Ecumenici si stringe alla comunità evangelica battista domenica prossima come segno di lode e di ringraziamento all’Onnipotente: è cambiata l’America ma è stato vinto anche il nostro scetticismo nel contrastare un’aggressiva campagna estremista di pentecostali ed evangelicali che qui in Italia trova inquietanti presenze anche sul web, appoggiate perfino da settori deviati e devianti del protestantesimo storico. Proprio quelli che ci ignorano sistematicamente. Abbiamo motivo di rallegrarci per una profezia che viene da oggi scritta anche nei libri di storia e non solo sulle pagine dei giornali… (Ecumenici)
Dateci il voto e trasformeremo la nazione!
La vittoria elettorale di Barack Obama
ROMA, 5 novembre 2008 - È il titolo solo leggermente emendato di un famoso discorso di Martin Luther King nel 1957 a tre anni dalla storica dichiarazione della Corte Suprema che aveva abolito la segregazione nelle scuole. «Dateci il voto» (“Give us the ballot”) chiedeva King e i neri che hanno tanto sofferto sapranno cambiare il volto di questa nazione. Questo per rimarcare un obiettivo politico strategico, che come sappiamo fu raggiunto solamente nel 1965. Ma tra l’avere il diritto di voto e saperlo esercitare restava ancora una lunga strada. La vittoria di Barak Obama è la vittoria del voto, non solo delle minoranze. È la vittoria della democrazia praticata e non semplicemente formale e spesso vuota. Barak Obama diventa presidente degli Stati Uniti proprio nell’anno del 40° anniversario dell’assassinio di King. Le immagini di repertorio in cui King, la sera prima di essere ammazzato, fa il discorso del “Mountain top”, in cui dice di aver visto la Terra Promessa, nella quale, si dice certo, il popolo entrerà, e che come Mosè, forse lui vedrà soltanto da lontano, ci consegnano un King dal volto teso e dallo sguardo lucido, cosciente della tragica fine imminente. Oggi dopo 40 anni (vi dice niente il numero 40?), l’incubo viene trasformato in sogno. Oggi vince il voto e la democrazia. Quando abbiamo visto eleggere uno dietro l’altro dei presidenti sostanzialmente perché sostenuti da potenti lobbies economiche (pensiamo al peso della lobby delle armi a favore di Bush padre e figlio), abbiamo disperato per la democrazia.
Essa appariva negli USA, come in molti altri posti, sempre più solo formale, perché in verità quel che contava in realtà erano solo i soldi. Con quelli ti compri tutto, la reputazione, i giudici, i parlamentari, il potere politico… è una storia che conosciamo bene e da vicino.
Anche Barak ha avuto la sua lobby: la gente comune che con i suoi dieci e venti dollari di donazione ha fatto la differenza. Se da una parte non è stato possibile sfuggire alla logica di una campagna elettorale miliardaria, dall’altra è stato possibile finanziarla coi soldi della gente comune. E perciò Obama è un presidente più libero, che non solo ha delle idee e dei valori per il paese, ma ha anche una forte base popolare per poterli attuare. Non è ostaggio di potentati economici o lobby militariste.
Michael Eric Dyson è un pastore battista, professore di teologia, ma soprattutto pubblicista di libri di grande popolarità. Nel 40° della morte ha scritto un saggio che si intitola “La morte di Martin Luther King e come questa ha cambiato (changed) l’America”.* In appendice, di questa interessante rivisitazione della vita di King e di come nei 13 anni del suo ministero e attività politica egli sia stato costantemente accompagnato dalla probabilità di una morte violenta, Dyson, profondo conoscitore del movimento dei diritti civili, scrive un’intervista impossibile, fingendo che King sia ancora vivo. Un’intervista fatta in occasione del suo 80° compleanno. In questo modo, da attento esegeta del pensiero di King, Dyson gli può fare domande anche sull’attualità dell’America e immancabile arriva la domanda su Barak Obama. Ecco la risposta virtuale di King, ma che ho trovato, molto realistica:
«Barak Obama è una forza della natura. Negli anni sessanta dissi che nei circoli neri non eravamo ancora riusciti a produrre una personalità politica che avesse qualcosa del magnetismo e del grande rispetto di un John F. Kennedy. Credo di poter dire che oggi abbiamo trovato quella persona proprio nel senatore Obama. È incredibilmente preparato, brillante, riflessivo, e senza spocchia, sebbene per natura, ogni politico debba mettersi in vetrina dicendo quel che ha fatto e quel che intende fare per il Paese.
Il solo pensiero di avere una simile persona nell’ufficio più alto della Nazione è meraviglioso. Al fascino del suo carisma e del magnetismo della sua personalità egli aggiunge un forte senso delle aspettative e delle speranze del suo elettorato, e tutto questo, testimoniarlo, è semplicemente sorprendente, per me che sono un nero di quel Sud dove fino alla metà degli anni sessanta non era concessa la facoltà di voto. Desidero comunque frenare le eccessive aspettative della gente nei confronti del Senatore Obama, se fosse eletto presidente. Un presidente nero non fermerà all’istante le sofferenze del popolo nero, tuttavia potrà usare il suo pulpito per rapportarsi a questioni sociali che sono rilevanti per noi, e potrà sicuramente aiutarci a mettere in atto una legislazione indirizzata ai bisogni urgenti del popolo, a partire da una assistenza sanitaria per tutti, al taglio delle tasse per i ceti più poveri, a opportunità di lavoro e di carriera per i meno abbienti. Tutto questo però, sia ben chiaro, non renderà superfluo il bisogno che continueremo ad avere, di profeti che parlino fuori dal sistema.
Dunque, dobbiamo sostenerlo e incoraggiarlo, come dovremmo fare per un qualsiasi altro presidente. Ora questo sarebbe un vero segno di progresso tra le razze: dare ad un presidente nero, impegnato nel suo confronto quotidiano con le materia spinose della politica, una forte voce profetica proveniente dalla comunità afroamericana».
Massimo Aprile
Segretario del Dipartimento di Teologia
dell’Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia
(da Newsletter Ecumenici, 5 novembre 2008)
* Michael Eric Dyson, April 4, 1968: Martin Luther King's Death and How it Changed America, New York: Basic Civitas Books, 2008.