Botoncito verde
Manos que salen de trajes bien cortados aprietan hoy en la ONU el botoncito rojo, verde o amarillo para pronunciarse sobre el bloqueo/embargo.* Las últimas semanas, la tele nos ha lanzado el repertorio completo de cifras, testimonios y análisis sobre los estragos de las restricciones comerciales que padece Cuba. El tema ha sido tan manipulado por los políticos que, desde acá abajo, muchos hemos optado por “ponerle el off” o “apagarle el tabaco”.
Al prever el resultado de las votaciones, me gustaría remitirme al otro asedio, al de cada día. Ese que impide que yo pueda entrar o salir libremente de mi país, que me asocie con un grupo político o cree una pequeña empresa familiar. Un bloqueo interno, construido a base de limitaciones, control y censura, que ha costado a los cubanos cuantiosas pérdidas materiales y espirituales. Pruebo a dejarme llevar por el Granma –tengo que hacer un gran esfuerzo– y trato de encontrarle el protagonismo a esto que hoy se debate en las Naciones Unidas. Salgo a la calle y lo que más salta a la vista son las continuas restricciones que nuestro gobernantes nos imponen; ese muro contra el cual nadie votará hoy en la ONU.
¡Si nos dejaran apretar el botón! ¡Si pudiéramos votar para sacudirnos el cerco que nos bloquea en el interior de la Isla! Yo dejaría mi dedo sobre el botón color verde durante varios días.
Yoani Sánchez
* Me resisto a llamarlo de ninguna de las dos formas acuñadas –ya saben lo malcriados que somos los lingüistas con esas cosas–. En mis conversaciones cotidianas le digo simplemente “el pretexto”, la torpe “justificación” que le sienta tan bien a quienes nos bloquean aquí adentro.
Bottoncino verde
Mani che escono fuori da abiti ben tagliati oggi premono all’ONU il bottoncino rosso, verde o giallo per pronunciarsi sul blocco/embargo.* Nelle ultime settimane, la televisione ci ha inondato con il repertorio completo di cifre, testimonianze e analisi sui danni prodotti dalle restrizioni commerciali che soffre Cuba. Il tema è stato così manipolato dai politici che, da qua sotto, molti abbiamo optato per “pigiare off” o “spegnere il sigaro”.
Piuttosto che prevedere il risultato delle votazioni, mi piacerebbe attenermi all’altro assedio, quello di ogni giorno. Quello che impedisce che io possa entrare e uscire liberamente dal mio paese, che mi unisca a un gruppo politico o possa creare una piccola impresa familiare. Un blocco interno, costruito sulla base di limitazioni, controllo e censura, che è costato ai cubani notevoli perdite materiali e spirituali. Provo a seguire ciò che scrive il Granma –devo fare un grande sforzo– e tento di giudicare di primaria importanza l’argomento di cui si dibatte alle Nazioni Unite. Esco in strada e quello che più salta agli occhi sono le continue restrizioni che i nostri governanti ci impongono; quel muro contro cui nessuno voterà oggi all’ONU.
Se ci lasciassero pigiare il bottone! Se potessimo votare per scrollarci di dosso il cerchio che ci blocca dentro l’Isola! Io lascerei il mio dito sopra il bottone verde per diversi giorni.
Traduzione di Gordiano Lupi
* Mi rifiuto di chiamarlo nelle due forme coniate –sanno bene i linguisti come siamo maleducati con queste cose–. Nelle mie conversazioni quotidiane lo chiamo semplicemente “il pretesto”, la turpe “giustificazione” che giova così tanto a coloro che ci tengono bloccati qui dentro.