Stamani il ministero del Lavoro, Salute e Politiche Sociali ha risposto in aula con il sottosegretario Fabio Fazio ad una interrogazione che ho presentato con il senatore Marco Perduca per promuovere le terapie del dolore e l'utilizzo della cannabis terapeutica.
La cannabis terapeutica soffre di limitazioni non derivate dalla sua efficacia -attestata da ben 17 mila studi- ma dal collegamento con l'uso ludico della medesima sostanza. E così un proibizionismo tira dietro un altro ben più grave -se è possibile stabilire una gerarchia-: quello su cure, terapie, in particolare sulle cure contro il dolore.
Così nell'Italia ultima in tutte le classifiche per le terapie contro il dolore, si aggiunge questa vicenda di per sé sintomatica: esistono dei derivati sintetici della cannabis -disponibili in gran parte dei Paesi europei- che risultano efficaci nella terapia del dolore, della nausea, del glaucoma, dei disordini neuromotori e per stimolare l'appetito nei pazienti affetti da Hiv-Aids e demenza.
Con il decreto del precedente Governo (18 aprile 2007) i cannabinoidi sono inseriti nella tabella II del Testo Unico sugli stupefacenti (legge 390/90): attestata la loro attività farmacologica, ciò non equivale alla loro immissione in commercio. Che spetta all'Aifa, e per cui ancora oggi è necessaria l'importazione individuale a carico del paziente, tranne nei casi di somministrazione in regime di ricovero ospedaliero. Importazione individuale costosa, complicata e discriminatoria. Infatti tranne le Asl di Bolzano, Crotone e Roma, dove è previsto un rimborso, l'acquisto risulta a carico del malato, e una scatola di Sativex, sufficiente per un mese di terapia, costa 600 euro. Nonostante esista un Sistema Sanitario Nazionale e un diritto alla cura scritto in Costituzione, accade che un cittadino di Bolzano e uno di Firenze affetti dalla medesima patologia, si trovino in due situazioni diverse.
Nella risposta il sottosegretario si è limitato a ricordare che l'immissione in commercio dei farmaci spetti all'Aifa e che il Consiglio Superiore della Sanità, a febbraio 2008, ha espresso parere negativo su alcune condizioni cliniche, compresa la sclerosi multipla. Fazio ha sostenuto che l'autocoltivazione è una pratica illegale, così come l'autoproduzione, e che non sarebbe ipotizzabile per una serie di motivi, tra cui l'assenza di indicazioni e procedure dettagliate che generalmente sono riportate in etichettatura.
Non è un caso che la discriminazione di trattamento e la complessità di utilizzo dei cannabinoidi non abbia trovato risposta: manca la volontà di favorire e promuovere l'uso di questa sostanza. Frapporre la difficoltà dell'autorizzare alla coltivazione terapeutica per la contrarietà alle leggi in merito, è non rispondere politicamente.
Ricordo che, per esempio, in Usa -Paese decisamente proibizionista in materia di droghe- in 12 Stati -e prossimamente si terranno tre referendum in altrettanti Stati- è possibile la coltivazione ad uso terapeutico. Quindi, che sul tema degli investimenti sulle terapie del dolore il problema sia tutto politico, mi sembra abbastanza evidente. Non mi è sembrata evidente, invece, la risposta politica del Governo sulla sua intenzione o meno di promuovere questo tipo di terapia contro il dolore.
Donatella Poretti
Qui lo svolgimento dell'interrogazione