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Silvia Minardi. Perché non risparmiamo sui caccia bombardieri, anziché sulla scuola? 
Lettera aperta all'editorialista del “Corriere della Sera” Ernesto Galli della Loggia
Silvia Minardi
Silvia Minardi 
15 Ottobre 2008
 

Cari di Tellusfolio,

c'è posto sul vostro giornale per un articolo che è stato scritto dalla Presidente del LEND (Lingua e Nuova Didattica) in risposta all'editoriale di Galli della Loggia del 13 ottobre e che difficilmente vedrà la luce sul Corriere della Sera?

Grazie, lo allego

Carmen dell'Ascenza

 

 

Al signor Ernesto Galli Della Loggia vorrei provare a spiegare perché la cura che il ministro Gelmini propone alla scuola italiana è in contraddizione con la pretesa di voler migliorare la qualità della nostra scuola.

E spiegare a lei, ma soprattutto all’opinione pubblica le ragioni per cui la protesta di queste settimane nel Paese è una protesta che trova il suo fondamento e la sua giustificazione nell’idea di scuola che noi abbiamo e che, ovviamente, contrasta con la sua e con quella dell’attuale Ministro dell’Istruzione.


Ma andiamo con ordine.

Ammettiamo che sia vero che in tutti i confronti internazionali i nostri studenti ottengono risultati inferiori a quelli dei loro coetanei: perché il ministro Gelmini decide di infierire proprio sulla scuola primaria che, ad oggi, continua ad essere riconosciuto da tutti gli organismi internazionali come uno dei migliori sistemi di istruzione al mondo in termini di risultati di apprendimento e di competenze raggiunte dai bambini?

I dati su questo, come sugli altri segmenti della nostra scuola, sono lì a dirci che per questo governo la scuola deve semplicemente costare di meno. Tutto il resto non conta. Soprattutto non contano le nuove e diverse esigenze dei bambini di oggi in una società sempre più complessa e in continua evoluzione. Anzi meno sanno, meglio è. A tutti vorrei ricordare le parole di Derek Bok, presidente emerito dell’Università di Harvard, quando dice “Se pensate che l’istruzione sia costosa, provate l’ignoranza”.

Ma di questo parleremo un’altra volta. Adesso proviamo a scriverli i dati che anche lei, signor Galli della Loggia, dovrebbe conoscere e commentare. Sulla base delle recenti decisioni assunte, nella scuola primaria l’innalzamento del rapporto alunni/classi dello 0,4 produrrà la riduzione di 4.867 posti di lavoro. Si passerà da 18,69 a 19,09 alunni per classe. Ci saranno 2.900 classi in meno, cioè circa 55.000 alunni da ricollocare.

Per circa 100.000 classi su 138.000 l’orario settimanale sarà ridotto mediamente di 3 ore, in questo modo saranno tagliati 14.000 posti. Il mantenimento delle classi a modulo o a tempo pieno dipenderà quindi dal numero di classi attivate a 24 ore settimanali con il “maestro unico”.

L’insegnamento della lingua inglese sarà affidato solo alle insegnanti specializzate, quindi verranno tagliati tutti gli 11.200 posti delle insegnanti specialiste. In tutto per la scuola primaria il taglio sarà di 30.067 posti. A cui occorre sommare il dato di 29.740 posti nella secondaria di primo grado e 27.593 posti nella secondaria di secondo grado. Insomma, la cifra totale di posti tagliati (tra personale docente e non docente) in tre anni è di 132 mila. E tutto questo mentre il numero degli alunni è previsto in aumento.

E per capire la gravità della decisione assunta proviamo a fare anche questo semplice confronto.

Moratti, Tremonti, Fioroni, Padoa Schioppa avevano tagliato in 7 anni 18.314 cattedre. La coppia Gelmini–Tremonti ne vuole tagliare 87.000 in tre anni. E il dato non comprende i tagli del personale non docente!

È per la qualità della scuola, ci dicono.

È semplicemente per fare cassa, diciamo in molti. Perché la logica dei tagli risponde ad un criterio, uno soltanto: la scuola è un centro di costo, una spesa. Non un settore di investimenti.

Un esempio? L’esplosione del precariato. La nostra scuola ha perso, in sette anni, oltre 32 mila docenti di ruolo. Quest’anno, nelle scuole di questo paese, lavorano più di 141 mila precari pari al 16,82% di tutto il corpo docente della scuola italiana. E sicuramente, con i pensionamenti previsti, il numero dei precari è destinato ad aumentare ancora. Perché? Semplicemente perché un docente non di ruolo, un precario, costa molto meno allo Stato. Un insegnante precario viene assunto all’inizio dell’anno scolastico e licenziato alla fine dell’attività didattica, a giugno. E non dimentichi, signor Galli Della Loggia, che il 49,54% dei docenti di sostegno nelle nostre scuole sono precari. Secondo Lei, questo significa essere in grado di garantire una scuola di qualità per tutti, ma soprattutto per chi ne ha bisogno?

Basta questo esempio a dire che una politica di tagli non può servire a garantire la qualità del fare scuola!

E se facesse lo sforzo di documentarsi sulle cifre fornite dal sito del ministero prima di scrivere certi editoriali, si accorgerebbe anche lei, come ho fatto io, che i tagli non si fermano qui. Ma riguardano anche i finanziamenti per l’arricchimento dell’offerta formativa nelle scuole, la formazione dei docenti, ma anche la formazione degli adulti, gli investimenti per l’integrazione degli alunni stranieri.

 

Sicuramente i tagli non riguardano le scuole non statali che vedono, invece, sempre aumentare i finanziamenti dello Stato e in misura superiore a quanto previsto dalla 'Legge Prodi' (n. 62/2000) sulla parità scolastica. E se volesse confrontarsi sui dati forniti dal ministero, si accorgerebbe che è l’unico settore di tutto il Bilancio del Ministero dell’Istruzione ad avere avuto un aumento di risorse in 7 anni. Ma anche in questo caso, siamo di fronte ad un ministro che ragiona come un ragioniere quando dice: «Il risparmio per l'erario determinato nell'anno corrente dall'esistenza di queste libere iniziative è di circa 5 miliardi e mezzo, a fronte di un contributo di circa 500 milioni di euro». Dunque la scuola per la Gelmini è davvero solo una questione di spesa!

E ancora: per poter fare proposte occorre partire da dati che l’attuale ministro dell’Istruzione volutamente ignora o propone all’opinione pubblica in modo assolutamente distorto, creando disinformazione ed alimentando disaffezione nel Paese nei confronti della scuola.

Basterebbe controllare quello che dice l’OCSE nel suo Rapporto sull’Istruzione del settembre 2008 (www.oecd.org/edu/eag2008) e ci si accorgerebbe che siamo all’ultimo posto per spesa pubblica dedicata all’istruzione e ben al di sotto della media OCSE per quanto riguarda gli investimenti in istruzione in rapporto al PIL. Mentre il Ministro Gelmini sostiene che la spesa per l’istruzione è fuori controllo. Non è vero.

E non è vero che la percentuale assorbita dagli stipendi supera il 90% del bilancio complessivo del Ministero dell’Istruzione. La spesa per il personale è inferiore al 74% della spesa pubblica per l'istruzione.

Il Ministero (dati 2007) ha speso 42,4 miliardi di euro per il funzionamento corrente delle scuole e per il personale, a cui ha destinato circa il 90% delle risorse. Infatti, 3,1 miliardi di euro sono stati trasferiti alle scuole per il funzionamento e il miglioramento delle attività didattiche (spesa corrente, ma non di personale). La spesa, quindi, per il personale costituisce il 73,8% della spesa pubblica complessiva per l'istruzione.

E soprattutto occorre dire che l’incidenza della spesa per l’istruzione sulla spesa pubblica totale si è progressivamente ridotta. Mentre nel 1990 era pari al 10,3%, nel 2006 si è ridotta all'8,8%, il che evidenzia che in altri settori si è speso maggiormente, a discapito delle risorse per l'istruzione.

 

E ancora: ammettiamo pure che i tagli servono a migliorare, come qualcuno afferma, la qualità della scuola. Per poterci credere vorrei non aver letto quanto recita il decreto Brunetta del 6 agosto 2008 – convertito in legge n. 133/08 “Disposizioni in materia di organizzazione scolastica” – all’art. 64, comma 9:

«Una quota parte delle economie di spesa di cui al comma 6 è destinata, nella misura del 30 per cento, ad incrementare le risorse contrattuali stanziate per le iniziative dirette alla valorizzazione ed allo sviluppo professionale della carriera del personale della scuola a decorrere dall'anno 2010, con riferimento ai risparmi conseguiti per ciascun anno scolastico», ovvero solo il 30% dei risparmi ottenuti sarà utilizzato per la scuola, a partire dal 2010.

 

E, infine, vuole sapere dove io personalmente proporrei di risparmiare – visto che Lei sostiene che occorre spiegare «come e dove trovare quei benedetti soldi» di cui tutti parlano. Perché non prendiamo in considerazione le spese per gli armamenti in questo strano Paese? Anche i dati che riporto qui di seguito, signor Galli Della Loggia, sono dati pubblici.

Perché non risparmiamo sui cacciabombardieri, ad esempio? Lei lo sa che un cacciabombardiere F35 costa 91 milioni di euro e che ne abbiamo ordinati 131 per un costo totale di 12 miliardi di euro?

 

  • CACCIABOMBARDIERE F 35: COSTO UNITARIO = 91 MILIONI DI EURO (ORDINATI: 131 per un COSTO TOTALE di 12 MILIARDI DI EURO)

  • CACCIABOMBARDIERE EUROFIGHTER: COSTO TOTALE AL 2015 = 18 MILIARDI DI EURO

  • PORTAEREI CAVOUR: COSTO = 1.3 MILIARDI DI EURO

  • FREGATE MULTIMISSIONE RINASCIMENTO: COSTO GLOBALE = 5.7 MILIARDI DI EURO

  • FREGATE MULTIMISSIONE ORIZZONTE: COSTO GLOBALE = 1.4 MILIARDI DI EURO

  • SOMMERGIBILI TODARO: COSTO GLOBALE = 1.8 MILIARDI DI EURO

 

In realtà, il Governo scommette sull’ignoranza.

Non mi stupisce. Abbiamo un ministro dell’Istruzione che come tanti laureati in legge ha superato gli esami di avvocato in Calabria. Ma come ha fatto, vivendo a Brescia, ad ottenere la residenza e a provare il praticantato a Reggio Calabria? È semplice: ha eluso le leggi dello Stato. Ed ora per premio è diventata ministro. Un ministro che molto spesso parla senza conoscere la scuola e i suoi problemi, ma anche le sue tante ricchezze. Un ministro che mostra uno strano livore nei confronti degli insegnanti. Perché, mi chiedo, un simile comportamento? A me pare che la risposta sia una sola. L’attuale ministro dell’Istruzione non ha nessuna fiducia nella scuola. Per la signora Gelmini la scuola deve essere stato un luogo di sofferenza, dove il conoscere e l’imparare devono esserle costati fatica. Lasciamo i bambini davanti alla televisione o al computer, allora. Ci penserà il censo o una raccomandazione a far diventare quei bambini i futuri ministri di questa nostra Italia.

 

Silvia Minardi

presidente nazionale Lend (Lingua e nuova didattica)

(da newsgroup ANED-TORINO, 14/10/2008)

 


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