Atene – Ieri genitori e alunni si sono recati in manifestazione di fronte all'Ambasciata d'Italia per manifestare contro la paventata chiusura della Scuola Italiana di Atene. Ormai da un po' di tempo voci sempre più insistenti parlano della chiusura di questa gloriosa Scuola Italiana di Atene che è presente ad Atene da piu' di 150 anni. (Angelo Saracini)
Prendendo spunto dalla segnalazione che giunge da Atene, e preoccupazione conseguente, vi proponiamo di seguito un contributo di Davide Donesini e un documento sindacale, proveniente dalla capitale greca, del 15 ottobre scorso. - Red.
LA SCUOLA ITALIANA (DI ATENE) CHIUDE?
Le operazioni sulla scuola pubblica sono operazioni vergognose. Nessuno/a di coloro che lavorano nella scuola ritengono che tutto vada bene, che nulla si debba cambiare, che non ci sia bisogno di fare considerazioni critiche sul senso e sul funzionamento della scuola. Insomma che ci sia bisogno di una vera riforma del sistema scolastico italiano nessuno lo nega.
Quella della Gelmini, però, non è affatto una riforma, ma un'operazione di contenimento della spesa. Lo diceva candidamente la prima versione del decreto del 1° settembre (quello del maestro unico, voto di condotta ecc.), poi modificato dalla camera, dove contenimento è diventato razionalizzazione... parola certamente più nobile, ma che non muta di una virgola l'operazione di taglio della spesa.
Negli ultimi 10 anni sono stati almeno tre i tentativi di ristrutturazione della scuola pubblica italiana: Berlinguer, Moratti e, ora, la 'razionalizzazione' di Gelmini. I primi due provvedimenti complessi hanno aperto la strada a molte novità in tutti i gradi della scuola: alcune buone, altre bocciate da chi ci lavora, altre di fatto non applicate e quindi cancellate. Ma c'è un elemento comune a tutte e tre le riforme che dovrebbe farci riflettere molto. Nessuno dei ministri ha mai pensato di coinvolgere seriamente coloro che la scuola la fanno esistere con il loro lavoro e con la loro presenza.
Credo sia questo il nodo principale che ci si trova a fronteggiare quando si decide di mettere mano al sistema scolastico pubblico. Non coinvolgere la componente docente, studente e di servizio non consente di monitorare i veri problemi della scuola e soprattutto di dare avvio ad una riflessione di ampio respiro sul senso del fare scuola e sulle mete di questa istituzione.
La reazione all'ennesima 'riforma' calata dall'alto e stavolta per nulla giustificata sul piano pedagogico, non deve essere letta solo come la difesa di una corporazione (sono a rischio molti posti di lavoro e di fronte alla crisi dell'economia, chi non reagirebbe?), ma anche come una forma di resistenza all'imposizione indebita di un modello di scuola che non è stato discusso con chi dovrebbe poi praticarla.
Sospendere il processo di 'razionalizzazione' è indispensabile al fine di avviare un processo di ripensamento collettivo e condiviso.
Dobbiamo salvare il senso pubblico della scuola, non la scuola come istituzione immobile e immutabile! Si tratta di salvarne la portata costituzionale ('rimuovere gli ostacoli') denunciandone le manchevolezze più rilevanti: non serve il voto di condotta a rendere più sensati i programmi scolastici, i quali generano un senso di noia cronica in studenti a cui manca una vera motivazione allo studio. A che serve studiare in un mondo dove i modelli di successo proposti sono sempre e solo fatti di crassa ignoranza e pura apparenza, o addirittura di furberia criminale (paese dei furbetti, di arricchiti senza scrupoli celebrati da televisioni autoreferenziali e pettegole, di corrotti di successo, di arrivati non per meriti oggettivi...)?
Ci si deve interrogare tutti e tutte sul senso della scuola, sulla sua funzione, sui modelli che involontariamente veicola, sul mercato dell'istruzione... Si deve avere il coraggio di non rimandare un confronto acceso, franco e critico, ma per farlo si devono rifiutare 'razionalizzazioni' che sono in realtà operazioni di pura contabilità. La scuola non è un costo! Per quanto lacunosa, pericolante, piena di problemi è una risorsa. Se non partiamo da questa convinzione, non c'è cambiamento possibile.
Davide Dodesini, insegnante
PS: la mia prima supplenza l'ho fatta proprio alla Scuola Italiana di Atene. Mi spiace molto l'idea che si possa chiudere un'esperienza culturale come quella, nonostante i molti difetti che certamente non vanno elusi.
L'assemblea sindacale dell'Istituto Italiano di Atene
riunitasi il 15 ottobre 2008
ha approvato il seguente documento
Seguiamo con molto interesse e giudichiamo positivamente tutte le iniziative di lotta che si stanno svolgendo in Italia volte a difendere l'intero sistema della formazione e la scuola pubblica dagli attacchi scellerati del governo Berlusconi, e dei ministri Tremonti e Gelmini.
L'art. 64 della finanziaria e il successivo decreto n. 137 approvato l'11 ottobre 2008 minano in profondità le fondamenta e la qualità della scuola pubblica che noi difendiamo.
Guardiamo con favore le iniziative auto-organizzate di genitori, docenti e ATA, prima fra tutte quella del 17 di ottobre a Milano e Roma delle quali si auspica la riuscita, in quanto momenti fondamentali nella costruzione di un fronte sempre più vasto e unitario di opposizione alle politiche governative.
Esprimiamo profonda insoddisfazione rispetto al fatto che nonostante la richiesta di tantissimi lavoratori e lavoratrici della scuola espressa in assemblee, documenti, lettere ancora una volta non si sia individuata, a fronte di uno dei più gravi attacchi alla scuola pubblica degli ultimi 30 anni, una giornata comune di sciopero. Era stato infatti richiesto che tutte le iniziative confluissero nella giornata del 17 ottobre.
Riteniamo comunque che lo sciopero indetto dai sindacati di base COBAS e CUB per il giorno 17 ottobre e quello del 30 ottobre indetto dalla FlcCGIL, CISL, UIL, SNALS e GILDA che si auspica non venga revocato, siano due momenti significativi nella lotta contro il decreto e i suoi contenuti.
Nello specifico ribadiamo la propria contrarietà
a. ai tagli previsti dall'art 64 della legge finanziaria in termini di organici e risorse destinate alla pubblica istruzione,
b. alle sezioni in orario antimeridiano nella scuola per l'infanzia con un solo insegnante per sezione,
c. alla reintroduzione del maestro unico nella scuola elementare con orari di classe a 24 ore,
d. alla eliminazione nei fatti del tempo pieno nella scuola elementare e del tempo prolungato alla media,
e. alla riduzione dell'orario scolastico per licei e istituti professionali,
f. ai tagli delle sperimentazioni, alla reintroduzione della valutazione in decimi nella scuola primaria,
g. alla diminuzione del sostegno per alunne/i diversamente abili,
h. alla eliminazione degli insegnanti specialisti di lingua straniera nella scuola elementare,
i. all'innalzamento del numero di alunni per classe,
j. alla riduzione degli interventi per l'insegnamento agli adulti di cui attualmente beneficia anche la comunità dei migranti e
k. a tutte quelle manovre contenute nel decreto che minano alla radice la qualità della scuola frutto di quasi 40 anni di lavoro e di studio,
l. alle possibili ricadute sulle scuole all'estero e sul mantenimento di standard di qualità.
Dichiariamo di partecipare in forme diversificate agli scioperi del 17 e del 30 ottobre
Organizziamo un presidio davanti all'Ambasciata Italiana ad Atene nella giornata del 17 ottobre con concentramento alle ore 10 in piazza Syntagma con la richiesta di incontro con l'Ambasciatore affinché anche la nostra protesta si unisca alle forti iniziative che si stanno svolgendo in Italia.
Invitiamo tutto il personale, gli alunni ed alunne della scuola e i genitori a sostenere queste richieste partecipando all'iniziativa. Chi vorrà potrà incontrarsi alle ore 9 davanti alla scuola.
(Approvato dall'ASSEMBLEA SINDACALE DEL 15 OTTOBRE 2008)