Nell’ambito del progetto: Arte per gli istituti tecnici, presentiamo il percorso tematico “Romanzi e pittura di storia” realizzato dagli studenti del biennio dell’ITIS “A. Meucci” di Firenze nell’anno scolastico 2000-02. E che è probabile possa ispirare altre scuole con studenti e docenti interessati.
Il lavoro è frutto dell’impegno di un gruppo di ragazzi, desiderosi di sperimentare un nuovo metodo di studio, basato anche sulla conoscenza dell’Arte, e di Ambra Banelli che ha curato il percorso relativo alle scene dei Promessi sposi nella Palazzina della Meridiana di Palazzo Pitti.
Ogni utilizzo di “Romanzi e pittura di storia” deve contemplare la citazione e della testata del giornale on line Tellusfolio e dell’istituto.
Anna Lanzetta
Romanzi e pittura di storia
Seguendo la lezione del Prof. Carlo Sisi, Direttore della Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, sul tema “Romanzi e pittura di storia”, ci ha incuriosito il suo modo di correlare il linguaggio storico-letterario con quello artistico e siamo stati perciò sollecitati a svolgere un lavoro innovativo, sul piano metodologico, che ci consentisse di studiare lo sviluppo del romanzo dal secondo Settecento al primo Ottocento, attraverso il linguaggio pittorico e quello letterario.
A stimolarci in questo tipo di lavoro, è stata la lettura del romanzo I Promessi sposi, considerata la fortuna che esso ha avuto anche nella pittura. Perché, ci siamo chiesti, non studiarlo anche con altre forme espressive?
Abbiamo iniziato così il nostro percorso, utilizzando come prime indicazioni le preconoscenze acquisite negli studi precedenti, le lezioni che il Prof. Sisi ha tenuto a scuola e nella nostra classe e la sua pubblicazione: Galleria d’arte moderna di palazzo Pitti Romanzi e pittura di storia, a cura di Carlo Sisi, Sezione didattica degli Uffizi.
Indagine sul romanzo storico
Il romanzo storico nacque e si sviluppò in Inghilterra e in Scozia ad opera di Walter Scott (1771-1832).
Nel 1814 egli pubblicò Waverley, un romanzo ambientato nella Scozia del primo Settecento, che parla dello scontro tra alcuni clan scozzesi e il mondo industriale e commerciale, che stava sorgendo in Inghilterra.
Questo romanzo ebbe molto successo e Scott ne scrisse altri: Guy Mannering (1815) e L’Antiquario (1816) ma il romanzo che ebbe più successo fu senz’altro Ivanhoe, pubblicato nel 1819, ambientato nell’Inghilterra del XII secolo, all’epoca di Riccardo Cuor di Leone. Esso tratta il tema tipico dei poemi cavallereschi, ovvero lo scontro tra cavalieri buoni e cattivi ed è ambientato nel periodo delle crociate.
Ivanhoe è un cavaliere sassone al servizio del re normanno Riccardo che, per le sue azioni contro gli usurpatori del potere, diviene il simbolo del concetto di nazione e di libertà.
Nel brano Il torneo, tratto dalle pagine conclusive dell’episodio del grande torneo di Ashby (cap. XII), il tema principale è la lotta tra il protagonista, che difende i poveri e la giustizia e l’antagonista, simbolo del male e dell’ingiustizia. In esso Scott mescola realtà e fantasia, inserisce personaggi reali, come Riccardo Cuor di Leone, e personaggi inventati come Robin Hood e lo stesso Ivanhoe; partecipa ai fatti che narra, dà spiegazioni ed esprime giudizi su avvenimenti e personaggi; si documenta sia per trattare il succedersi degli avvenimenti sia per parlare degli usi e dei costumi del tempo; guarda al Medioevo dal quale prende l’uso di topoi quali: il castello, la foresta (di tono romantico), elmi e spade (tipici dei poemi epici), il torneo, l’assedio, il rapimento, la stregoneria per la quale viene condannata a morte Rebecca una fanciulla ebrea e il giudizio di Dio, una prova di coraggio che consisteva nel passare indenni attraverso il fuoco.
Questa lettura ci ha dato l’occasione di parlare del Campione, un cavaliere fedele all’onore, al proprio re e a Dio come Lancillotto e i Cavalieri della Tavola Rotonda; dei Templari, ordine religioso fortissimo e violento e infine del brigante gentiluomo, cioè di colui che combatte per la libertà, per i poveri e per gli oppressi come Robin Hood.
I romanzi di Scott erano avvincenti e per questo ebbero molto successo e diedero inizio in tutta Europa alla moda del romanzo storico.
Gli elementi che caratterizzavano questo genere erano le peripezie amorose e l’ambientazione in epoche storiche passate e ricostruite con particolari scenografici.
La vicenda, i personaggi e l’ambientazione storica erano collegati.
Lo scrittore sceglieva una vicenda ambientata in un passato, non troppo vicino al presente, per avere la possibilità di creare la trama, definire i personaggi e strutturare l’intreccio liberamente.
Spesso infatti i personaggi erano frutto della sua fantasia, come saranno:Renzo, Lucia, frate Cristoforo e don Abbondio dei Promessi sposi. Questo era importante perché gli consentiva di esprimere un suo punto di vista, anche diverso da quello di altri storiografi e di parlare di vicende umane con sentimento ed emozioni.
Che cosa è dunque il vero storico e il vero-simile?
Il vero storico indica fatti veri e il vero-simile fatti inventati ma simili al vero, concetti che riprenderemo nel corso del nostro lavoro.
Questo breve percorso ci è stato utile per definire il concetto di romanzo e capirne la funzione.
Il romanzo è un genere letterario, di carattere narrativo in prosa, che narra una storia, una vicenda umana che ha una trama e un intreccio; è un utile strumento per rapportarci a una realtà del passato, per comprenderla e interpretarla.
Da quanto abbiamo detto, appare chiaro che il romanzo storico italiano subì gli influssi dei generi romanzeschi quali il gotico e lo storico, ma nell’Ottocento diventò uno strumento, per istruire e educare il popolo e fu strettamente collegato alla storia intesa come mezzo, per ripercorrere le tappe del nostro passato, coglierne i valori sociali e morali e riutilizzarli con finalità esemplificative e formative.
Il romanzo storico si caratterizzò per la forma romanzesca, basata sullo sviluppo degli avvenimenti e per la tematica storica, utilizzata come sfondo su cui sviluppare la storia.
Il romanzo di Alessandro Manzoni I Promessi Sposi, punto principale del nostro lavoro, fu uno dei primi romanzi storici pubblicato in Italia e determinò l’espansione in tutto il paese di questo genere.
Il romanzo si svolge in un paesino del comasco e racconta la storia di due giovani, Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, che si amano e vorrebbero sposarsi ma non possono, perché Don Rodrigo, un signorotto locale, glielo impedisce e soltanto dopo molte peripezie i due giovani riusciranno con l’aiuto della Provvidenza a coronare il loro sogno d’amore.
Manzoni scrisse I Promessi sposi per educare il popolo e sensibilizzarlo alla lotta contro l’Austria per la conquista dell’indipendenza.
Precedentemente egli aveva scritto il romanzo Fermo e Lucia , che però rifiutò, perché, secondo lui era troppo violento e tendente al gotico.
Per questa sua scelta fu criticato da alcuni scrittori italiani che invece erano stati influenzati dal genere gotico, primo fra tutti Guerrazzi.
Manzoni in seguito rifiuterà anche I Promessi Sposi, perché il tipo di romanzo che egli aveva in mente di scrivere era completamente diverso da quello che poi sviluppò; infatti voleva scrivere un romanzo vero-storico, in cui le vicende narrate fossero realmente accadute e che il romanzo acquistasse l’aspetto di una cronaca , invece I Promessi Sposi aveva le caratteristiche di un romanzo verosimile, dove vicende reali si mescolavano a vicende fantastiche.
Dopo questa breve parentesi aperta sul romanzo, ci soffermiamo ora sugli scrittori.
Francesco Domenico Guerrazzi
Autore di romanzi storici fu Francesco Domenico Guerrazzi, nato a Livorno nel 1804 e morto a Cecina nel 1873. Laureatosi nel 1825 in giurisprudenza a Pisa, si dedicò all’avvocatura. Entrato a far parte della Giovine Italia (associazione politica fondata da Giuseppe Mazzini) fondò il giornale L’indicatore livornese, portavoce delle sue idee che gli costarono il confino a Montepulciano (1830) e il carcere a Portoferraio sino al 1834. Fu magistrato nel governo provvisorio a Firenze durante i moti del 1848/49, ma al ritorno del granduca venne condannato all’ergastolo, condanna che fu modificata nell’esilio in Corsica, dove rimase fino al 1856. Nel 1860 fu eletto deputato e si oppose alla politica della destra.
I suoi romanzi: La battaglia di Benevento, 1827; L’assedio di Firenze, 1836 e Beatrice Cenci, 1854, rievocano fatti minori della storia italiana. Essi risentono dell’influsso del genere gotico, infatti sono caratterizzati da temi lugubri, da fatti sanguinosi e violenti e da situazioni misteriose, tipiche del romanzo del terrore.
La battaglia di Benevento è il racconto della discesa in Italia di Carlo d’Angiò, duca di Provenza (1264), per cingervi la corona di Sicilia a danno di Manfredi di Svevia, su invito del papa Clemente IV e dei baroni napoletani.
Il brano che abbiamo scelto (cap. XXIX La vendetta) si riferisce alla morte di Manfredi, al momento in cui il conte di Caserta, una delle tante persone da lui raggirate, coperto da una tonaca di panno nero, per non farsi riconoscere, assiste alla sua morte, per placare la propria sete di vendetta.
La rappresentazione è molto scenografica e l’ambientazione è gotica. La situazione è drammatica, i toni sono cupi e violenti, tipici del romanzo nero che era molto diffuso, perché piaceva ai lettori.
Chi era Manfredi?
…Io son Manfredi
nepote di Costanza imperadrice…
Poscia ch’io ebbi rotta la persona
di due punte mortali, io mi rendei
piangendo a Quei che volentier perdona.
Orribili furo i peccati miei…
L’ossa del corpo mio sarieno ancora
in cò del ponte, presso a Benevento.
(Dante, Purgatorio, III, 112 segg.)
Guerrazzi, nel romanzo L’assedio di Firenze parla della perdita di libertà di Firenze avvenuta nel 1530. Il 14 ottobre 1529, le truppe imperiali di Carlo V, che, a Bologna aveva promesso al papa Clemente VII di riconquistare la città fiorentina per i Medici, posero l’assedio a Firenze. La città resistette eroicamente per quasi un anno e fu presa soltanto per il tradimento di Malatesta Baglioni.
Guerrazzi si sofferma su una delle battaglie più importanti: quella di Gavinana, e sulla morte di Francesco Ferrucci (1489-1530), capitano fiorentino, difensore della repubblica di Firenze contro gli imperiali; si racconta che egli, mortalmente ferito, dicesse a Maramaldo, (capitano di ventura calabrese al servizio degli spagnoli), che infieriva su di lui, le famose parole –Maramaldo, tu uccidi un uomo morto–.
Del cap. XXXVI abbiamo letto un passo in cui si parla del processo e della decapitazione di Lorenzo Soderini e in cui è messa bene in evidenza la sorte che tocca ai traditori della patria.
La descrizione è cupa e violenta; essa si riferisce al momento in cui Lorenzo, presso il patibolo, abbandonato da tutti, incontra la propria madre, che, pur ritenendolo colpevole di tradimento, resta con lui fino al momento della morte, morendo subito dopo, anche lei di dolore.
L’episodio si presenta molto drammatico ed esprime in modo efficace lo stile di Guerrazzi.
Il personaggio di Francesco Ferrucci si contrappone a quello di Lorenzo Soderini perché il primo rappresenta l’eroismo di colui che combatte e muore per la patria, il secondo invece il tradimento e il disonore.
Il romanzo Beatrice Cenci si presenta come un fatto di cronaca ed è tratto da una storia vera: Beatrice Cenci (1577-1599), nobile romana, segregata dal padre con i fratelli e la matrigna nella Rocca della Pedrella, lo fa uccidere con la complicità del fratello Giacomo e dell’amante Olimpio Calvetti, simulandone il suicidio. Sorti dei sospetti, il papa Clemente VIII fa condurre la famiglia a Roma e, dopo un processo che riconosce la colpevolezza di tutti i membri, li condanna a morte.
Beatrice Cenci fu trasformata dal popolo in un’eroina che la credette innocente e accusò il papa di aver provocato la dura condanna, per impossessarsi dei beni della famiglia.
La storia suscitò molto interesse e fu ripresa nell’Ottocento anche da Stendhal e Dumas.
Il brano che abbiamo letto parla del sequestro del conte Francesco Cenci, che cade in un’imboscata di alcuni briganti durante il tragitto verso la Rocca della Pedrella (Cap. XIX).
In questo brano, abbiamo notato che Guerrazzi, pur ritenendosi un anti-manzoniano, utilizza, nella parte iniziale, una descrizione molto simile a quella fatta da Manzoni a proposito del castello dell’Innominato e in ambedue abbiamo colto l’influsso del romanzo gotico.
Tommaso Grossi
Esponente del romanzo storico fu anche Tommaso Grossi (Bellano 1790-Milano 1853).
Poeta e romanziere, si laureò in legge, svolse l’attività di notaio dal 1838 e fu lui a rogare, nel 1848, dopo le cinque giornate di Milano, l’atto di annessione della Lombardia al Piemonte. Di idee liberali, operò nell’ambiente politico e culturale milanese e fu amico di A. Manzoni.
Scrisse il poema eroico I lombardi alla prima crociata (1826), e il romanzo storico Marco Visconti (1834).
Marco Visconti, signore di Milano, vuole impedire le nozze di Bice, fanciulla innocente di sedici anni, con il giovane Ottorino. Le nozze però avvengono, ma il rapimento di Bice trasforma la vicenda in dramma e il romanzo si conclude con la morte della protagonista.
La storia è simile a quella di Manzoni, ma con alcune differenze: i protagonisti appartengono all’aristocrazia e il modo di raccontare dell’autore è triste e patetico. Egli si sofferma molto sulle vicende, tralasciando l’approfondimento psicologico dei personaggi ed usa un lessico che, per la presenza di termini antiquati e tipici del romanzo gotico, non sempre è accessibile.
Nel brano che abbiamo letto (tratto dai capitoli XXIII e XXIV), è descritto il rapimento di Bice: la giovane dovrebbe recarsi a Castelletto Ticino, in una proprietà dello sposo ma, con un inganno, di cui si accorgerà troppo tardi, è condotta al castello di Rosate, residenza di Marco Visconti. Il rapimento è organizzato, a sua insaputa, da due suoi alleati, per favorirlo.
I romanzi di Tommaso Grossi risentono dell’influsso del romanzo storico e come questo parlano in tutto o in parte di avvenimenti storici realmente accaduti.
Leggendo e confrontando questi romanzi, abbiamo riscontrato negli autori alcune differenze sia nel modo di scrivere che nel trattare gli argomenti: T. Grossi, amico di Manzoni, fu più vicino al suo stile, Guerrazzi invece non appoggiò lo stile manzoniano e, mentre Manzoni utilizzò il dialetto fiorentino, ritenuto più accessibile al popolo, egli attinse alla lingua del Trecento e si espresse con uno stile arcaico e prolisso.
Leggendo i tre brani Il rapimento di Lucia, Il rapimento di Bice e Il rapimento di Francesco Cenci “I fantasmi”, abbiamo notato che il tema è lo stesso, ma trattato in modo diverso: Lucia, ospitata dalla monaca di Monza nel suo convento, viene fatta uscire con un inganno ed è poi rapita dai bravi dell’Innominato con una situazione simile al rapimento di Bice, mentre nel romanzo di Guerrazzi, il conte Cenci viene sequestrato in modo violento, in un’imboscata, organizzata da alcuni briganti.
È chiaro comunque che il tema del rapimento, che tanta presa faceva sui lettori, è uno dei topoi più ricorrenti in questo genere di romanzo.
Durante la lettura di questi brani, abbiamo confrontato il testo letterario con i dipinti che ne raffigurano gli episodi e abbiamo notato che entrambi i linguaggi, sebbene diversi, rappresentano l’avvenimento in modo efficace e chiaramente leggibile: ad esempio la battaglia di Benevento, avvenuta nel 1266, fu ripresa da Guerrazzi nel romanzo La battaglia di Benevento e in pittura da Bezzuoli che ne rappresentò un punto chiave La morte di Manfredi.
La differenza che abbiamo notato tra i due linguaggi è che lo scrittore può trattare periodi relativamente lunghi mentre il pittore deve scegliere il momento principale da rappresentare.
Continua…