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Valentina Chiara Santi. Reportage Filippine
21 Settembre 2008
 

Meta insolita
ma sorprendente:
le Filippine

 

16 – 30 Marzo 2007

 

Sedetevi comodi sulla poltrona, prendete tutto quello che vi serve: occhiali, tè, biscotti o quello che più preferite e preparatevi alla lettura di un reportage lungo e ricco che vi porterà alla scoperta di alcune isole che compongono l’arcipelago delle Filippine. Il racconto del mio viaggio si dividerà in due parti: nella prima parte parlerò di Manila e dintorni, nella seconda dell’isola di Cebù.

Le Filippine sono uno stato del sud-est asiatico, situato su un arcipelago nell’Oceano Pacifico. Sono composte da più di 7.000 isole di cui solo 2.000 abitate. Le isole possono essere divise in tre grandi regioni: Luzon (dove si trova la capitale Manila), Visayas e Mindanao.

Il nostro viaggio parte dall’aeroporto di Milano Malpensa, le compagnie aeree che effettuano viaggi verso le Filippine sono molte, la maggior parte di esse fanno scalo in aeroporti degli Emirati Arabi oppure Asiatici, ma anche in Europa come Lufthansa; noi abbiamo scelto di volare con la Qatar Airlines; questa compagnia fa scalo a Doha, in Qatar, e prosegue poi il volo per Manila.

 

 

PRIMA PARTE. MANILA E DINTORNI

 

Il mio viaggio oltre ad essere di divertimento è stato anche un’occasione per andare a trovare dei cugini di mio papà che da anni vivono lì: uno nella capitale Manila e l’altro sull’isola di Cebù; il fatto di aver potuto visitare il luogo con due persone che vi risiedono è stato sicuramente un vantaggio perché abbiamo potuto vedere cose al di fuori dei soliti itinerari. Siamo partiti in gruppo, o meglio gruppetto, i miei genitori, una coppia di amici ed io (sfruttata per la conoscenza dell’inglese!).

Il volo è la cosa più lunga e noiosa, sono circa 18 ore di volo più le ore di attesa negli scali, quindi portatevi parole crociate, libri, mp3, ecc.

La nostra visita è iniziata dalla città di Manila e dei suoi dintorni. Manila è una città che non dorme mai: per le strade ci sono sempre macchine, motorini, biciclette, persone, “mezzi pubblici” di ogni genere, nella fattispecie da autobus “fai da te” aerografati, che non sono altro che vecchi veicoli portati dai giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale, ai tricycle, ciclomotori con una cabina passeggeri: come tutte le città asiatiche sembra un vero e proprio formicaio. Il nostro hotel (“Heritage Hotel”) si trovava in una zona abbastanza centrale, Pasay City, a pochi minuti da uno dei boulevard principali (Roxas Boulevard), dal porto turistico di Manila e dal centro commerciale Mall of Asia il terzo più grande al mondo; è vero di centri commerciali ce ne sono molti in Italia e non si va dall’altra parte del mondo per visitarne altri, ma vale veramente la pena entrare almeno in uno di questi perché sono delle città nelle città (ci si può anche perdere!).

Il primo giorno lo passiamo in giro per Manila, visitiamo ciò che rimane della vecchia città spagnola Intramuros, in quanto le Filippine sino al 1898 sono state una colonia della Spagna. A testimonianza dei colonizzatori europei rimangono solo alcune delle mura della cittadella, delle chiese (dimostrazione della grande fede cattolica della maggior parte della popolazione filippina; solo nella regione di Mindanao la maggioranza delle persone è di credo musulmano), e dei palazzi in stile coloniale (non mancano neanche nel centro storico le baraccopoli presenti ovunque). Sulla strada per arrivare ad Intramuros si può vedere il “Manila Hotel”: è l’hotel più famoso, più vecchio e più elegante della capitale, aperto nel 1912 fu anche la residenza del Generale americano Douglas MacArthur, durante la Guerra del Pacifico. La nostra visita prosegue con un giro per la China Town filippina, dove c’è un enorme mercato in cui si può trovare di tutto, soprattutto alimentari: frutta, verdura, pesce e carne. Gli odori (cattivi per la maggior parte) sono indescrivibili (provare per credere!), l’igiene non è la prima regola (una signora stava tagliando le unghie dei piedi al figlio proprio vicino al suo banco di pesce essiccato), però non potete perdere questo spettacolo. In questo quartiere si può visitare la Chiesa della Madonna Nera, molto venerata dagli abitanti di Manila. Proprio nelle vie dove si svolge il mercato si trova un negozio di manifattura e arte filippina il Balikbayn Handicraft: dove potete trovare souvenir tipici (famose sono le perle filippine) a prezzi economici e soprattutto “Made in Philippines”!

Immancabile un giro serale per la Baia di Manila a bordo di un battello, c’è anche la possibilità di cenare sull’imbarcazione. La navigazione dura circa un paio d’ore ed è accompagnata da musica dal vivo si vedono tutto il lungomare e i grattacieli illuminati della capitale. La musica è onnipresente nelle Filippine, più che la musica il caos, ai filippini non piace il silenzio e i vari locali e bar fanno a gara per recuperare clienti a suon di decibel. Il quartiere più famoso di Manila è Makati, è la zona signorile e centro economico della capitale, ci sono: grattacieli, appartamenti eleganti, hotel, ristoranti e centri commerciali (il più famoso è il Glorieta).

Manila non offre molto da vedere quindi nei giorni successivi ci siamo spostati nei dintorni della capitale. Gli spostamenti sono stati tutti effettuati con mezzi privati (i nostri parenti ci hanno fornito un macchinone in stile americano e un autista), i mezzi pubblici non sono molto efficienti e per i collegamenti tra le città quasi assenti. Il secondo giorno ci siamo recati alle Pagsanjan Falls, a tre ore di macchina da Manila nella cittadina di Pagsanjan, dove c’è la possibilità di fare un’escursione di carattere naturalistico. Le Pagsanjan Falls sono delle cascate raggiungibili via fiume su delle canoe che navigano attraverso un canyon. Noi per l’escursione ci siamo recati al “Rapid Hotel”, un hotel che offre la possibilità del noleggio delle canoe con due guide per imbarcazione, su ogni barca possono salire 2/3 persone; la navigazione attraverso il fiume e qualche rapida dura all’incirca 3 ore tra andata e ritorno. Nel primo tratto del “viaggio” sulle rive del fiume si possono vedere abitazioni, animali e persone che fanno il bagno o il bucato, mano a mano che si prosegue si viene avvolti da una natura lussureggiante e imponente, ci sono fiori e piante magnifici che ricoprono interamente le pareti del canyon. Alla fine della gola si arriva alle cascate che alimentano il fiume, sono alte 300 piedi (all’incirca 92 metri), i barcaioli ti fanno scendere dalla canoa e ti fanno sedere su una piccola zattera per passare sotto la cascata e entrare nella piccola grotta dietro il getto d’acqua, l’acqua da 92 metri fa un po’ male, però non ci si può perdere lo spettacolo dei giapponesi tutti imbacuccati, con tanto di guanti e ombrello, che non vogliono bagnarsi.

Il terzo giorno accompagnati dai nostri cugini, che dovevano vedere alcuni terreni vicino Manila, ci siamo recati nella città di Tagaytay: si trova a due ore di macchina da Manila, lì i filippini che se lo possono permettere comprano la casa per le vacanze, in quanto la cittadina è in una posizione collinare ed è più fresca e ventilata rispetto al clima afoso della capitale; si può inoltre vedere il lago Taal, è un bacino di origine vulcanica, al cui interno si trova ancora l’omonimo vulcano ancora attivo. Purtroppo quel giorno c’erano un po’ di nuvole e la visuale non era delle migliori.

Il giorno successivo, di buon ora, ci siamo recati al porto turistico dove avevamo precedentemente prenotato l’escursione all’isola del Corregidor. L’isola del Corregidor si trova all’imbocco della baia di Manila, fu usata come punto strategico di difesa prima dagli spagnoli e poi dagli americani durante la Seconda Guerra Mondiale. Con un battello veloce si raggiunge il porto dell’isola in un’ora, poi si viene divisi in gruppi in base alla lingua parlata (inglese o giapponese) e si sale su dei pullman che hanno le fattezze di tram (simili a quelli della città di San Francisco) che riproducono esattamente i mezzi di trasporto usati dai soldati americani e filippini per spostarsi da una parte all’altra dell’isola. Il Corregidor è stato lo scenario nel 1941 di una grande battaglia tra gli americani guidati dal generale Mac Arthur e l’esercito giapponese di Masaharu Homma, vinsero i giapponesi perchè tesero un’imboscata aerea all’esercito americano e agli alleati filippini che invece si aspettavano un attacco via mare; dopo la sconfitta americani e filippini abbandonarono l’isola per poi riconquistarla nel 1945. L’isola venne poi abbandonata e in seguito recuperata dalla fondazione del Corregidor per la memoria della Seconda Guerra Mondiale nel Pacifico. Sull’isola si possono vedere i resti degli alloggi, degli uffici e degli armamenti dei vari eserciti coinvolti nella battaglia, vi è inoltre il “Pacific War Memorial” costruito nel 1968 per onorare i morti americani e filippini; si può anche visitare il Malinta Tunnel, un bunker sotterraneo usato come ospedale e come magazzino per le armi, venne adottato come rifugio per il presidente filippino Quezon e per il Generale Mac Arthur, all’interno del tunnel è stato ricreato uno spettacolo con luci e suoni che racconta le fasi dello scontro. C’è anche la possibilità di alloggiare per una notte nell’unico hotel dell’isola, per il rispetto dei morti di tutte le fazioni coinvolte nel conflitto sull’isola non esistono né negozi né ristoranti, i souvenir si possono acquistare o sul “pullman-tram” o nell’hotel dove si va a pranzare. Qui termina la prima parte del mio racconto, nella seconda parte parlerò della visita all’isola di Cebù.

 

 

SECONDA PARTE. L’ISOLA DI CEBÙ

 

Dopo la visita della capitale ci siamo spostati sull’isola di Cebù, è ad un’ora d’aereo da Manila, noi abbiamo preso un volo interno della compagnia di bandiera delle Filippine: la Philippine Airlines.

L’aeroporto di Cebù si trova sull’isola di Mactan, che è collegata a Cebù attraverso un ponte. L’hotel l’aveva prenotato nostro cugino che risiede in quest’isola, il “Montebello Villa”, non è un 5 stelle come quello di Manila però è pulito e accogliente.

Cebù è famosa per due cose: Ferdinando Magellano e il Santo Niño.

Ferdinando Magellano, famoso conquistatore portoghese al servizio della corona spagnola, nel 1521 durante il suo viaggio di circumnavigazione della terra venne ucciso insieme ad alcuni dei suoi marinai sull’isola di Mactan dal capotribù Lapu Lapu. A testimonianza di questa esplorazione rimane la croce di Magellano davanti all’ingresso della Basilica del Santo Niño di Cebù, i conquistadores spagnoli hanno imposto nelle isole la religione cattolica, ancora oggi è la fede maggioritaria, anzi, i filippini sono fedeli molto devoti. Inoltre nella baia di Mactan, nel luogo esatto in cui Lapu Lapu tese l’agguato mortale a Ferdinando Magellano, è stato costruito un parco con al centro la statua del guerriero.

L’altra attrazione di Cebù-City è la Basilica del Santo Niño, è una chiesa in cui è custodita la statua di Gesù Bambino, è molto venerato e i fedeli chiedono miracoli e intercessioni per loro e per i loro cari. La statua del Santo Niño si può trovare anche in altre città del mondo come per esempio Praga e Città del Messico. Noi siamo andati lì di domenica e quasi quasi non si riusciva a camminare dalla gente che c’era, in questo giorno festivo le messe celebrate arrivano ad essere anche sette al giorno, se vi capita di andarci proprio di domenica nostro cugino suggerisce di andare verso l’ora di pranzo perché tutti, richiamati dai morsi della fame, si ritirano nelle loro abitazioni e nella Basilica regna il silenzio. Con pochi pesos (la moneta locale), si può visitare il museo della Basilica e del Santo Niño, dove si può seguire la storia della costruzione della Chiesa e vedere alcuni dei vestiti del corredo della statua di Gesù Bambino. Oltre a queste attrazioni principali si possono visitare alcuni templi taoisti: non so se è la suggestione, ma in questi luoghi si prova un enorme senso di pace e tranquillità. Con la macchina si può salire sino ad un belvedere dal quale si vede dall’alto Cebù-City, Mactan e tutta la baia dell’isola.

Interrompiamo un attimo il nostro racconto per parlare un po’ di cucina, il bello delle Filippine, ma questo vale anche per tutto il resto dell’Asia, è che si possono assaggiare tutti i tipi di cucina che si desidera: da quella locale a quella tedesca, ma soprattutto quella asiatica in genere. Io ho provato quella tipica filippina, sia quella del ristorante a cinque stelle sia quella dei ristoranti frequentati dai filippini stessi, quella cinese (che non ha nulla a che vedere con quella che si trova in Italia) e da buona Italiana un ristorante italiano, (avrei tanto voluto provare la cucina giapponese ma il ristorante consigliato aveva chiuso i battenti). La cucina filippina è composta per la maggior parte da piatti unici, accompagnati dall’immancabile riso al vapore, usano molto il pesce e la carne di maiale. Non fatevi mai mancare un piatto di frutta mista alla fine di ogni pasto: la frutta è deliziosa e ha un sapore paradisiaco, soprattutto i manghi gialli delle Filippine (se via capita fermatevi alle bancarelle di frutta lungo le strade e mangiate il vero cocco, che difficile da credere, è molle e non duro come quello che si trova a casa nostra, quello che mangiamo noi è ormai in via di decomposizione dopo il viaggio che fa per arrivare in Italia, mentre il vero cocco è tenero). Oltre alle bancarelle di frutta, lungo le strade si trovano baracchini che cucinano qualsiasi tipo di cucina. L’unica pecca è che ai filippini piace molto il sapore dolce e quindi a volte “rovinano” le pietanze con salse e salsine dolciastre (in alcuni ristoranti, se si chiede, cucinano senza l’aggiunta d’intingoli zuccherini). Qui farò qualche nome di ristorante provato lungo il nostro peregrinare per le Filippine:

  • A Manila se volete mangiare in un locale raffinato c’è lo “Zamboanga Restaurant” (1619 M. Adriatico Street, Manila) alla sera fanno anche uno spettacolo che racconta della storia delle Isole, alla fine invitano anche il pubblico a salire sul palco per ballare.

  • Sempre a Manila il ristorante cinese “Emerald Garden”, ottimi i frutti di mare e la zuppa di pinne di pesce cane. Si trova sul lungo mare (1170 Roxas Blvd., Eremita) ed è molto frequentato da famiglie di origine cinese.

  • A Cebù all’interno dell'SM Mall, si mangia tipicamente filippino al “Golden Cowrie”: le pietanze vengono servite su foglie di banana, non ci sono piatti, (le posate sì!) si possono mangiare degli ottimi involtini di carne avvolti in foglie di banana, la crispy pata ovvero lo stinco di maiale impanato, bastoncini di tonno fritto e molte altre cose il tutto accompagnato da riso al vapore a volontà, che viene servito direttamente sulla foglia di banana da alcuni camerieri che passano tra i tavoli con un cestello a tracolla che contiene il riso.

  • Sull’isola di Mactan vicino al memoriale del guerriero Lapu Lapu, c’è il ristorante del pesce (non adatto agli schizzinosi!), su un bancone viene esposto il pesce fresco pescato in giornata e viene poi cucinato come si preferisce, si possono prendere anche verdura e frutta, ovviamente con riso in accompagnamento. Ci si accomoda su lunghi tavoloni, può capitare che ci si sieda con persone che non si conoscono, stoviglie e posate sono una diversa dall’altra, però il pesce è cucinato in maniera divina. Se vi capita assaggiate l’insalata di alghe di mare! (non è un posto turistico ed è frequentato per la maggioranza da locali, infatti se non ci avesse portato nostro cugino, da soli non l’avremmo mai scoperto).

  • Sull’isola di Cebù, c’è “Goodie’s”, locale frequentato da gente del posto, anche lì si scelgono o pesce o carne e come cucinarli, è un pochino più elegante del mercato del pesce ma non aspettatevi il ristorante del Grand Hotel… l’importante però è che si mangi bene!

  • Purtroppo le ultime notizie di mio cugino dicono che il ristorante italiano “Brescia” ha ceduto l’attività ad una nota catena di ristoranti italiani a Cebù: “Alfredo’s”, il cui proprietario però ha adattato la cucina italiana ai gusti filippini, quindi non è molto consigliato. Mentre il ristorante “Brescia”, di proprietà di un signore appunto bresciano trasferitosi nelle Filippine, era di ottima qualità: salumi importati e pizza cotta nel forno a legna e molti altri piatti, salati e dolci, gustosissimi. Importava anche, a temperatura controllata con contenitori appositi, molti vini tenuti poi in una cella frigorifera in grado di riprodurre una temperatura simile a quella delle nostre cantine per vini in modo da proteggere le bottiglie dal caldo afoso filippino.

 

Chiusa questa parentesi culinaria riprendiamo il nostro racconto. Dopo la visita a Cebù-City ci siamo spostati per qualche giorno di relax nella località turistica di Moal-Boal, a due ore e mezza di macchina da Cebù-City. Abbiamo alloggiato al “Sampaguita Resort” (per informazioni potete visitare il sito www.sampaguitaresort.com), un piccolo villaggio gestito da un signore italiano, che si è trasferito a Cebù da molti anni, famoso tra il popolo dei divers. Gli alloggi sono vere e proprie capanne in legno e paglia (io nella mia stanza avevo il tronco di una palma), è tutto molto spartano però è pulito e si mangia molto bene, a mezzogiorno si sta leggeri ma alla sera fanno ben due tipi di pasta che non ha nulla a che invidiare a quella cucinata in Italia. Il villaggio è in aperta campagna, al mattino si viene svegliati dal canto dei galli e alla sera si vede un cielo stellato bellissimo. Per gli appassionati di immersioni questo è il posto ideale: c’è un diving attrezzato, si esce due volte al giorno con una guida e con una barca tipica filippina (la Bangkas) che porta sino a 20 persone, c’è la possibilità di fare un’immersione notturna partendo direttamente dal molo del resort. Il punto d’immersione più ambito e famoso è Pescador Island, dove se si è fortunati si posso vedere mante e squali balena. Essendo in possesso di due brevetti per attività subacquee non potevo lasciarmi sfuggire quest’occasione: quello che si vede là sotto è indescrivibile e inimmaginabile! Per chi invece non fa immersioni c’è l’opportunità di visitare il mercato di Moal-Boal, dove abbiamo acquistato dei deliziosi manghi, il giardino botanico con numerose specie di orchidee, il villaggio di Panagsama, la White Beach (in italiano sabbia bianca) e il Coliseum, a Moal Boal non esistono taxi e ci si sposta a bordo dei tricycle. Il Coliseum è un “gallodromo”, ovvero un’arena dove si svolgono combattimenti tra galli con relative scommesse; i combattimenti di galli sono lo sport nazionale, ogni famiglia ne possiede uno e lo accudisce, come un figlio, per farlo gareggiare. Io personalmente non ho assistito perché trovo questa usanza una crudeltà, i miei genitori e la coppia di amici sono andati a vedere e dai loro racconti emerge che il fattore di maggior importanza non è tanto la gara tra i due pennuti ma tutto il giro di scommesse che c’è dietro. I combattimenti durano pochi minuti e il povero gallo che ha la peggio viene spennato, “insacchettato” e dato al padrone: pronto per essere mangiato!

Il nostro viaggio termina qui. Ci sarebbe voluto molto più tempo per andare a visitare qualche altra isola o località famosa, come Boracay o Bohol con le sue Chocolate Hills, anche se questo può essere spunto per l’organizzazione di un altro viaggio in queste isole ancora poche conosciute dai turisti ma che riservano tante sorprese.

 

Valentina Chiara Santi



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