Due giocatori della nazionale cubana di calcio hanno abbandonato la squadra prima della sfida di qualificazione mondiale con gli Usa. La Tv cubana lo ha annunciato con la solita retorica da Stato assediato in lotta contro il nemico. «Reynier Alcantara e Pedro Faife hanno tradito e non hanno resistito alla tentazione del denaro dell’Impero statunitense», ha detto il giornalista, ché chiamarlo giornalista mi viene male ma devo farlo. La nazionale cubana è scesa in campo decimata a Washington, ha perso per sei rete a una ed è rimasta a zero punti nel girone per la qualificazione ai Mondiali sudafricani del 2010.
Il centrocampista Pedro Faife e l’attaccante Reynier Alcantara hanno disertato - per usare un termine caro alla retorica di regime - e hanno fatto perdere le loro tracce. Il quotidiano on line The Washington Post ha intervistato il commissario tecnico cubano - il tedesco Reinhold Fanz - che ha affermato: «Questo è sempre un problema con la squadra cubana. Abbiamo molta sicurezza, ma i giocatori non possono essere ammanettati nelle stanze». La storia si ripete spesso. Gli sportivi abbandonano il ritiro aiutati da amici o parenti che risiedono negli Stati Uniti, contattano un avvocato per chiedere asilo politico e appaiono in qualche programma televisivo per accelerare la risoluzione del caso.
Fuga per la libertà, senza dubbio, verso un mondo dove sia possibile costruire un avvenire, pensare con la propria testa ed essere finalmente se stessi.
Tra tutte le contraddizioni di questa storia, ho letto pochi articoli che mettono in evidenza come l’allenatore tedesco alla guida la nazionale cubana venga stipendiato in maniera suntuosa, come se fosse un allenatore europeo. I ragazzi della nazionale cubana, invece, devono accontentarsi dei miseri stipendi in moneta nazionale e - quando le cose vanno bene - di un premio pagato in pesos convertibili. Tutto questo non è molto socialista e credo abbia poco a che spartire con le idee di uguaglianza che hanno motivato i guerriglieri sulla Sierra Maestra. Le restrizioni del periodo speciale e i sacrifici richiesti alla popolazione non vanno d’accordo con lo sperpero economico che il governo destina a uno sport minore come il calcio.
I giornali italiani spesso dimostrano di sapere poco di Cuba e di scrivere articoli che hanno il solo compito di compiacere una certa parte politica. La Nazione di oggi - in un impeto berlusconiano - afferma che «le condizioni di vita all’Avana, nonostante Raúl Castro abbia eliminato l’embargo sui cellulari e sugli elettrodomestici, sono molto lontane dal tenore di vita delle città europee». A parte la risibile affermazione sull’embargo eliminato da Raúl, serviva proprio La Nazione per farci capire che a Cuba la situazione socio-economica è peggiore rispetto ai principali Paesi europei.
In compenso gli Stati Uniti hanno davvero tolto un embargo, ma alla Corea del Nord, che per motivi economici non è più uno Stato canaglia. Resta Cuba, con il suo popolo in fuga, insieme a pochi altri regimi, a dover subire la vergogna di un blocco economico. Tifiamo per Obama alla presidenza degli Stati Uniti e speriamo nella revoca di una misura odiosa, dietro la quale per anni Fidel Castro si è trincerato per giustificare i più gravi errori economici. Reynier Alcantara e Pedro Faife, in ogni caso, non devono più affrontare questo problema…
Gordiano Lupi