Ho il piacere di presentarvi un importante documento del circuito internazionale di Noi Siamo Chiesa indirizzato al Sinodo dei vescovi che è iniziato il 5 ottobre sulla Parola di Dio nella vita della Chiesa. Esso suggerisce dei punti da discutere, raccogliendo le opinioni di un'area di biblisti e di teologi che studiano da anni questo problema centrale nella vita della Chiesa, partendo dalla Dei Verbum del Concilio. Sto seguendo, con altri, l'andamento del Sinodo e, alla fine, cercherò di scrivere qualche osservazione.
Approfitto per unirvi anche il documento sul Caso Englaro. Si può firmare online (con indicazioni contenute in calce al documento). Se lo condividete e non l'avete ancora fatto, firmatelo e fatelo girare. Le firme crescono di giorno n giorno e ciò testimonia del consenso che raccoglie una posizione diversa da quella dei vescovi.
Shalom
Vittorio Bellavite
Documento dell’International Movement We Are Church
sul Sinodo dei Vescovi su
«La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa»
(05-26/10/2008)
Dal Concilio Vaticano II (1962-1965) l’«ascolto della Parola di Dio nella Sacra Scrittura» è la pietra angolare nella vita della Chiesa cattolica.
Secondo il movimento Internazionale Noi siamo chiesa, però, in numerosi testi del Magistero, la teologia della Parola di Dio, così come è contenuta nella Dei Verbum – la Costituzione Dogmatica sulla Rivelazione del Concilio Vaticano II – non è stata tenuta in debito conto o lo è stata in modo molto limitato.
L’ultimo Concilio ha fatto sì che la comprensione della Bibbia progredisse moltissimo, benché senza conseguenze durature. Noi siamo chiesa invita i vescovi che parteciperanno al Sinodo dei Vescovi del 2008 a discutere dei seguenti problemi e a esprimere orientamenti che guardino al futuro:
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Non si può usare della Bibbia come di una specie di magazzino dove attingere allo scopo di consolidare le affermazioni del Magistero ecclesiale. Essa non è un manuale di dogmatica o di etica. La Bibbia è stata spesso usata a sproposito nei documenti della Chiesa (si veda, per esempio, il Catechismo della Chiesa cattolica): frasi provenienti da contesti diversi e di generi differenti sono state messe insieme in modo arbitrario; alcuni metodi di interpretazione della Scrittura e certi criteri che dovrebbero guidare la sua comprensione vengono spesso ignorati. La pretesa di verità assoluta attribuita a singoli testi biblici (ad esempio al vangelo di Giovanni) è incompatibile con la “Costituzione dogmatica sulla divina Rivelazione” del Concilio.
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In alcuni scritti neotestamentari sono presenti passi di carattere antigiudaico. La loro recezione e l’influenza che questi testi hanno avuto dall’inizio sono stati disastrosi. Ora non è più tollerabile che si continui a usarli, in particolare dopo il documento della Pontificia Commissione Biblica del 2001 su “Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana”.
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Alcune espressioni bibliche storicamente poco corrette (come «gli ipocriti farisei», «il Dio della vendetta nell’Antico Testamento» contro «il Dio dell’amore del Nuovo Testamento») dovrebbero finalmente essere messe da parte.
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All’interpretazione storico-critica della Bibbia continua a spettare un compito imprescindibile per la retta comprensione dei testi biblici. Questo approccio si serve di diversi metodi che dovrebbero essere usati sia nei documenti ufficiali, con le opportune citazioni, sia nella pastorale.
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I nuovi approcci alla Bibbia aperti dall’«esegesi femminista» dovrebbero essere presi in considerazione con più convinzione. Nell’interpretazione della Bibbia, che ha molti testi di cultura maschilista, solo occasionalmente si prendono in considerazione e si valorizzano le esperienze delle donne con il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Numerosi testi della Bibbia sono stati scritti per legittimare il patriarcato o, in seguito, se ne è abusato a tali fini.
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L’interpretazione dei testi biblici da parte della psicologia del profondo viene ancora scarsamente presa in considerazione. Questo tipo di interpretazione ha a che fare coi problemi del lettore della Bibbia, con le sue domande, con le sue paure, con le sue speranze, con le sue emozioni, con i suoi sogni – ad occhi chiusi e ad occhi aperti –, con le sue opinioni, con i suoi valori.
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L’interpretazione della Bibbia di alcuni degli esegeti di oggi apre nuove prospettive alla Chiesa. La comprensione del canone delle Scritture, nella sua complessità ed interezza, ci libera da ogni totalitarismo e mette in evidenza come la Bibbia sia una costruzione multiforme, pluralistica e che garantisce il pluralismo. In questo senso, la Bibbia può diventare una “scuola di pluralità” (Otmar Fuchs).
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L’«unità nella molteplicità» ha una grande importanza per l’ecumenismo. Guardare all’insieme, in sé multiforme, degli scritti biblici, ebraici e greci, significa riconoscerne la pluralità. La Bibbia, così, diviene un modello per la Chiesa di unità nella diversità e di autentico ecumenismo.
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Non esistono idee definite di rivelazione. Il Concilio Vaticano II non ha spiegato come il manifestarsi di Dio possa essere conciliato con l’agire storico dell’uomo, in modo da conservare la libertà di Dio e quella dell’uomo ed evitando al contempo un discorso di carattere mitologico.
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La rivelazione di Dio nelle religioni del mondo e il suo rapporto con la rivelazione ebraico-cristiana sono problemi ancora irrisolti.
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L’«ispirazione della Bibbia», a livello popolare, era ed è stata spesso capita male. Dio – o lo Spirito Santo – avrebbe suggerito le parole direttamente all’orecchio degli scrittori biblici. È un’idea che sarebbe ormai opportuno urgentemente rettificare.
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Nella prassi ecclesiale vi è di frequente una «doppia» Bibbia: la Bibbia degli esegeti, che operano in modo scientifico, e la Bibbia dei «semplici» lettori, molto credenti, ma che la leggono restando all’oscuro dei lavori degli esegeti.
Nel documento della Pontificia Commissione Biblica su L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa (1993), i diversi approcci alla Bibbia vengono illustrati in modo oggettivo e sottoposti a una critica costruttiva. Vi si afferma con forza l’inculturazione dell’interpretazione della Bibbia, facendo riferimento al fatto che gli scritti biblici stessi sono connessi a una situazione specifica. L’approccio fondamentalista alla Bibbia viene esplicitamente condannato come metodo errato.
Per evitare il crescente rischio di una «doppia» Bibbia, un dialogo fruttuoso tra le diverse posizioni in un clima di serenità sarà necessario in questo sinodo ed anche in futuro. A questo scopo è necessario trovare un modo nuovo di dialogare tra i differenti criteri nell’interpretazione della Bibbia.
Roma, 5 ottobre 2008
www.we-are-church.org
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Vittorio Bellavite (Italy) +39 02 70602370 vi.bel@iol.it
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Krister Janzon (Sweden) krister.janzon@comhem.se
Aisha Taylor (United States) +39 348 4705361 ataylor@womensordination.org
Lasciamo che Eluana riposi in pace
Documento di cattolici sul caso Englaro
Pensando ad Eluana Englaro i nostri primi sentimenti sono di affettuosa amicizia e di solidarietà nei confronti della sua mamma e del suo papà. Esaminando invece la situazione che si è determinata e scrivendo dall’interno della nostra Chiesa cattolica, non possiamo che esprimere il nostro sconcerto e la nostra amarezza per quanto riguarda la posizione dei vertici ecclesiastici che contribuisce a suscitare un grande e inopportuno clamore mediatico intorno ad una persona crocifissa su un letto da sedici anni.
Ci sembra che la pietà sia dimenticata e che non ci sia serenità nell’esaminare la situazione di fatto, avendo come riferimento le parole di speranza del Vangelo. Dio è il signore della vita e della morte e ad ogni essere umano tocca affrontare la conclusione dell’esperienza terrena, che è solo una fase della vita, accompagnato da chi lo circonda con dolcezza e rispetto, verso il futuro di felicità che ci prefigura la nostra fede. Ci sembra invece che ci si accanisca nei confronti di Eluana e che non si rispettino le sue precedenti accertate dichiarazioni di volontà prima dell’incidente, secondo la testimonianza dei genitori e di altri, e che non si prenda atto della sua attuale perdita definitiva della coscienza.
Ci sembra che, in questa vicenda, si manifesti una concezione meccanicistica e materialista della vita che è ben diversa da quella fondata sui sentimenti e sui valori spirituali vissuti coscientemente che caratterizza la visione cristiana della persona umana. Non ci può essere contrapposizione tra “principi” e “fatto”: il principio astratto della vita e il fatto di una “vita non vita”. Anche la scolastica insegna che «contra factum non valet argumentum» che si potrebbe tradurre con: “i fatti sono incontrovertibili”.
Ci sembra criticabile il consenso al conflitto formale (prima sollecitato e poi applaudito) che si è aperto, in modo del tutto inconsueto, tra il potere legislativo ed il potere giudiziario in relazione alle sentenze della Corte di Cassazione e della Corte d’Appello di Milano; questo consenso è la conseguenza di una mobilitazione propagandistica che ignora i principi dello Stato di diritto su cui si fonda la Costituzione repubblicana.
Ci sembra anche che l’impegno a difesa della vita non debba manifestarsi, principalmente o solo, sulle modalità del suo inizio e della sua fine naturale, ma con attenzione alla sua qualità e al percorso terreno di ogni donna e di ogni uomo. Così l’impegno dei cristiani e della Chiesa dovrebbe, anzitutto e soprattutto, prestare attenzione alla vita concreta dei tanti che fanno fatica a vivere e la cui esistenza vita è sempre a rischio o addirittura è violentemente interrotta.
Sarebbero quindi necessarie forti campagne di opinione, con le mobilitazioni conseguenti, oggi, qui, nel nostro paese, nelle nostre parrocchie, nelle nostre comunità religiose come nei movimenti, nelle associazioni e nelle comunità cristiane di base a favore di chi rischia gli infortuni sul lavoro, per i clandestini nel canale di Sicilia, per le donne che subiscono violenze, per quanti, militari o civili, soffrono in Iraq, in Afghanistan o in Georgia o sono coinvolti nelle tante guerre dimenticate sparse nel mondo, per chi vive nel Darfur o in Somalia, per i milioni di bambini che sono privi di assistenza e di istruzione.
Perché poi cercare di creare, nell’immaginario del nostro popolo, una contrapposizione tra l’identità “cattolica” che, da sola e sempre, difenderebbe la vita e quella “laica” che spregiudicatamente sarebbe disposta a facili cedimenti etici? I credenti, senza erigersi a maestri, potrebbero offrire a tutti la ricchezza della loro vita spirituale e della loro sensibilità morale per dialogare sui problemi della vita e della morte come si pongono ora e per cercare insieme le risposte delle istituzioni a problemi nuovi e complessi che la scienza pone oggi all’inizio del terzo millennio. Nel mondo cattolico sono ormai tanti quelli che condividono il punto di vista secondo cui l’identità del credente sta nelle parole di speranza, di misericordia e di vita della Parola di Dio e non nelle campagne o nelle crociate.
Lasciamo che Eluana vada in silenzio e in pace nel Regno della Vita. Per lei e per la sua famiglia.
Primi firmatari: Vittorio Bellavite, Milano; Paolo Farinella, Genova; Giancarla Codrignani, Bologna; Giovanni Avena, Roma; Grazia Villa, Como; Enzo Mazzi, Firenze; Teresa Ciccolini, Milano; Albino Bizzotto, Padova; Giovanni Sarubbi, Avellino; Lisa Clark, Firenze; Alberto Simoni, Pistoia; Rosa Siciliano, Bari; Giovanni Franzoni, Roma; Carla Pessina, Milano; Marcello Vigli, Roma; Andrea Gallo, Genova; Margherita Lazzati, Milano; Piero Montecucco, Voghera; Gustavo Gnavi, Ivrea; Domenico Basile, Lecco; Chiara Zoffoli, Lecco; Catti Cifatte, Genova.
Roma, 8 ottobre 2008
Si può aderire al documento firmando qui
Si possono raccogliere adesioni su carta con le stesse modalità di quelle on-line (nome, cognome, professione, residenza) da inviare poi a “Firme sul caso Englaro” - Via Vallazze, 95 - 20131 Milano