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Bruna Spagnuolo: La lungimiranza-quasi chiaroveggenza di Tellusfolio su Barack Obama
08 Novembre 2008
 

Scrissi un articolo, il 22 settembre, e gli diedi come titolo semplicemente: Barack Obama. Il direttore (secondo la migliore tradizione giornalistica) vi aggiunse la sua ‘interpretazione’-impatto di presentazione, trasformando il titolo in: Barack Obama ovvero politico come esempio, politico come personaggio. Quel titolo, oggi, alla luce della vittoria di Obama (per il quale, allora, la Casa Bianca e la presidenza erano un miraggio ancora irreale), mi appare sotto una luce quasi divinatoria: se egli non avesse vinto, non avrebbe potuto (in alcun modo) essere un modello (né un personaggio). Sarebbe stato semplicemente ‘messo da parte’ dalla luce dei riflettori, che avrebbero, inesorabilmente, continuato a seguire e a illuminare il candidato eletto. ‘Personaggio’ Obama era comunque diventato, grazie al fatto di essere stato un candidato alla Casa Bianca, ma, se non fosse stato eletto, sarebbe diventato un personaggio ‘accantonato’ nei record elettorali vari (con la ‘postilla’ particolare di ‘primo concorrente dalla pelle scura’). La gente lo avrebbe dimenticato presto, come fa con tutti i concorrenti e non lo avrebbe sicuramente visto come ‘esempio’. Può farlo ora e può additarlo ai giovani e alle nuove generazioni, perché Obama ha gestito la sua vita all’insegna dell’investimento oculato dei minuti, delle ore, dei giorni-mesi-anni nelle crescite culturali e umane e nelle ‘semine’ da trasformare in raccolti a vantaggio di molti.

Colui che è diventato presidente della più potente nazione del mondo è nato su questa terra con un ‘corredo’ di circostanze che (da qualunque angolazione le si guardi) possono essere definite ‘avverse’. Egli era ‘svantaggiato’, secondo la mentalità bigotta, chiusa, pregiudizievole e razzista del tempo. Tutti i risultati che avrebbe voluto raggiungere crescendo, gli si prospettavano come mete ardue e dure. I punti d’arrivo più ambiziosi avrebbero richiesto impegno e sforzi notevoli ai ‘favoriti’ dalla fortuna e ne avrebbero richiesto tre volte tanto a ‘quel’ particolare bambino-adolescente-giovane-uomo dotato di intelligenza-intuito e genialità e… di pelle nera. I risultati Obama li ha inseguiti e… raggiunti (fino a Harvard), li ha inseguiti dopo, nell’ambito lavorativo (con una ricaduta buona sulla gente più diseredata) e li ha perseguiti in politica (fino al massimo punto d’arrivo che un essere umano si possa prefiggere). Ha lavorato, ha piegato la schiena, si è impegnato duramente e senza sosta. Ha dimostrato che la ‘sfortuna’ può esistere e che non è invincibile (e che la si può piegare, nella fucina dell’impegno, come duro ferro fuso e plasmato nel crogiuolo della volontà).

 

Il nostro tempo ha bisogno di sapere che simili ‘possibilità’ esistono. Ha bisogno di… esempi. La nostra società ‘zavorrata’ da quarentenni-Peter Pan ancora ‘installati’ nelle ‘camerette’ di ‘mamma e papà’ ha bisogno di medicine-Obama capaci di ‘correre il rischio di vivere’ fino al massimo span della molla dei giorni (da vivere aspirando alla crescita mai stanca delle ambizioni consentite e giuste). I giovani hanno bisogno di ubriacarsi di medicine di quel tipo e di imparare che più i tempi si fanno duri e più è necessario ‘valere’ (e meno ‘salutare’ è indulgere nella ricerca del divertimento a tutti i costi- come fine ultimo del lavoro propedeutico alla ‘paga’). Hanno bisogno di imparare che conviene sempre dare il massimo e che, se spiccano il salto verso la cima delle piramidi-aspirazioni (e ‘sogni’- perché no?) hanno molte probabilità di ‘cascare’ da qualche parte ‘nei dintorni’ della ‘cima’ piuttosto che sulle propaggini più basse o, peggio, sul fondo del pozzo.

Non avevo pensato a Obama come a un esempio (almeno non consapevolmente). Devo a Tellusfolio (e al dottor Di Scalzo) questa ‘intuizione’ che, spero, torni utile alle nuove generazioni (tutte protese verso la ‘progettazione’ della vita). Molto potranno imparare dall’esempio-Obama anche per via del suo portamento e del suo modo d’essere (teso a ‘conquistare’ con la ‘presenza’ pacata, diretta, ferma, sicura, decisa e sempre corretta e gentile e mai ad aggredire con alterato equilibrio e con parole-modi sgradevoli o di bassa lega).

La nostra era confusa e ammorbata dalla TV spazzatura (con i suoi reality diseducativi e perniciosi e con i suoi nessuno-falsi idoli tirati fuori dall’immondizia nel vero senso della parola) ha bisogno –come del pane– di ‘personaggi’ che siano anche ‘esempi’ (e Obama è le due cose insieme, Tellusfolio ha visto ‘giusto’). La nostra società sembra ormai persa alla ragione, perché ‘indottrinata’ da spettacoli ‘non qualificati e inqualificabili’, che, da decenni, insegnano a ‘prostituire’ al ‘fare televisione’ qualsiasi dignità-decoro-pudore e qualsiasi residuo di principi educativi. Le nuove generazioni sono cresciute alla scuola della televisione più squallida che esista e vengono quotidianamente ‘istigate’ a divenire lavandaie (non ho inventato io il modo di dire- chiedo perdono alle lavandaie/popolane del passato che meritano altro tipo di considerazione) litigiose e ‘svergognate’ pronte a ‘sbattere in faccia’ a chiunque (dall’amica, al fidanzato, ai genitori e allo stesso Cristo in croce) qualsiasi nefandezza possibile e immaginabile/ a ‘cantargliele’ senza limiti-remore/ a mettere in piazza ogni centimetro-angolo del privato- del riservato- del familiare e dell’intimo. Nulla è rimasto di sacro (né degl’insegnamenti atavici, secondo i quali occorreva rispondere alle bassezze con il decoro senza ombre e con un portamento teso a temere le ‘piazzate’ come la peste e a non svendere la dignità e l’onore con parole-atteggiamenti-sfoghi indecorosi), per ‘merito’ delle ‘trasmissioni’ in cui la visibilità mediatica trucida allegramente (e sistematicamente) tutti gl’insegnamenti-principi (e dissotterra sacrilegamente tutte le vestigia-penati del passato, immergendole in acido dissacrante e cancellandone il ricordo per sempre). L’eredità didattico-educativa, che i nonni trasformavano in cultura tramandata (di bocca in bocca), sotto forma di racconti-fiabe-sogni-indvinelli-giochi-filastrocche (donati ai bambini alla luce del fuoco o della luna), è stata giustiziata dall’imperversare del doping televisivo della peggiore specie.

Spero che l’elezione di Obama abbia inflitto un colpo a questa ‘licenza di uccidere’ quotidianamente propinata alla società ‘dei consumi’. Auguriamoci che l’esempio di Obama investa i giovani come un ciclone e ricordi loro che, mentre perdono la loro dignità e parte della vita guardando giovanissimi-giovani-meno giovani esibirsi, corteggiarsi, svergognarsi, amarsi, lasciarsi, offendersi e degradarsi in televisione, qualcuno vive davvero, da qualche parte, osando scalate-vita in ascesa, realizzando mete ambite e sogni che apparirebbero impossibili (e, quel che più conta, conquistando stima incondizionata e persino affetto).

L’oppositore, sconfitto, nei primi momenti post-elezioni, è stato l’esempio più bello e più toccante della vittoria di Obama, chiamando colui che era stato il suo ‘nemico’ politico “il mio presidente”. Dicendo quelle parole, McCaine non aveva una sola nota di risentimento nella voce. Le note in essa contenute erano, anzi, imparentate con l’ammirazione e quasi con l’affetto. Ciò fa onore a McCaine, il vecchio soldato dalla vita ispirata ai valori marziali, ma dice anche, e soprattutto, che, forse, il carismatico Obama ha convinto anche lui.

Dire ciò che sognano e incarnare ciò che dicono è il miracolo delle figure carismatiche della storia. Le nostre generazioni hanno bisogno di imparare (ciò che noi abbiamo permesso che dimenticassero): coloro che mettono nelle parole i sogni, hanno grosse responsabilità nei confronti degli altri, perché, sventolando come stendardi e facendosi seguire, avrebbero gioco facile a condurre le folle nel burrone, e sono ‘pericolosi’ per se stessi perché il nemico sa sempre dove trovarli quando e se li vuole colpire; il mondo, però, ha bisogno di loro come dell’aria.

Gli USA, additati-criticati-persino odiati da alcuni, con l’elezione di Obama (e almeno per la durata di una notte) sono stati al centro di una specie di favola bella, che ha portato il mondo a dire: “Viva l’America!”

L’America dello schiavismo/ del razzismo più feroce/ del kuclux clan/ dei sit-in pacifici e tenaci lanciati da Luther King contro la discriminazione razziale, l’America dove chi si azzardava a difendere i ‘Negri’ poteva soltanto diventare un martire, l’America attraversata da fenomeni buoni e cattivi sempre per prima, l’America di Guantanamo e di Abu Ghraib è stata capace di produrre un fenomeno come ‘la notte di Obama’.

Il nuovo presidente di questa ‘nuova’ America ha detto che in un paese così nulla è impossibile e che la risposta al ‘perché’ è proprio ‘quella’ “notte”. I confini di ‘quel’ paese, per la durata di quella notte, si sono allargati al mondo.

Le folle in lacrime e/o in giubilo le abbiamo viste. La commozione è uscita dagli schermi e ha toccato tutti, volenti o nolenti, perché il mondo ha bisogno di valori, infine, e di vederli incarnati. Il mondo si è ‘appropriato’ di un evento squisitamente ‘americano’ e ha dichiarato, in qualche modo, che Obama gli appartiene, perché i ‘simboli’ escono dai confini e si universalizzano.

I simboli, però, sempre e ovunque, avranno vita dura e così accadrà anche al sorridente, pacato, dolce e amichevole Obama, purtroppo (atteso al varco dallo scacchiere mondiale in ‘ebollizione’ pericolosa). Le contraddizioni, i paradossi, le agitazioni profonde del colosso cinese si addensano come una valanga da scongiurare/ le ombre infide-tramatrici della politica iraniana tutt’altro che illuminata diffondono semi di malerbe dai tentacoli uncinati/ le energie-rivendicazioni scalpitanti della Russia ‘indispettita’ esacerbano guerre fredde non dimenticate/ i prodromi di una situazione mondiale precaria disegnano i grafici preoccupanti di un diffuso malessere incombente. La situazione mondiale è ‘malata’ e il mondo si aspetta che un solo uomo produca i ‘vaccini’ miracolosi della molteplice guarigione invocata… Il nuovo presidente americano ha bisogno di auguri (che non gli potranno bastare) e di sortilegi-miracoli (senza interruzione). Personalmente stimo Obama lo scrittore, padrone della parola pensata e scritta, che sa entrare negli oggetti, nelle persone e negli eventi e lasciarvi parte della sua mente e del suo cuore. Quello è l’Obama al quale il mio animo è vicino, perché chi scrive ‘prende su di sé’ i dolori/ le gioie/ le vite/ le ansie/ gli eventi e poi li stiva nel profondo, dove radicano in catarsi lunghe e dolorose e dove pesano oltre ogni dire; a quell’Obama mi sento di augurare un coraggio da leone e le forze ‘unite’ di tutti i suoi Stati e di tutte le nazioni.

Un predicatore africano, durante lo spoglio delle votazioni, ha detto ai fedeli: “State pregando perché questo vostro fratello venga eletto, perché così facendo farà cadere secoli di ‘svalutazione-oppressione-vilipendio’ della nostra razza e del suo valore, ma io vi dico che egli avrà bisogno di preghiere dopo che sarà stato eletto, se il Signore così vorrà, perché allora sulle sue mani verrà posato un involto così pesante che egli da solo non potrà portarlo. Pregate per questo, fratelli suoi e miei, pregate per aiutare Obama ad aprire quel pacco e a ‘maneggiarne con cura’ il contenuto”.

Non conosco un modo migliore, per chiudere questo breve articolo sull’elezione del nuovo presidente americano…

 

Bruna Spagnuolo


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