Il viaggio è scoperta, conoscenza e confronto tra territori, popoli, civiltà e culture.
Viaggiare vuol dire allargare i confini del proprio sapere in un rapporto storico che ponga in relazione passato e presente. Conoscere un territorio è importante per valorizzarne la portata storica e capire le cause che ne hanno determinato l’evoluzione o l’involuzione.
Ci sono territori la cui incidenza è stata notevole sullo sviluppo storico del nostro paese ma di cui non conosciamo a fondo l’entità.
“Sulle orme della storia” vuole essere dunque uno strumento interdisciplinare per conoscere il processo storico-culturale di un paese o di un territorio attraverso una lettura di Arte, Storia e cultura e in tale contesto anche il viaggio d’istruzione diventa uno strumento educativo e formativo.
Il nostro percorso si apre con la visita a uno dei luoghi più affascinanti del nostro territorio “La Locride”; una terra posta tra l’Aspromonte e il mare, un luogo ricco di storia, dove sono tangibili i segni delle civiltà e delle dominazioni che in esso si sono succedute. I resti di palazzi gentilizi, le chiese restaurate, i mosaici, i reperti archeologici, il museo di Locri testimoniano un passato importante dove è leggibile una storia millenaria che ha caratterizzato città una volta fiorenti per il commercio, l’artigianato, ma i palazzi abbandonati e i paesi dove non vive più nessuno sono al contempo il segno tangibile di un abbandono che lacera un territorio che, oltre alle bellezze naturali, ha dato i natali a illustri personaggi.
La Locride è una terra da scoprire, apprezzare e amare per il patrimonio storico-culturale che custodisce. Stili architettonici si coniugano nei monumenti più importanti, unici nel proprio genere. Il territorio montuoso a tratti brullo, a tratti nudo, a tratti verdeggiante si apre tra i monti e il mare con un paesaggio bellissimo dove il mare Ionio appare in tutta la sua bellezza cristallina e i fichi d’india coprono i versanti dei monti a perdita d’occhio. È un mondo dove la natura appare incontaminata e rara la presenza umana. Arroccati sui monti i paesi sembrano farsi forza a reggersi con le case costruite l’una sull’altra. Il chiacchiericcio anima le piazzette dove d’estate si riuniscono gli abitanti e i turisti ma predomina il silenzio che si spande nelle valli circostanti e l’eco raggiunge il mare di un azzurro intenso. Epoche remote si affacciano alla mente del forestiero che si interroga su quel territorio che sembra abbandonato a sé stesso eppure un tempo così importante. Greci, romani, bizantini e altre dominazioni si sono succedute portando civiltà, progresso, cultura, scambi, commerci e arte visibile nel patrimonio monumentale. Ma le bellezze naturali contrastano con la visione dell’abbandono tangibile nei luoghi più importanti, quasi fantasmi di un passato fiorente; come, quando e perché la storia si è fermata? e l’interrogativo porta a un’indagine per sapere e capire a cosa si deve il degrado di certi luoghi, un sistema di vita basato su regole che sono diventate l’identità negativa del territorio e con le quali si convive.
La Locride o “Riviera dei gelsomini” è la Magna Grecia e tutto intorno lo ricorda: tradizioni, usi, costumi, artigianato.
“La riviera dei gelsomini”, così denominata per la produzione del profumatissimo fiore che veniva coltivato nel tratto di costa compreso tra Brancaleone e Siderno è situata lungo l’alto Jonio della provincia di Reggio Calabria e comprende 42 comuni che vanno da Palazzi a Monasterace:
«La regione più misteriosa ed inesplorata d’Italia», così Corrado Alvaro definiva la Calabria, tale è la Locride, terra di misteri, di tradizioni, di arte e di storia.
Il territorio è solcato da sculture d’acqua che lo caratterizzano, sono le “ fiumare”: «La furia delle acque sul versante più spoglio, lo Ionio, allarga i letti dei torrenti di anno in anno, divorando ettari di colture ricche, e questi fenomeni si registrano fino a quando le alluvioni grandiose non compiono l’opera creando un cataclisma e mutano addirittura la configurazione del terreno, spianano monti, preparano il crollo dei paesi sulle pendici dei monti».
«Non è bella la vita dei pastori in Aspromonte, l’inverno, quando i torbidi torrenti corrono al mare, e la terra sembra navigare sulle acque». È l’inizio di Gente in Aspromonte, il romanzo in cui lo scrittore Corrado Alvaro così descrive quelle ampie vallate riempite di ghiaia e ciottolate che solcano il territorio più meridionale della Calabria. Le fiumare danno un colore particolare al paesaggio, come striature-scorticature bianche fatte sul verde della campagna o sul bruno delle montagne. Le fiumare rappresentarono nel passato le prime vie di penetrazione verso l’interno. (Alfonso Picone Chiodo)
La Locride è compresa tra i monti e il mare. Il territorio è punteggiato da paesi che presentano una struttura molto particolare sia arroccati sui monti che lungo la marina. Grotteria ha le case sistemate l’una sull’altra tra viuzze e sottopassaggi, detti gafi. Nel centro storico, oltre ai resti del castello feudale, si possono ammirare i caratteristici portali delle antiche case gentilizie.
Mammola che vanta un centro storico di origine medievale, fu costruita da profughi che, per sfuggire alle incursioni turche, si rifugiarono nel monastero basiliano dove dimorò San Nicodemo. Il nome di Mammola potrebbe derivare dal centro greco “Mamoula” nell’isola di Eubea.
Bivongi è caratterizzato da intricate viuzze che guidano il visitatore alla scoperta del paese ma l’attrazione maggiore è la piccola basilica di San Giovanni Therestys dell’XI sec., oggi ripristinata all’antico culto dei monaci ortodossi provenienti dal Monte Athos in Grecia. Suggestive sono le cascate che abbelliscono il paesaggio.
Canolo (da Kanalos che vuol dire canale), gode di un panorama stupendo: è circondato da cave di pietra rossastra sulle quali dominano le guglie denominate le “Dolomiti del Sud”. Nella zona archeologica sono stati rinvenuti reperti risalenti al neolitico, tra cui ceramiche e armi rudimentali di pietra levigata.
Pazzano è incastonato tra gli speroni rocciosi dei monti “Stella” e “Consolino”.
In origine era un villaggio minerario di limonite e con le sue 25 miniere, rappresentava il più importante bacino minerale di tutto il Mezzogiorno d’Italia. Il centro storico è costituito da case accatastate, da stretti vicoli detti magnani e da ripide scale esterne. Il Santuario di Monte Stella ha un fascino notevole perché posto in una grotta a cui si accede da una strada che s’inerpica in un territorio impervio. Conserva il più antico affresco bizantino dell’Italia meridionale, raffigurante la “Comunione di S. Zosimo e S. Maria Egiziaca” (sec. IX-X) e da altri affreschi che raffigurano la “Deposizione di Gesù sulle braccia della Vergine”, la “Natività”, la “SS. Trinità o Trono di pietà” e “S. Michele Arcangelo”. (da: Viaggio nella riviera dei gelsomini).
Ogni anno, la seconda domenica di agosto ricorre la festa del SS. Salvatore, seguendo l’antico rito greco-ortodosso della Trasfigurazione.
A Monasterace si può ammirare un Tempio dorico, a Roccella Jonica il Castello e a Gioiosa Jonica il castello in stile normanno, a Marina di Gioiosa Jonica si trovano importanti resti di un teatro romano, il primo dell’Italia meridionale ad essere dissepolto. A Ciminà, la cui caratteristica sono le case costruite con tufo giallo-viola, non reperibile altrove, si celebrano i riti pasquali comuni a molte località, quali: la Via crucis vivente e la Processione con la Confraternita. A Martone è visibile una necropoli bizantina. A Caraffa del Bianco si rappresenta la Via Crucis vivente il Venerdì Santo; ricorrente in molte località il rito dell’“Affruntata” nel giorno di Pasqua.
Uno dei centri più importanti è Gerace, città d’arte e città santa. L’abitato presenta un tessuto urbanistico medievale, diviso in Borgo (parte bassa), Borghetto (parte intermedia) e Centro (parte alta). La Cattedrale dell’XI sec. è il più grande tempio antico della Calabria. Poco distante si erge la Chiesa di San Francesco e la Chiesa di San Giovanni Crisostomo (o di San Giovannello) dell’XI sec. che dal 1993 è stata affidata al Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli e nel 1997 è stata elevata a Santuario ortodosso panitalico.
Nella parte alta si erge il castello normanno con finestre bifore, artistici balconi e pregevoli portali.
L’artigianato di Gerace si caratterizza per l’arte della tessitura e per la lavorazione dell’argilla e della ceramica che richiama l’antico artigianato greco. Bellissima la posizione panoramica, buonissimo il gelato al latte di mandorla, peccato che molti palazzi siano abbandonati anche se è in atto un tentativo di riutilizzo e di restauro.
La Cattedrale romanica-normanna è orientata, secondo lo stile bizantino, con le absidi ad oriente e l’ingresso ad occidente. Le colonne, una diversa dall’altra, sono di epoca imperiale mentre i capitelli sono di stile corinzio-asiatico. L’altare basilicale consacrato dal Vescovo GianCarlo Maria Brigantini e dal metropolita Grecoortodosso Mons. Spiridione il 9 luglio 1995 in occasione del 950° anniversario della prima consacrazione della Cattedrale, è il primo altare dopo la separazione delle due Chiese avvenuta nel 1054, ad essere consacrato da due Vescovi in riti diversi. È dedicato all’unità della Chiesa, come si può rilevare dalle due scritte, in greco e in latino “INA OSIN EN-UT UNUM SINT”.
La Cappella del SS. Sacramento, di stile gotico, con la volta a crociera cordonata, venne costruita nel 1431 a devozione di Giovanni e Battista Caracciolo. Sull’altare rinascimentale spicca il grande tabernacolo ordinato da Ferdinando Consalvo de Cordova, duca di Terranova e marchese di Gerace dal 1530 al 1558 e nipote del celebre gran Capitano Don Gonzalo.
La Cripta greco-bizantina, ricavata in parte nella roccia, è la parte più antica della Chiesa, costruita probabilmente su un antico oratorio bizantino. Le colonne di varia natura e origine sorreggono volte a crociera del IX/X sec.
Il tesoro della Cattedrale di Gerace conserva oggetti liturgici e tra questi una Croce reliquiario del XII sec. in filigrana con zaffiri e smeraldi. Secondo la tradizione fu il Vescovo Atanasio Calceopylo a portarla da Costantinopoli nel XV sec. Secondo altri studiosi probabilmente dono di Ruggero II alla Cattedrale, proveniente da una bottega orafa di Gerusalemme (notizie ricavate dal dépliant illustrante la Cattedrale).
Stilo, famosa per aver dato i natali al filosofo Tommaso Campanella sorge sul versante sud-orientale delle Serre, nella media valle della fiumara Stilaro, addossata alle pendici del monte Consolino. Il più importante monumento della città è la “Cattolica”, eretta nel X sec., una delle chiese bizantine meglio conservate. Nei pressi dell’abitato, si trovano numerose grotte adibite a Chiese basiliane, con resti di affreschi bizantini. Famoso è il “Palio di Ribusa” di forte richiamo turistico.
La Chiesa conventuale di S. Francesco è tra i più antichi edifici francescani, quasi coevo al Santo d’Assisi. L’edificio fu costruito intorno alla metà del XIII secolo da San Daniele, compagno di San Francesco. Lo stile è gotico con un bellissimo portale arabo-siculo con decorazioni di tradizione sassanide. Tra le varie decorazioni del portale è possibile scorgere sul lato sinistro una svastica, simbolo orientale astrale. Dietro l’altare si trova la tomba del principe Nicola Ruffo di Calabria. L’opera in marmo ripete i modelli importati nel regno di Napoli da Tino da Camaino nella seconda metà del 1300. Il guerriero dormiente poggia i piedi su due cagnolini mentre sulla lastra tombale si possono ammirare le figure gotiche della Madonna col Bambino, San Pietro e Sant’Elena, Santa Caterina d’Alessandria e San Paolo; ai lati si trovano da una parte San Francesco e dall’altra San Domenico.
Fra i centri marini si trova Siderno, una cittadina moderna e vivace. Il centro più antico si trova a tre Km. dal mare dove sorse intorno al Mille. Anche qui sono presenti monumenti antichi come il Duomo dotato di preziose opere pittoriche del Settecento. Di particolare interesse è la manifestazione del “Gelsomino d’oro”. Il ballo della tarantella caratterizza le diverse manifestazioni dove si può ammirare l’artigianato locale: tessitura a telaio, della canna, del castagno. Dal mare, in venti minuti si raggiunge l’Aspromonte. Con la sua ricca vegetazione e vedute indimenticabili.
Anna Lanzetta