È raro trovare una persona che ami tanto la poesia come Paola Mara De Maestri. Paola è attivissima sia come autrice sia come organizzatrice e divulgatrice, nella scuola e non solo, tessendo una rete di relazioni basata sul reciproco scambio e sulla passione e condivisione culturale. Il pane del sorriso (Giulio Perrone Editore, pp. 86, euro 10) è il suo terzo volume di poesie e giunge dopo quattro anni di silenzio. Un silenzio colmo, tuttavia, delle più disparate iniziative: cura di antologie varie e dell'inserto “Bottega letteraria” per il Gazetin (ora anche qui in versione web, ndr); consigliere del Circolo Culturale Morbegnese e referente di concorsi poetici per le scuole primarie. Un motore perenne è Paola, un vulcano inestinguibile di idee e rapporti. Impagabile.
Per tornare a Il pane del sorriso (prefazione della grande Donatella Bisutti), la sua ultima silloge si divide in otto sezioni - Donna poesia, Fermiamo la guerra, Girotondo dei bambini, L'incertezza dell'essere, Il pane del sorriso, Le mie montagne, Stagioni, La poesia – nelle quali confluiscono i peculiari interessi umani e motivi poetici dell'autrice di origine sondriese. Temi forti, d'impatto e impegno sociale, ma anche la potenza dei sentimenti, disperazione e tenerezza, l'amore come forza dirompente, la sola che possa mutare il terribile, talvolta, corso degli eventi.
Innumerevoli gli squarci e lampi lirici e le immagini che risultano indimenticabili: «Con gli occhi delle donne/ è lastricato il firmamento», «Il silenzio è l'armonia dei suoni», «I poeti camminano al buio,/ s'incontrano a mezza strada/ e attendono la breccia di un faro», «... ogni giorno/ sulle strade,/ nelle case,/ tra la gente,/ nei nostri deserti/ Cristo/ un po' ebreo/ un po' palestinese/ muore».
Come detto, la De Maestri, con il suo ampio afflato e nella vocazione lirica, mai però rinuncia al dato della realtà, foss'anche la più dura, ardua e cruda. Ma lo fa con assoluta onestà intellettuale, con empatia e partecipazione, con sensibilità. Non si può ignorare la comune matrice del dolore. Quel dolore spesso così ottuso, incomprensibile, cieco, senza limiti. È il caso della poesia “Madri contro natura”: «Sul fronte/ mani di fata/ addolciscono l'aria.// C'è silenzio nelle case.// Le nenie delle nonne/ sono ricami in naftalina.// E dei bimbi novelli/ non ci rimane/ che la stoffa». Straziante, lucidamente. Così si trascorre anche per la tragedia atomica – “Sole nero a Nagasaki” – e quella della pena di morte - «... tintinnare di catene... sibilo dei moschetti... andirivieni senza pena di un alibi di Stato...» -, per il dramma di New Orleans devastata dall'uragano Katrina - «Il cuore nero mutilato/ sconfina/ fin dentro le nostre case/ e spegne la musica.// Città senza più voce,/ città senza più volto» - o per il traumatico (riscattato dal tempo e dalla forma della poesia) e personale ricordo dell'alluvione del 1987 - «Con le mani ruvide di cielo/ ancora ho negli occhi quel 18 luglio,/ quando il fiume divenne la mia casa,/ la mia casa la strada».
Ci piace qui riportare per intero la bellissima “Emozione”: «Atollo/ nel nucleare.../ lontane le spiagge/ del rivolo natio./ Implodo./ Fino al prossimo/ salto-limite/ navigo/ in un traliccio/ senza corrente». Un suggestivo flusso analogico-surreale, una straordinaria accensione. La chiosa perfetta per il delicato e delizioso Il pane del sorriso.
Alberto Figliolia