L’altro giorno mi sono capitate sotto gli occhi alcune righe di un discorso pronunciato da Roosevelt alla Convention Democratica degli stati Uniti nel 1932 (tratto da: La forza dell’esempio di Alessandro Ferrara). Probabilmente anche Barack Obama è distante dal suo predecessore se non ha ancora stabilito le priorità d’azione del suo eventuale mandato. Il problema di molti politici oggi è quello di avere una formazione culturale troppo specialistica o insufficiente, quando invece a causa dell’incremento delle variabili socio-economiche e della complessità delle dinamiche mondiali occorrerebbero delle buone esperienze pratiche e lavorative diversificate, unite ad una formazione multispecialistica approfondita (almeno due lauree o due Master). Solo in questo modo si riesce a sviluppare una visione d’insieme che tiene conto di diverse prospettive e si è in grado di proporre progetti e soluzioni creative.
Ma leggiamo quello che diceva Roosevelt in uno di quei periodi di crisi cicliche che sembrano unire nella disgrazia la storia e l’economia: «la libertà richiede un’opportunità di guadagnarsi la vita, a un livello decente secondo gli standard del tempo, un tenore di vita che offra alla persona non soltanto qualcosa di cui vivere, ma anche qualcosa per cui vivere… Se al cittadino comune vengono garantite pari opportunità nella cabina elettorale, deve godere di pari opportunità anche nel mercato. Nel 1929 le ore che uomini e donne avevano lavorato, i salari percepiti, le condizioni del loro lavoro, tutte queste cose sfuggirono al controllo della gente e furono imposte da questa nuova dittatura industriale… [e io aggiungerei bancaria e finanziaria privata]. In lungo e in largo per la Nazione, le opportunità vennero limitate dai monopoli. L’iniziativa individuale fu schiacciata negli ingranaggi di una macchina immensa. I campi una volta aperti alla libera impresa di tutti vennero sempre più delimitati. L’impresa privata, in verità, era diventata troppo privata. Era diventata un’impresa d’élite, non più libera. L’uguaglianza politica che ci eravamo conquistati un tempo, perse ogni significato di fronte alla crescente disuguaglianza economica…»
Che dire degli attuali monopoli ed oligopoli socioculturali ed economico finanziari, delle abissali disuguaglianze economiche tra dirigenti incapaci e improduttivi, ma milionari, e bravi ed efficienti impiegati ed operai disoccupati o prossimi al licenziamento, in questo tristissimo 2008 e nel probabile caos del 2009?
John F. Kennedy nella sua campagna elettorale del 1960 diceva: «Nella nostra economia il consumatore è l’unico soggetto che non ha un lobbista potente alle spalle: ebbene, io sarò quel lobbista».
E se Marx diceva che i filosofi hanno solamente interpretato il mondo in vari modi, ma il problema è cambiarlo, si può anche dire che gli economisti hanno solamente interpretato l’economia, ma non sono mai riusciti a risolvere le problematiche croniche ed acute della finanza. Forse solo un vero Leader politico può riuscire a limitare i danni derivanti dall’impazzimento della finanza: convincendo collaboratori, aziende pubbliche e società private a fare cose che non vogliono fare, e aiutando tutti i vari responsabili a farle.
Damiano Mazzotti
P.S. -Per un’analisi storica del sistema mondiale dell’economia moderna e dello sviluppo della “della società civile mondiale” (ONU, Unione Europea, ecc.), si possono leggere gli scritti di I. Wallerstein.
P.S.2 -L’economia oggigiorno minaccia di rovinarci se non gli paghiamo il pizzo (Massimo Bucchi, Il Venerdì).