Era più di un mese che Pasquino non mi veniva a trovare. Io non mi preoccupavo perché ero sicuro che stava bene; lo avevo visto in giro col suo vecchio motorino. Stamattina si è presentato con in mano il rottame di una ventiquattrore. Gli ho domandato se si era messo a fare il broker e lui mi ha dato subito del bischero, tanto per cominciare, e poi ha voluto sapere cos’è un broker. Ma prima che gli rispondessi mi ha detto che non glie ne importava niente e mi ha buttato in tavola il rottame facendomi notare una piastrina di metallo con un nome e cognome. Mi ha detto di averla trovata in una fossa al semaforo di Pappiana e che la portava ai vigili di San Giuliano perché la restituissero al proprietario. (Bisognava vedere la sua espressione sorniona!!!) Quindi si è seduto, mi ha “ordinato” di accendere “lo strumento” e di scrivere quanto segue.
“Siccome sono un po’ invecchiato il dottore m’ha consigliato di fare qualche giratina in bicicletta che, dice lui, mi fa bene alla circolazione e ai polmoni perché respiro aria buona. Secondo me circolare in bicicletta, di questi tempi, non fa bene alla salute, perché il più delle volte rischi che la circolazione ti spiaccichi sulla strada come un gatto. Quanto all’aria bòna io la respiro anche se vado in motorino. E ai polmoni mi fa più male il fumo dei tubi di scappamento che i miei dodici toscani al giorno (cioè sei, perché ne fumo mezzo alla volta). Poi ho pensato anche che una sudata in bicicletta mi ghiaccia i panni addosso e una frescata mi farebbe venire un malanno. Perciò ho deciso che la mia boccata d’aria me la vado a prendere, più che altro per far piacere al mio dottore, ma ci vado in motorino, senza parabrise. Ho principiato la cura un mese fa cominciando dall’incrocio di Via Magagna con Via Roma. E dato che di lì, a destra, si vede il camposanto, mi sono dato una toccatina e ho preso per Via Fonda. Era tanto che non ci passavo: maremma boia, che schifezza! Le fosse son piene di immondizie. Arrivo in Via del Capannone: peggio! Piglio per la Vinòva e mi metto le mano ne’ ‘apelli (anzi una sola perché con quell’altra ci mando il Ciao): sui cigli e nelle fosse c’è di tutto. A metà strada c’è addirittura lo scarico di una carrozzeria in cima a un campo di granturco. Sui callari di bonifica poi… A’ mi’ tempi sui cigli e nelle fosse ci nasceva giali e crescioni. Comunque ora non sto a fare tutti i nomi delle strade e dei posti del piano di Vecchiano, ma a girarlo tutto, a calcoli fatti c’è qualcosa come mille tonnellate di rifiuti. E non sono andato nelle frazioni! Invece sono andato un po’ nei Comuni del lungomonte fino a Calcinaia. È una disperazione! Dovunque ti giri vedi discariche abusive e troiai lungo le strade. A raccontarlo non pare vero, bisogna vedere. M’immagino che effetto deve fare agli stranieri che hanno ancora il coraggio di venire in Italia. M’immagino cosa diranno di noi. E se i meno bischeri cominciano a non venirci più lo fanno perché di certo non gli piace passare le vacanze in un paese straniero che è tutto una discarica, dall’Alpi al Lilibeo. Dove l’inquinamento del mare (alla faccia delle bandiere blu) è alle stelle; dove fra parentesi li spennano anche a meschièri. Il bello è che noi si guarda Napoli. (Si guardava, perché ora non ce la fanno più vedere; è meglio il delitto di Perugia). Si guarda Napoli, dicevo, e ci si scandalizza. Intanto a Napoli la spazzatura non si vede più perché il Berlusca l’ha fatta rimpiattá sotto il tappeto, ma ora apparisce a Catania, e poi si starà a vedere. Succederà come l’areoprani di Mussolini. Ma tanto noi italiani alla spazzatura fino al collo e al tanfo nel naso ci siamo abituati e ci si sta come papi (nel senso che in Italia i papi ci stanno da papi). Non si vede e non si sente nemmeno più. A casa nostra ci si fa il nostro bel pratino coi fiorellini, magari coi nanetti e Biancaneve nei due metri quadri davanti all’uscio, recintati con muretto e ringhierina; e il nostro sacchettino della spazzatura non si può mica lasciare davanti al nostro bel cancellino con due belle colonnine con in cima due leoncini; si mette sul nostro gippone e da lì si vola nel fosso del Cotolengo quando si va in ufficio. E poi, quando le fosse e i cigli saranno pieni e si cominceranno a riempire anche le strade, ci sono sempre i gipponi che possono montare fino in cima ai mucchi della spazzatura, o all’ultime, viaggiare fuori strada. Noi italiani siamo furbi, si sa subito trovare rimedio a tutto. Comunque qui a Vecchiano qualcuno i sacchetti li mette anche davanti a casa sua, ma vedere cosa c’è dentro non si può, perché non sono quelli trasparenti regolamentari, sono quelli della Cop. Se ne trovi qualcuno di quelli trasparenti dell’organico, lì ci vedi di tutto, dalle scatolette alle bottiglie, dai giocattoli dei bimbi alla dentiera della nonna morta. Sicché anche se l’organico è la maggior parte, il contenuto del sacchetto viene buttato via. Perché vorrei vedere chi ha il coraggio di mettersi lì a separare le bucce delle patate dalle dentiere. Comunque le giratine che dice il mio dottore mi sono bastate, e domenica passa è stata l’ultima. E poi con tutti i giri che ho fatto ho finito il Ciao. Lunedì mattina avanti giorno sono andato nel piano e l’ho buttato nella Barra. Tanto uno più uno meno, ormai, che male fa?”.
Gli ho detto che se non va a riprendere il motorino questa lettera non gliela scrivo.
Mi ha risposto che è impossibile perché fra motorini, biciclette, lavatrici, frigoriferi e troiai vari è impossibile ripescare il suo Ciao. Perciò mi ha consigliato di dire meno bischerate e di mettermi subito a scrivere perché non ha tempo da perdere, vuole firmare la sua lettera e andarsene.
Qualche volta provo a controbattere i suoi argomenti, ma è impossibile perché ha sempre ragione.
Piero Chicca