La guerra dell’acqua
L’umanità (globalmente intesa) ignora l’inganno a suo danno tramato e ‘dorme a sette cuscini’ e, intanto, i titani-predoni si sfidano attorno alle sorgenti della ‘comunità’ mondiale e scatenano la guerra più ingiusta e incredibile del creato.
I fuorilegge del passato, che trucidavano i cercatori d’oro, per rubarne le miniere, appaiono meno pericolosi (e persino ingenui e innocui) di fronte alle piovre complesse, ramificate e potenti dei ‘tramatori’ che brandiscono ‘accordi’ legali contro popoli interi (giustiziando la fiducia dei singoli, delle collettività e dei viventi più vulnerabili della terra).
La parte di società che si è accorta di ciò che accade, si oppone.
. Canada: Un’inchiesta (1996) ha mostrato che il 76% della popolazione era allarmata e contraria alla privatizzazione dell’acqua (mi domando se il restante 24% sapesse di quell’inchiesta e del suo topic); a Montreal, nel 2001, diecimila persone hanno protestato contro le autorità del Quebec e gli hanno impedito di privatizzare l’acqua.
. Panama: la popolazione ha indotto le autorità a desistere dalla privatizzazione dell’acqua.
. Bolivia: A Cochabamba, i campesinos, che manifestavano pacificamente contro l’irragionevole aumento delle bollette dell’acqua, sono stati trattati come rivoltosi (peggio per il governo che, invece di intimidirli e tacitarli, è caduto). La legge ‘nazionale’ boliviana non ha tenuto conto della paga dei lavoratori (che si aggira attorno ai 350 pesos al mese, sui quali i 20 pesos mensili dell’acqua pesano come montagne), ma non c’è da meravigliarsene, perché ‘scimmiottava’ pari pari il ‘contratto’ stipulato tra le imprese private che ‘scippano’ gli abitanti di ogni sorgente del territorio di Cochabamba, con esproprio totale persino dei pozzi atavici scavati dagli antenati segnati dagli stenti e dai calli. Avete capito bene: persino i pozzi degli ultimi della terra sono presi di mira dalle multinazionali, come 'unità' da 'censire' e 'tassare' (come non pensare a serpenti che sostituiscano le loro fauci immonde alla bocca dei neonati sui capezzoli dei seni materni…).
La remissività dei paesi poveri nei confronti dei ricatti dello strapotere e del denaro è un arcano presto svelato: la banca mondiale e le istituzioni finanziarie internazionali (IFI) hanno gioco facile, offrendo prestiti in cambio della privatizzazione dell’acqua. Il fondo monetario internazionale e la banca mondiale hanno, senza fatica e con blandizie-‘capitale’, conquistato (‘per scasso’) le vie dell’acqua anche in Niger/ Mozambico/ Benin/ Rwanda/ Camerun/ Tanzania/ Kenya/ Honduras/ Yemen (rimbecilliti dal 'canto delle sirene' proveniente dal Poverty Reduction and Growth Facility- PRGF).
Ciò che di umano possiamo ancora vantare di chiudere in noi stessi esce davvero malconcio da questi eventi.
Le falde friatiche non hanno bandiere-confini-razze. Appartengono all’umanità in senso lato. Non hanno padroni. Gli uomini designati dai popoli della terra come politici di riferimento (perché si occupino della res pubblica) difendano l’acqua (in nome e per conto delle cittadinanze) e non se la vendano, per favore! I popoli si sveglino e, se occorre, si trasformino in eserciti, in difesa dell’acqua, cioè della vita propria e dei figli. Impediscano ai sindaci e alle giunte dei vari Comuni e alle varie municipalità mondiali di concepire e pubblicare bandi per la 'gestione idrica' e di inscenare le conseguenti gare d’appalto (con cui vendersi l’acqua di tutti) e di scegliere le vie dell’ignavia, della disinformazione, della superficialità e dello scaricabarile.
. Italia: I cittadini hanno bisogno di additare ai sindaci e alle giunte la 'diritta via' e di farli rinsavire. Le buste delle offerte che rispondono alle gare d’appalto non sempre sono ciò che sembrano e spesso nascondono trabocchetti che si rivelano tardi. Portano il nome e il timbro di società private, cooperative, associazioni temporanee d’impresa (esempio: Dondi Spa/COSAT S pa/R.D.R. Srl/ FREDEL Srl/COSTRAMA - com’è accaduto a Pozzuoli, nonostante la strenua opposizione di tutta la popolazione) che, dopo qualche anno si ‘sposano’ in Spa nelle quali entrano, con acquisizione dei titoli azionari, le multinazionali (vedi Sarnese Vesuviano/Sele, dove sono subentrate Suez e Enel Hidro). Il risultato è l’inevitabile aumento graduale delle bollette, che le multinazionali giustificano con 'investimenti fatti sulla rete idrica' (dimenticando sfacciatamente di controbilanciare la cosa con i 'titoli azionari' quotati in borsa).
Come si possa 'quotare' in borsa l’acqua è un mistero (e uno scempio) che neppure i defunti giocatori di borsa del passato potranno capire o accettare. Gli amministratori delle multinazionali e i loro tirapiedi tutti sono dotati di un corpo al 70% fatto d’acqua, come ogni altro essere umano (o no?!?): quoteranno in borsa e venderanno pure quello? Niente di più facile (con la svalutazione incipiente dei principi-valori più sacrosanti) e niente di più blasfemo sotto il cielo attonito di questa confusa era in cerca d’autore (che si dimentica di Dio).
La legge Galli, nel teatro politico italiano, avvantaggiava le Spa, ma rendeva anche corresponsabili gli Enti locali appartenenti allo stesso bacino idrogeografico (che si approvvigionavano, cioè, alla stessa fonte che dovevano salvaguardare nella sua dinamica idrogeologica-ecologica e di biocenosi autoctone, in linea con la direttiva UE 60/2000).
I comuni italiani e le municipalità mondiali che scelgono la via della privatizzazione dell’acqua ‘dimenticano’ quasi sempre di coinvolgere i cittadini (delle cui vite dispongono in un modo dittatoriale che contrasta con tutti i principi basilari della democrazia), alla faccia della Convenzione di Haruhus (1998) e della direttiva 2003/35/CE che sanciscono il diritto dei cittadini di partecipare ai processi decisionali.
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La privatizzazione dell’acqua in Italia
Legalizzata nel gennaio 1994 dalla legge Galli, la privatizzazione dell’acqua vale 2.530 milioni di euro all’anno, in Italia. Riguarda ormai, bene o male, l’intera penisola; con il decreto-legge del 25 giugno 2008 (n. 112, convertito in legge il 6 agosto 2008 -n. 133- art. 23bis) e la sua parte dedicata alle liberalizzazioni dei servizi pubblici locali, riceve l’ultimo tassello necessario alla privatizzazione di tutti i servizi pubblici e, quindi, anche di quelli idrici da parte degli enti locali, e, nello specifico, dei Comuni.
Il passato che non conosceva bollette e che aveva libero accesso all’acqua non avrebbe potuto mai concepire organismi 'alieni' come i 92 “Ato” italiani (formati dalle amministrazioni locali, si occupano delle risorse idriche di competenza/ fissano le tariffe/ decidono gli investimenti necessari/ affidano la gestione tramite gare pubbliche). 67 di essi hanno già effettuato l'affidamento; il 60% ha scelto la concessione a società a capitale pubblico. Nel nord la percentuale dei gestori pubblici è notevole (su 68, 44 sono pubblici).
Lazio, Toscana ed Emilia hanno il 70% di gestione privata.
L’acqua della Sicilia è gestita dai capitalisti privati.
Capita anche che alcune società a capitale pubblico si comportino come i peggiori enti privati (vedi la Abbanoa, in Sardegna) e, usando come impiegati strapagati ex politici locali, sottraggano ai Comuni la gestione della rete idrica.
I gestori privati dell’acqua, generalmente, cadono sotto l’egida di banche, di fondi d’investimento e di multinazionali (vedi l'italiana Parmalat, l‘americana Coca-cola, le francesi Suez, Danone, Veolia Vivendi, la svizzera Nestlè, la tedesca RWE).
Sette delle società che controllano l’acqua della penisola italiana sono quotate in borsa e la colpa di ciò, come ho già detto è da ricercare nella direttiva UE che impone gare europee pubbliche (per lavori e gestione del servizio idrico, nel rispetto della legge Galli) e nell’articolo 35 della finanziaria 2002 (approvato da entrambi i poli, durante l’allora governo Berlusconi) che convertì le aziende di servizi pubblici e quelle municipalizzate in società; sancì la cessione ai privati del 40% della forza lavoro e delle infrastrutture delle aziende pubbliche in generale e municipalizzate o che controllavano il 60% della rete idrica italiana; impose l’obbligo dei bandi, per affidare la gestione dell’acqua ai gestori privati.
La privatizzazione ha fatto lievitare terribilmente le bollette. La media varia da un luogo all’altro e può raggiungere picchi sbalorditivi (tra il 2005 e il 2007: 15% a Genova, 14% a Firenze, più del 300% ad Aprilia). Si dice che i profitti dei gestori, invece, siano aumentati del 700%... e non c’è da farsi alcuna meraviglia (come ci si può aspettare che aziende private, che antepongono il massimo profitto a tutto e che, per ottenerlo, spianano qualsiasi ostacolo, si preoccupino del 'bene comune'?). I governi mondiali (e, ahimè, quello italiano tra essi) hanno imboccato una strada a senso unico (angusta e pericolosa) e devono fermarsi/tornare indietro finché sono ancora in tempo, perché non promette nulla di buono e peggiora la ‘situazione’ idrica e la vita delle popolazioni.
L’acqua continua a disperdersi (perché le borse dei gestori sono tutto fuorché munifiche e attente); i paesi che non ricevono l’acqua con regolarità non diminuiscono; i ritardi nelle riparazioni non migliorano (anzi peggiorano, perché i Comuni non hanno più autorità in materia); il settore occupazionale ne risente non poco (perché le aziende private, accecate dalla corsa al guadagno, effettuano dolorosi tagli di personale); gli uomini, che cessano di essere tali e diventano soltanto ‘utenti’, ricevono meno e spendono sproporzionatamente di più (e in bolletta si trovano i ‘costi di depurazione’ anche dove i sistemi di depurazione, indispensabili e urgenti, sono soltanto fantasmi-trucchi-estorsione). Mi viene voglia di ripetere un vecchio slogan della lega dei tumori (“chi fuma danneggia anche te, digli di smettere”) e di parafrasarlo, come slogan da condividere con chi di privatizzazione è già affetto e con chi ne è ancora immune : ‘chi privatizza danneggia anche te, digli di non farlo’, anche perché mettere i ‘tesori’ autentici, che la madre terra ci elargisce, nelle mani delle multinazionali vuol dire sapere da dove si parte e non poter immaginare dove si potrebbe arrivare (con le mutazioni-sperequazioni-speculazioni impensabili e imprevedibili). Cercherò di spiegare meglio che cosa renda la situazione italiana più ‘vulnerabile’ di quella del resto d’Europa:
I fiumi non hanno più tutte le difese naturali e sono cementificati negli argini. Le acque visibili e/o sotterranee, dissacrate dagli scarichi chimici delle aziende varie e anche da quelli delle aziende agricole, ricevono il colpo di grazia dalle discariche di rifiuti tossici (come non citare il ‘triangolo della morte’ di Acerra-Nola-Marigliano, ove c’è diossina in abbondanza in tutto il ciclo vitale- grazie ai controlli latitanti o mancanti e alle sanzioni ridicole o assenti). Le montagne sono aggredite e ‘vivisezionate’ (vedi il Gran Sasso sventrato e il Mugello ‘massacrato’). Le dighe nascono come funghi (ce ne sono 50 solo in Sicilia - 44 non sono ancora state collaudate) senza troppa attenzione agli equilibri ecologici e ambientali. Le miniere e le cave non hanno ‘progetti-madre’ oculati. L’abusivismo (vedi il “Centro direzionale” di Napoli sopra un fiume e le acque del Sebeto che non vanno più a finire nel mare, ma dentro i muri e nelle fondamenta delle costruzioni) e la speculazione edilizia risparmiano pochi luoghi benedetti. Gl’inceneritori e le centrali termoelettriche sono la ‘ciliegina’ avvelenata di cui ‘non si può fare a meno’.
Il 90% della fatturazione dell’acqua, in Italia, proviene dagli usi domestici; del 55% destinato all’agricoltura e del 20% destinato a industria ed energia soltanto il 10% è censito e fatturato. L’abusivismo la fa da padrone (ci sono approssimativamente un milione e mezzo di pozzi illegali sul suolo italiano). Ciò vuol dire che il 75% dei prelievi e dei consumi dell’acqua dolce sono destinati alla ‘produzione’ quasi gratis et amore Dèi (soltanto il 10% è censito). Famiglie normali, vecchi, bambini, malati (e ‘chi più ne ha ce ne metta’) pagano, invece, ogni doccia che si fanno e ogni brodo o caffè che bevono e… pagano anche l’acqua che 'chi ha i soldi' non paga e che (quel che è peggio) ‘insozza’ e ‘vilipendia-avvelena’ come meglio crede e poi scarica (risparmianadosi pure i filtri e/o lo ‘smaltimento’ previsto dalla legge).
Le condutture italiane avrebbero bisogno di ‘attenzione’ non indifferente, perché, come ho già accennato, ‘perdono’ l’acqua strada facendo (dal Nord al Sud ciò ha un’incidenza che va dal 30/40% fino al 75%). Un terzo della popolazione non ha accesso all’acqua potabile come dovrebbe ed è privo di sistema di depurazione; coloro che non godono dell’accesso alle strutture fognarie sono quasi il 50% (e, se così non è, poco ci manca); Puglia e Sicilia (e parte della Basilicata) ricevono l’acqua ‘razionata’ e ‘a ore’; alcune città hanno problemi di ‘travasi’ tra le fogne e le falde che ‘servono’ i rubinetti (Palermo – Napoli – Bari riscontrano, di tanto in tanto, colibatteri fecali nell’acqua potabile).
. Warning: - Gli adoratori del ‘capitale’ non si porranno alcun problema rispetto a inquinamento, sicurezza della rete idrica, qualità dell’acqua, protezione delle catene ecologiche.
- La privatizzazione non risolve i problemi dai quali le amministrazioni pubbliche ‘fuggono’… I privati (e le multinazionali che giocano a hide and seek dietro di loro, tenendosi per mano con il banco mondiale) ‘non ci pensano nemmeno’: aumentare il loro ‘capitale’ è tutto ciò che li spinge a stendere i loro tentacoli su tutta la rete idrica mondiale, come una grande piovra assetata -ahimè- di linfa umana, (e, per rendere competitiva la concentrazione di capitale nei confronti dei concorrenti stranieri, faranno ‘cadere molte teste’, cioè sacrificheranno molti posti di lavoro, senza sentire il bisogno di confessarsi per ‘aver tolto il pane di bocca’ a molte famiglie).
- Nessuno spenderà i capitali ingenti che occorrerebbero per risanare la situazione; la cittadinanza perderà i diritti sacrosanti di ‘proprietaria dell’acqua’ e verrà caricata di un ‘pizzo’ (legalizzato) sproporzionato alle sue forze e ai ‘servizi’ ricevuti.
- La cosa più triste sarà che i ‘tutori della legge’, dalla privatizzazione in poi, dovranno ‘offendere’ i principi costituzionali ai quali hanno giurato fedeltà (e che credevano di poter portare cuciti sulle loro mostrine e sui loro berretti) e dovranno ‘obbedire agli ordini’ dei nemici delle cittadinanze varie (quando le multinazionali ‘suoneranno la tromba’ dei dictat della cupidigia e li manderanno a ‘proteggere’ chi andrà a ‘staccare ‘ i contatori degli utenti morosi, cioè dei legittimi proprietari dell’acqua vittime dello strozzinaggio di chi, dopo averli derubati, dice loro: “Paga o muori!”).
- Potrebbe persino ‘non esserci fine al peggio’, perché, quando i ‘nuovi padroni’ di acquedotti e sorgenti e i colossi delle acque minerali ‘si sposeranno’ (cosa possibile e temibile insieme), potrà succedere di tutto. Il minimo sarà ‘screditare’ o, peggio, ‘demonizzare’ l’acqua del rubinetto e ‘pompare’ i consumi dell’acqua in bottiglia (‘rubinetto’ non stop di capitale ‘corrente’ nelle casse di quei capitalisti che non immagino affatto pieni di scrupoli). - Mi pare chiaro anche che riparare le ‘interruzioni’ delle reti idriche non rientrerebbe tra le ‘priorità’ delle multinazionali (dal momento che potrebbero ‘lucrare’ sui ritardi delle riparzioni o sulla mancata effettuazione di esse) e che il loro motto non sarebbe ‘riciclare’ ma ‘consumare’. Cadere in un simile baratro significherebbe davvero entrare in un’era buia dalla quale emergeremmo abbrutiti e non migliorati. Occorre che calcoliamo bene i passi da prendere prima che sia tardi e che la guerra mondiale dell’acqua si spinga troppo oltre ed entri in una fase senza risparmio di ‘colpi’ poco auspicabili per l’umanità.
- Le amministrazioni (vicine e lontane, cioè locali e centrali) farebbero bene a non lasciarsi ‘ricattare’ o, peggio, corrompere dai ‘predoni’ vari e a ergersi contro la devastazione ambientale/ la deforestazione/ la ‘malversazione’ irragionevole delle risorse depredate e vicine all’esaurimento/ l’aumento delle bollette e il furto dell’acqua nei confronti degli ultimi della ‘catena’/ i provvedimenti peggiorativi del settore lavorativo in questione/ gli appalti e i subappalti (controllati dalle multinazionali o, peggio, dalle mafie varie) per costruzione-manutenzione di reti idriche-fognature-dighe-depuratori/ il pericolo di 'imboscamento' dei finanziamenti pubblici (come i 2.162 milioni di euro stanziati per l’emergenza idrica del mezzogiorno e destinati all’arco di tempo che va dal 2002 al 2010)/ la confusione ‘dolosa’ nella divisione del bene acqua tra i vari usi (civile-industriale-energetico-agricolo)/ l’impossibilità di programmare la distribuzione in modo giusto tra i bisogni dell’abitato e del settore produttivo/ l’oblio delle zone ‘depresse’ (nel senso agricolo del termine)/ la differenza tra Nord e Sud/ l’imperversare degli scontri finanziari (tesi al possesso delle acque e di ciò che vi gira attorno) tra titani e la ricaduta (inevitabile degl’intrighi commerciali tra multinazionali/regioni/province/comuni) sui ‘teatri’ dell’acqua (i luoghi che di essa vivono e si nutrono). Comuni, province, regioni e governo centrale ‘dove hanno la testa’, per non vedere ciò che accade? Come possono permettere che si accendano contese attorno a pomi della discordia su cui ognuno dei contendenti dovrebbe vergognarsi di avanzare pretese? Sono assenti o conniventi nelle guerre senza arte né parte sul possesso delle acque del Garigliano e del Volturno, tra Lazio e Campania, su quello delle sorgenti del Matese (come e perché permettono la rinegoziazione continua dei flussi degl’impianti di detto acquedotto?), tra Molise e Campania, e su quello delle sorgenti dell’Irpinia (o su quello delle sorgenti del Pollino che riforniscono l’acquedotto pugliese)?
Bruna Spagnuolo
...Fine seconda parte