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Dal blog Generación Y
26 settembre 2008
Volver a la normalidad
El cómputo del desastre ha terminado y nuestros noticiarios parecen haber entrado en una etapa rosa, donde sólo hay espacio para las crónicas de recuperación y optimismo. Ni el lamento ni la duda tienen cabida entre tantos llamados a la confianza. Las opiniones y los rostros que se muestran en la tele son cuidadosamente seleccionados: sólo saldrán aquellos que tengan algo esperanzador que decir. La frase “volver a la normalidad” es repetida por secretarios generales del Partido, por choferes de camiones cargados de tejas y hasta por los propios damnificados. Se trata de borrar a toda costa el “ahora” para regresar al “antes” de los dos huracanes.
Los cierto es que no creo que un mes atrás tuviéramos algo parecido a la “normalidad”. Es más, en las tres décadas que arrastro sobre mis hombros, no creo haber vivido en otra cosa que no sea lo anómalo. A quienes pronuncian la palabrita, me gustaría preguntarles si ellos creen que es “normal” el Período Especial, el miedo a la opción cero, los discursos interminables, la Batalla de Ideas, los mítines de repudio, mis amigos armando una balsa para echarse al mar, el “hay pero no te toca, o te toca pero no hay”, las colas perennes, las promesas de cambio que no se concretan, las tierras ociosas, la idea de plaza sitiada donde disentir es traicionar, el hablar en voz baja, la paranoia a que todos puedan ser del Aparato, las restricciones a viajar, los privilegios de unos pocos, la dualidad monetaria, el adoctrinamiento en las escuelas, la falta de expectativas, las vallas con consignas que nadie cree y la espera, el aguardar, los sueños de que alguna vez todo pueda arribar a un punto cercano a la “normalidad”.
Yoani Sánchez
Tornare alla normalità
Il calcolo del disastro è finito e i nostri notiziari sembrano essere entrati in un periodo rosa, nel quale c’è spazio soltanto per le cronache della ripresa e per l’ottimismo. Il lamento e il dubbio non trovano posto tra tante esortazioni alla fiducia. Le opinioni e i volti che compaiono in televisione sono scrupolosamente selezionati: si presenteranno solo quelli che abbiano qualcosa di beneaugurante da dire. La frase “tornare alla normalità” è ripetuta dai segretari generali del Partito, dagli autisti di camion carichi di tegole e persino dagli stessi danneggiati. Si tratta di cancellare a ogni costo il momento presente per ritornare a prima dei due uragani.
Quello che è certo è che non credo che un mese prima potremmo trovare qualcosa di simile alla normalità. Inoltre, nelle tre decadi che mi porto sulle spalle, non credo di aver vissuto un’altra cosa che non sia l’anomalo. A coloro che pronunciano la parolina mi piacerebbe domandare loro se reputano normale il Periodo Speciale, la paura dell’opzione zero, i discorsi interminabili, la Battaglia delle idee, i meeting di ripudio, i miei amici che assemblano una zattera per lanciarsi in mare, il “c’è ma non ti spetta, o ti spetta però non c’è”, le code interminabili, le promesse di cambiamento che non si concretizzano, le terre incolte, l’idea di vivere in un posto assediato dove dissentire equivale a tradire, il parlare a voce bassa, la paranoia che tutti possano far parte dell’Apparato, le restrizioni a viaggiare, i privilegi di pochi, il doppio sistema monetario, l’indottrinamento nelle scuole, la mancanza di aspettative, i cartelloni con ordini consueti ai quali nessuno crede, l’attesa, i sogni che prima o poi tutto possa arrivare a un punto vicino alla normalità.
Traduzione di Gordiano Lupi
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