Metti caso che Giacomo Leopardi, mosso da curiosità se non da nostalgia, a un bel momento buttasse uno sguardo dalle nostri parti in cerca di ispirazione. Di interminati spazi e sovrumani silenzi oggi pochi e niente ne troverebbe, di naufragare dolcemente nel mare immensamente contaminato di certo non ne avrebbe voglia, parlare di stanze quiete, di sentieri silenziosi o d’una certa Silvia – casalinga e tuttavia gaia – sarebbe quantomeno anacronistico. D’altronde le lucciole errabonde chissà che fine hanno fatto, i festosi uccellini sopravvivono alla meno peggio, le ultime galline ruspanti sono finite in casseruola senza lasciare eredi e la Natura scarica saette a più non posso senza riuscire con ciò a rasserenarsi. Giacomo già la vedeva nera anzi nerissima ai tempi suoi, già troppo soffrì per un dolore cosmico di cui incolpava la natura matrigna e acida; ma se ci vedesse oggi come siamo ridotti, tutto il suo passato pensiero potrebbe capriolarsi ed è meglio che ciò non accada, per amore di quella Patria che egli sempre nominò con grande rispetto.
Se poi, per somma disgrazia, si dovesse imbattere in un telegiornale preso a caso, reso disperatissimo e matto più che da vivo, ce ne direbbe di tutti i colori, a noi gente moderna. Speriamo dunque che il Poeta si tenga a ragguardevole distanza da questo mondo. Il minimo che gli potrebbe capitare, lui già così cagionevole di salute quando l’aria qui in terra si poteva ancora respirare, sarebbe di beccarsi una delle tante allergopatie che affliggono l’umanità immunodeficiente.
Troppo tardi:
“Giacomo… Giacomo di Recanati?”
“Non altri. E tu, sei della Patria mia?”
“Beh… sì”.
“O patria mia, vedo le mura e gli archi/ e le colonne e i simulacri e l’erme/ torri degli avi nostri,/ma la gloria non vedo,…”
E ti pareva.
Maria Lanciotti