È un grave precedente, e necessita di tempestivi provvedimenti, quanto accaduto a Treviso pochi giorni fa ad una ragazza ghanese di 20 anni, immigrata irregolare che, dopo un aborto in un ospedale pubblico, è stata riconosciuta dai funzionari di Polizia in servizio presso la struttura e arrestata per violazione della legge “Bossi-Fini” sull'immigrazione, e verrà espulsa.
Le leggi intolleranti e xenofobe portano irresponsabilità sociale anche ai cittadini italiani. Identificare le persone immigrate dentro le strutture sanitarie per acciuffarle e espellerle induce le donne immigrate irregolari ad abortire clandestinamente, con grave pregiudizio della propria salute e di quella pubblica. Già le statistiche ufficiali ci indicano in aumento il fenomeno degli aborti clandestini fra le immigrate irregolari rispetto ad un trend generale di diminuzione degli aborti.
Ma ancora più grave ciò che potrà accadere nel caso un immigrato clandestino abbia una malattia infettiva: per non essere identificato presso una struttura sanitaria pubblica ed espulso, sarà spinto a non curarsi, col rischio di trasmettere a terzi, anche non clandestini e non immigrati, la medesima infezione.
Come anche sottolineato dal servizio Immigrazione dell'Aduc (associazione per i diritti degli utenti e consumatori) è necessario che anche l'Italia, così come avviene in altri Paesi, non ostacoli l'accesso degli immigrati irregolari nelle strutture sanitarie, come ad esempio negli Usa, dove è vietato dalla legge l'ingresso dei funzionari dell'immigrazione negli ospedali.
Per questo, insieme al senatore Marco Perduca, ho rivolto una interrogazione ai ministri del Lavoro, salute e politiche sociali e al Ministro degli Interni, per chiedere se non si ritenga urgente e opportuno adottare provvedimenti per garantire agli utenti delle strutture sanitarie nel territorio nazionale la non imputabilità per reati contro le leggi sull'immigrazione.
Donatella Poretti
Qui il testo dell'interrogazione