Si ritorna alla scuola della serietà e dell’educazione, dice trionfante il ministro della Pubblica Istruzione, stringendo le mani di chi si congratula dopo che in meno di un’ora il decreto sulla scuola è diventato legge. La brevità di tempo, la dice lunga!
Una “riforma” la chiamano ed è palese che sfugge, a chi così la definisce, il significato più profondo del termine stesso: “riforma” vuol dire cambiamento radicale di un sistema non più rispondente ai bisogni dell’utenza e questa, appena votata, non è tale e appare chiaro che le parole vengono utilizzate per sviare l’attenzione, per camuffare la realtà, per nascondere il vero obiettivo che si sta rivelando distruttivo che è quello di tagliare.
Le piazze esprimono chiaramente il malcontento e il disagio generale di chi si sente leso nella propria dignità e nei propri diritti.
Chi opera oggi nel paese, agisce con i paraocchi, poiché è palese che non aveva fatto i conti con una generazione che mai come oggi non sta al gioco delle parti e che si rifiuta di essere strumento di potere e di chi non vede o non vuole guardare in faccia la realtà. Mai si era visto un popolo di giovani reclamare i propri diritti con tanta fermezza e compostezza; (sarebbe lunga commentare i tafferugli, le cui cause sono sotto gli occhi di tutti) un esempio e un richiamo alla responsabilità di chi in questo momento ha in mano il futuro del nostro paese.
È tale lo sconcerto di fronte a tanta tracotanza di chi crede di decidere senza concedere spazio al dialogo che la mente si rifiuta di pensare al danno che tale legge provocherà:
Al vento anni di ricerca pedagogica
Al vento la programmazione avviata nell’ambito dei cicli scolastici
Al vento le attese dei genitori nei vari ambiti territoriali e il tempo pieno
Al vento il sostegno alle donne che lavorano
Al vento il nostro futuro con i tagli alla ricerca
Al vento chi pensava di porre fine alle proprie traversie tra indigenze di ogni sorta e l’infinito precariato
Al vento i progetti di tanti giovani e delle famiglie
La scuola è una cosa seria e il livello di qualità raggiunto ci aveva collocato tra i primi posti per i cicli delle elementari. Se storture c’erano e provocate nel tempo con grosse e gravi responsabilità di chi ha operato, quelle e soltanto quelle andavano sanate per il bene del paese, senza implicare tutto il sistema.
Ma come più educare chi riduce le persone a oggetti e a numeri e non ne comprende le necessità di pensiero, di aspirazioni, di diritti che ogni buon governo dovrebbe tutelare? Come si può pensare di educare col grembiule, colletto e voto se non si conoscono i percorsi pedagogici e le loro finalità? Come si può pensare di ingannare chi nella scuola vive ogni giorno la propria realtà tra incombenze varie, che insegna la tolleranza, l’unità culturale tra i popoli, il senso più profondo di quei principi sacrosanti del diritto e del rispetto, avviati e maturati nel tempo?
È pura tracotanza decidere solo in base ai numeri che si posseggono senza vedere la realtà del paese e causarne la decrescita.
Un paese cresce quando si investe in cultura e nell’istruzione; quando tace la cultura, muore il paese, muore il pensiero, si annientano le intelligenze.
Bisognava recuperare soldi! Si grida allo spreco! E si colpisce la scuola in modo demenziale con la scusa di un ritorno all’ordine, raggirandoci con scuse “malsane” dato che ciò che oggi si è compiuto era già in marcia da tempo in modo subdolo e velenoso.
È grave la situazione del paese sia per la scuola che per tutti gli altri problemi che ci attanagliano. L’invito è di coordinarci nella difesa dei nostri diritti e contro i tagli irrazionali ma la scelta appare difficile perché mentre si discute sui tagli e sul grado di indigenza che aumenta a vista d’occhio, in Parlamento (sull’Espresso di qualche settimana fa) si vota all’unanimità un aumento per i parlamentari di circa euro 1.135 al mese e allora viene lo scoramento; a pensare a come si vive con euro 500 al mese, a quanto prende un giovane, esclusi i privilegiati, meno di 1.000 euro; alle famiglie che devono vivere con meno di 1.135 euro e che si fanno carico di tutto… E che nessuno, per carità, ci dica con spavalderia come dobbiamo fare la spesa, perché sarebbe un oltraggio imperdonabile alla nostra intelligenza.
Anna Lanzetta