Basilio Intrecciagli si svegliò all’alba, guardò la donna che gli dormiva a fianco e russava a bocca spalancata, si alzò e si recò al bagno, si guardò allo specchio e disse: “Plico-Plico”.
Si lavò e andò in cucina, aprì il frigorifero ma lo trovò vuoto, si fece un caffè che sapeva di cicoria, ne bevve una mezza tazzina e l’altra metà la svuotò nel lavandino, sbadigliò e disse: “Plico-Plico”.
Si avvicinò alla libreria, scorse i titoli dei libri da cima a fondo, ne scelse uno e lo sfogliò, vi trovò dentro un petalo di rosa essiccato e disse: “Plico-Plico”.
Intanto la signora Intrecciagli si era svegliata e in camicia da notte e bigodini girava per casa in cerca del marito. Quando lo vide con un libro in mano di prima mattina gli chiese: “Caro, non hai dormito?”.
Basilio Intrecciagli si voltò e la guardò, vide che la donna aveva gli occhi stanchi e appannati, la pelle arricciata e unta, la testa ricoperta di beccucci, la camicia lunga fino ai piedi con il colletto chiuso fino alla gola e disse: “Plico-Plico”.
La signora Intrecciagli guardò il marito con aria stanca, molto stanca e disse: “Basilio, ci risiamo. Preparati che andiamo dal dottore”.
I coniugi Intrecciagli uscirono dal portoncino in PVC, camminarono per un centinaio di metri e suonarono allo studio del professor Gambarotta, ortopedico e neuropsichiatra.
“Menomale che abitiamo vicini”, disse la signora Intrecciagli offrendo la sua manina moscia al baciamano del professore. “Quattro passi e siamo da lei”.
“Qual buon vento, gentile signora?”, chiese il professore con aria amical-professionale.
“Mio marito è alle solite. Io non so più che pesci pigliare. Mi dia un rimedio o impazzisco”.
“Vuole che le dia un tranquillante, cara signora Intrecciagli?”.
“Non a me, non a me, le chiedo qualcosa di molto efficace per mio marito. Lo guardi: mi dica lei se vede un uomo o un bambino”.
Il professor Gambarotta osservò severamente il suo paziente ma poco ne dedusse. Lo fece allora svestire e stendere sul lettino, gli tastò le ossa una ad una, palpeggiò fegato e milza, gli guardò in fondo alla gola, gli sollevò e abbassò ripetutamente le palpebre, gli dette alcune martellatine sui ginocchi, gli stiracchiò gli alluci, si sincerò che non avesse le orecchie tappate dal cerume, gli misurò la pressione, gli applicò lo stetoscopio fra le scapole e gli ordinò: “Dica trentatre”.
Basilio Intrecciagli guardò le quattro pareti dello studio coperte di attestati e riconoscimenti e quadri surreali, la poltrona di cuoio e il tavolo massiccio di mogano, la lampada a luce bianca e disse: “Plico-Plico”.
“Plico-Plico… Plico-Plico…”, rimuginò il professor Gambarotta, poi come folgorato si diresse alla vetrinetta degli strumenti e ne trasse il plicometro volendo valutare quanto tessuto adiposo fosse presente nel sottocute del suo paziente, ma il signor Intrecciagli si rifiutò categoricamente di sottoporsi all’esame, si rivestì in fretta e infilata la porta sparì dietro alla prima curva.
“Cara signora Intrecciagli, mi arrendo. Suo marito è un caso a parte che va studiato in profondità. Occorre il ricovero in clinica, non mi sento di dirle altro”.
“Non se ne parla nemmeno, professor Gambarotta. Io non voglio andare per stracci per le stravaganze di mio marito. Sa invece cosa faccio? Lo rispedisco da sua madre, e che se lo tenga”.
Basilio Intrecciagli quella sera dormì nel suo lettino, nella sua stanzetta, nella casa della sua infanzia e della sua giovinezza. Lo madre lo aveva accolto con un sorriso e la crostata ai mirtilli che era la sua specialità. Senza domande.
Il mattino dopo si alzò quando la luce del sole filtrando dalle persiane verdi gli andò a sbattere sugli occhi, si guardò intorno e ritrovò tutte le sue piccole care cose, si alzò e andò al bagno, si guardò allo specchio e disse: “Ho deciso: mi taglio la barba”.
Si rase, si lavò e andò in cucina, trovò la colazione pronta a base di caffellatte, pane burro e marmellata, sfogliò il giornale e s’informò sugli ultimi avvenimenti, sospirò e disse: “Mamma, resto qui solo per pochi giorni. Il tempo di trovarmi un lavoro e un alloggio. Ho perduto l’uno e l’altro in un colpo solo. Devo dare una risistemata alla mia vita”.
“Resta pure quanto tempo vuoi figlio mio, questa è sempre casa tua”, gli rispose la madre. “È qui che tu sei nato, è qui che hai detto la tua prima parola. Anzi due: Plico-Plico”.
“Plico-Plico”, mormorò Basilio Intrecciagli con commozione. “Plico-Plico… la mia prima parola… ed era diventata anche l’ultima…”.
Uscì in giardino, guardò rose e gigli, azalee e orchidee, la pergola di glicine e di passiflora, respirò tutti i profumi misti, uscì dal cancello e andò sorridendo incontro alla sua giornata, con la bocca piena di parole.
Maria Lanciotti