidamento di quelle gare d’appalto ha provocato ricorsi al TAR e scioperi dovuti anche a motivi contrattuali (la Termomeccanica si era impegnata a mantenere i vecchi contratti e aveva, invece, come nuova impresa privata, determinato nuove assunzioni.) L’acquedotto occidentale campano è in mano a EniAcqua dal 1980 (con concessione ventennale). Eni Acqua, però, non è più un ente pubblico (almeno non del tutto), perché l’imprenditore edile Francesco Caltagirone ne è diventato azionista. La giunta regionale non ha trovato ostacoli in ciò e nel 2004 ha rinnovato (e allargato al resto dell’acquedotto) la concessione alla società (che ora si chiama AcquaCampania), con annessi e connessi, cioè con gestione, opere di costruzione e manutenzione- già di per sé finanziati dalla legge sulle grandi opere. Lo schema usato era quello del project financing (metà investimenti con capitale pubblico/ metà con capitale privato: peccato che il capitale privato - protagonista di investimenti ma anche di notevoli profitti - riceva, in cambio, la gestione del bene per circa venti anni). La Caltagirone Spa mira al 50% (e alla maggioranza) della EniAcquaCampania. La Vianini, altra società di AcquaCampania, mira alla gestione dell’acquedotto pugliese (in cordata con ACEA: per il 51% del Comune di Roma/ per il 49% di Suez-gruppo dell'immobiliarista Francesco Caltagirone-fondi d’investimento Schroders e Pictet Asset management, che ha partecipazioni anche in Veolia e Suez/ ‘gestisce’ i ‘gestori’ della Toscana, Gori e Gesesa in Campania, le fontane di Roma e Firenze, il 40% di Acque di Perugia e il 94% dell'Acea Ato 5 di Frosinone). Gli ATO (Ambiti Territoriali Ottimali) campani sono quattro. Uno (Sarnese-Vesuviano) è già nelle mani della Icar Costruzione di Marilù Faraone Mennella (compagna dell’ex presidente di Confindustria, D’Amato). L’acquedotto salernitano, invece, è gestito anche dalla Vianini Costruzioni del gruppo Caltagirone. L‘affidamento della gestione ai privati non è stata contestata, ma la possibilità che l’acqua della città di Napoli, oltre a quella di altri 135 comuni (2.500.000 abitanti) venga privatizzata non riesce ad essere accettata dalla popolazione. L’assemblea dell’ente di ambito (i sindaci di 136 comuni –per oltre 2 milioni di abitanti) ha deliberato, il 23 novembre del 2004, l’affidamento ai privati della gestione del servizio idrico integrato di Napoli-Volturno (a una società a capitale misto, 60% pubblico, 40% privato). La delibera di affidamento (approvata con 96 voti favorevoli, 2 contrari e 3 astenuti) prevede che entro il primo anno l’ATO ceda il 9% delle sue azioni, portando così a 49% la partecipazione del privato e che, entro il secondo anno, avvii il procedimento di dismissione della propria quota azionaria (vale a dire che la dicitura ‘capitale misto’ è soltanto un richiamo per le allodole-polvere negli occhi o come dir si voglia, perché, in men che non si dica, di ‘misto’ non avrà più nulla).
La popolazione ‘patisce’, affetta da fastidiosa invisibilità senza spiragli (ma consapevole e decisa) conta sui volenterosi irriducibili che si organizzano e formano comitati (a proprie spese) e… magari su un miracolo di San Gennaro (perché la privatizzazione dell’acqua non mutili ancora una volta i diritti umani e sociali -sacrosanti- già martoriati dalle preponderanti forze oscure, mai stanche di tramare ai danni della brava gente).
Il mondo si ricordi di Napoli per il coraggio dei cittadini consapevoli e civili che lottano giorno per giorno per diritti -propri e dei figli- che altrove sembrano ‘scontati’ (e non soltanto per l’emergenza rifiuti, che ha anamnesi ecologiche/umane - a misura di danno all’uomo - scarsamente legate ai cittadini napoletani normali, vittime impotenti di fenomeni-sopraffazione di varia natura).
. Pozzuoli /Campi Flegrei: Le cittadinanze hanno iniziato nell’Ottobre 2004 una lotta civile e pacifica contro la privatizzazione dell’acqua e hanno ottenuto il ritiro della delibera di privatizzazione da parte di 136 Comuni!
I sindaci (finalmente edotti circa le trappole in cui avrebbero infilato se stessi e tutti i cittadini) sono rinsaviti, hanno chiesto scusa alle cittadinanze e hanno assunto l’impegno di vigilare sui beni comuni.
Dio sia lodato e ringraziato per questi esempi da seguire e per ogni goccia di buonsenso che può farsi valanga benefica e rigenerante nel mondo; siano ringraziate tutte le persone di buona volontà che, con tenacia e fiducia, non si sono lasciate scoraggiare dai mulini a vento (che parevano ‘nanificarli’ con l’imponenza dello strapotere-capitale -che oggi impera e detta legge ovunque) e che dai Campi Flegrei ci regalano questa ventata di ossigeno-speranza nella possibilità di affermare ciò che è giusto e buono anche contro ogni pronostico 'razionale'.
. Genova: L’acqua del Comune di Genova è stata privatizzata nel 1996. Coordinatore del ‘collocamento in borsa’ dell’acqua di Genova è stata Mediobanca, la banca scelta da Amga s. p. a. (Azienda Mediterranea Gas e Acqua- l’azienda municipalizzata del gas e dell’acqua del Comune di Genova). Lo ha deciso la giunta comunale di Genova (che sarà ricordata come la prima giunta comunale che ha trasformato in società per azioni la sua azienda municipalizzata). Non è un bel primato, quello di aver trasformato l’acqua (l’essenza stessa della vita) in parte del pil (in nome del quale gli uomini del tremila si trasformano in formicai volti verso l’autodistruzione). Le azioni che il Comune di Genova ha messo sul mercato erano il 49% del capitale. Advisor finanziario è stata la Banque Paribas. I ‘soggetti’ interessati alla cosa hanno fatto i vari passi senza dubbi e senza ripensamenti (le procedure per l’offerta pubblica di vendita, la previsione di quotazione in borsa, il preconsuntivo, ecc.). La AMGA, che era nata come s. p. a. nel 1994 e aveva visto il suo status omologato dal tribunale nel ‘95, nel ’96 aveva un fatturato (261 miliardi) del 10, 7 % superiore a quello dell’anno di nascita (e un utile più alto del 16, 9 %): ciò la dice lunga sulle priorità eventuali del cambio di rotta nella gestione.
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-Godwill wish-
Mi auguro che i cittadini italiani e quelli di tutto il mondo possano: 1) seguire le orme della gente di Pozzuoli e dei Campi Flegrei e unirsi civilmente e pacificamente, cercando di ‘spalmare’ sugli occhi delle giunte e delle municipalità il miracoloso ‘fango’ evangelico e poi ‘lavarlo’ via perché essi ‘vedano’ ciò che gli ‘utenti’ vedono: che la privatizzazione/ la mercificazione/ la quotazione in borsa dell’acqua è portatrice di sventura ed è un crimine; 2) chiedere che la gestione delle reti idriche (e dell’erogazione miracolosa delle ‘sacre’ acque) torni alle amministrazioni pubbliche; 3) lasciare che la sopravvissuta civiltà contadina mondiale prosegua sulle orme dei padri, senza dover patire l’umiliazione di dover elemosinare la trasparenza vitale dell’acqua che benedice i solchi con il fremito della vita e del raccolto; 4) non dimenticare gli esseri umani (un miliardo e trecento milioni) che ancora non sono stati benedetti dall’abbondanza di acqua e che non sono stati elevati alla dignità di ‘persone’ con diritto all’acqua potabile e alla ‘garanzia’ di vita possibile; 5) evitare che quel miliardo salga a tre in pochi anni; 6) cambiare il mondo ingiusto e crudele che dà tutto a pochi e nulla a molti; 7) abolire (e, ove possibile, invertire) la logica del ‘profitto’ (che si spinge fino a mettere a rischio le risorse naturali del pianeta e a minacciare la sopravvivenza del genere umano e delle altre forme di vita).
Bruna Spagnuolo
P. S. – Chiedo venia (se ho parlato di alcune regioni e non di altre), ma credo di aver detto le cose più urgenti e più importanti (tra quelle di cui sono, per sommi capi, informata); se ne ho tralasciate altre (di cui si vuole che io parli), basta farne richiesta alla redazione di Tellusfolio (e provvederò).
-Fine-