Con l'abolizione delle Preferenze, elettori defraudati di un diritto. L'interrogativo se sia in atto un processo degenerativo della democrazia anche in Italia è serio. I regimi formalmente democratici, ma parzialmente svuotati della loro capacità rappresentativa, sono ormai una semi-democrazia.
La settimana scorsa il capo del Governo ha varato due operazioni: con la prima ha dato il via alla costituzione di un vero partito unico del Centrodestra; con la seconda ha comunicato agli italiani che, per le elezioni europee della prossima primavera, sarà servita la “porcata numero due” (come la chiamò il suo creatore, il leghista Calderoli), ovvero una copia delle disposizioni più antidemocratiche della legge elettorale con cui abbiamo votato nelle ultime elezioni politiche. Il Cavaliere, infatti, ha annunciato che neanche per il Parlamento europeo potremo sceglierci i rappresentanti con lo strumento delle preferenze, e che la soglia per entrare nell’Ue salirà al 5 per cento.
Le leggi elettorali sono un tema delicatissimo, da cui dipende la qualità della democrazia. Abolire le preferenze equivale a scippare i cittadini di un diritto di rappresentanza democratica. Berlusconi sostiene che «il sistema delle liste bloccate permette d’avere professionisti che possono autorevolmente rappresentare il Paese in Europa».
Il che è un insulto all’intelligenza degli elettori, considerati incapaci di compiere scelte mature e responsabili. Meglio, dunque, trattarli da sudditi chiamati a ratificare le scelte del “principe”. Che, però, tanto “illuminato” finora non s’è dimostrato. Basta fare un giro tra Camera e Senato per vedere le aule affollate di portaborse, segretari, cortigiani e figli di papà. In questo, anche il Pd non s’è fatto scrupolo di spedire in Parlamento figlie di ex ministri, addetti stampa, segretarie e dintorni. È tanto democratico che due sole persone (Berlusconi e Veltroni) decidano chi entra in Parlamento e chi no?
La Costituzione prevede che deputati e senatori siano «eletti a suffragio universale e diretto». Ma con le liste bloccate, l’elettore si limita a ratificare scelte compiute, a suo nome, dall’alto. Senza preferenze si taglia il legame tra gli eletti e il territorio, si limita la libertà stessa dei parlamentari, sempre più servili verso il "capo" che spartisce i posti, li conferma o li fa sparire con un sol tratto di penna.
Lo sbarramento elettorale, si dice, lo si fa per ridurre il numero dei partiti e favorire la stabilità dei Governi. Giusto, ma il salto da una miriade di partiti e partitini a due soltanto ci pare un’eccessiva (e pericolosa) semplificazione.
A pensar male si fa peccato, ma non sarà che si vogliano regolare conti personali (ovvero, “vendicarsi”) con l’Udc di Casini, il “traditore”, o si tema che gli amici di An, più organizzati sul territorio, portino in Europa più deputati di Forza Italia? Che è come dire: dagli amici mi salvi Iddio!
Sul Corriere della Sera, Massimo Franco ha scritto che il progetto di Berlusconi è «trasformare la coalizione di Governo da maggioranza relativa in maggioranza assoluta nel Paese». Progetto legittimo, purché lo si raggiunga senza “forzare” le regole o riesumare Acerbo e la legge del 1923. Col fuoco non si scherza. Le leggi elettorali vanno scritte insieme: devono essere valide per tutti, non soggette a interessi di parte o personali.
Quando non si riconosce il ruolo dell’opposizione (e il suo leader viene definito «inesistente»), quando si toglie autonomia al potere giudiziario, quando l’opinione pubblica (addomesticata o narcotizzata, grazie al controllo dei media) non è più in grado di effettuare un costante controllo sulle scelte politiche, ci si avvia – come dice il sociologo Campanini – a una semi-democrazia, a un processo degenerativo che svuota il Parlamento delle sue funzioni, sulla scia della Russia di Putin o del Venezuela di Chavez.
Ri-lettura suggerita da Aldemaro Toni
Direttore di Erba d'Arno
Da Famiglia Cristiana n. 36, 2008