(scusate eventuali errori, ma il dialetto è lingua essenzialmente orale, solo super-intellettuali lo sanno scrivere, i miei nonni, i miei genitori, parlavano e parlano in dialetto ma proprio non sapevano e non sanno scriverlo… e non gliene frega un gran che di saperlo fare!)
In questi giorni un “insegnante d’eccezione”, il noto Davide Van De Sfroos, si muove ed agisce in provincia di Sondrio, curando un progetto, “Il sentiero dei grandi piccoli”, finanziato con ben 65.500 € dalla Provincia stessa e da Regione, Comunità montane, Comuni, aziende (tra le quali la Novamin, nota amante e protettrice del territorio della Valchiavenna, mi viene detto…) stimolando i bambini delle scuole elementari a riscoprire l’orgoglio di essere valtellinese, la fierezza di essere valtellinese, a far emergere la propria valtellinesità, a non vergognarsi delle proprie origini, a non sentirsi in imbarazzo per la propria terra di origine, così scrivono i quotidiani locali, giungendo, addirittura, a coniare neologismi da brivido come “valtellinicità” (sic!).
Sembra quasi un manifesto irredentista di una minoranza etnica perseguitata… ma, a proposito, e la “valchiavennesità” non la consideriamo?!
In ogni caso, dove sono da noi bambini, locali, che si vergognino delle proprie origini o che si sentano in imbarazzo per la propria terra d’origine? In 25 anni di maestro nelle scuole della Valtellina e della Valchiavenna non mi è proprio mai accaduto d’incontrarne, anzi; cerchiamo, per favore, di non forzare troppo le cose per fini …poco chiari.
Ho partecipato con una mia collega ed i nostri alunni ad uno di questi incontri e… la prima delusione, soprattutto da parte dei bambini, è stata la mancanza del “concerto”, neanche una “schitarrata”, come ambiguamente c'era stato fatto capire (tutte le insegnanti presenti ne erano convinte), però ci hanno informato che il concerto avrebbe avuto luogo sabato 25 ottobre al Polo Fieristico Provinciale di Morbegno, con grande delusione degli alunni che difficilmente sarebbero riusciti ad assistervi perché fissato alle 20:30 e 'lontano' dal loro luogo di residenza.
A questo incontro de “Il sentiero dei grandi piccoli”, bambini ed insegnanti si sono trovati di fronte, senza averne da prima una chiara idea, ad una “lezione” gestita dall’“insegnante d’eccezione” che verteva, in soldoni, nel suddividere gli alunni per “tribù”, nell’individuare: quattro pesci tipici del lago, quattro alberi tipici della zona, lavori tipici della pietra e piatti tipici locali, nel fornire agli alunni indicazioni sulla corretta pronuncia dei termini dialettali e, cosa alquanto curiosa, sulla corretta grafia del dialetto (quale dialetto poi, visto che l’“insegnante” è un laghée della Tremezzina ed in provincia i dialetti cambiano ogni 500 metri), sul condizionamento televisivo prodotto dai cartoons (responsabilità principale delle televisioni sotto l’egida Mediaset, a mio parere), con suggerimento finale, un po’ confuso, della necessità di difendersi da ciò che da fuori viene da noi e ci potrebbe fuorviare.
Una sensazione di estraniamento totale!
In un mondo globalizzato dove un calcio ad un pallone produce conseguenze a migliaia di chilometri (spesso i palloni per il calcio sono realizzati da bambini schiavi nei paesi più poveri) si incitano, in un modo sinceramente un po’ rozzo, i bambini ad un’appartenenza fuori dal tempo, forse bisognerebbe fare altro: sostenere e favorire negli alunni l’appartenenza alla Comunità Europea ed ai valori positivi che nella storia questa comunità ha saputo esprimere superando le barriere culturali che nel passato sono state anche causa di terribili sofferenze per gli europei e non solo!
Ciò partendo, certamente, dalla conoscenza del proprio territorio (cosa che le scuole fanno e sanno fare, basta informarsi!) ma non certo edulcorata o idealizzata (ricordiamoci che nella storia siamo famosi per il Sacro Macello e per il massacro delle “streghe”!), un territorio riscoperto e valorizzato anche in collaborazione con i compagni di scuola di altra etnia, magari, giungendo così ad un'appartenenza forse più educativa, quella alla propria scuola!
Altrimenti si può, involontariamente, cadere in buffi equivoci: in occasione della suddetta “lezione” è stato cooptato come rappresentante di una “tribù” valligiana un alunno arabo, chiaramente individuabile dai tratti somatici, a questo bambino è stato chiesto di tradurre in dialetto una frase, il suo prodotto vocale è stato definito dall’“insegnante d’eccezione” dialetto croato (sic!), sempre allo stesso bambino è stato chiesto quali sono i cibi tradizionali locali, al suo farfugliare gli è stato proposto polenta e salame (noto prodotto alimentare ottenuto dalle carni di suino, animale che è ritenuto, ormai tutti lo sanno, impuro e quindi non edibile dai mussulmani).
Insomma, come dicevano i nonni, portatori di una cultura profonda, semplice e soprattutto non arrogante: a ogni artée el so mestée …vabbe' che qualcuno dice che noi maestri siamo tutti una manica di fannulloni, ma lasciateci lavorare che lo sappiamo fare meglio… ed a costi molto inferiori!
Ah… vorrei, per inciso, ricordare all’“insegnante d’eccezione” che se gli schiavi africani in America fossero rimasti arroccati alla loro musica d’origine ed avessero rifiutato la contaminazione con le musiche dei “padroni bianchi”, con le musiche dei poveri “pellerossa”, non sarebbero mai esistiti: il blues, il jazz, il rhythm and blues ed il rock… forse con qualche problema economico e di carriera per il nostro “insegnante d’eccezione”. Ad maiora!
Andrea Della Bosca
(per 'l Gazetin, novembre 2008)