Che cosa accade ad un autore quando vuol pubblicare suoi testi (poesia-narrativa) è intuito da tanti, provato da tantissimi, e risultato di parecchie inchieste, però che un giovane pensasse di ricavarne una specie di viaggio-inchiesta è un’idea brillante, che aggiunge particolari, e a suo modo diventa un’esperienza narrativa. Questo fa Devis Bellucci. E noi lo pubblichiamo volentieri perché riecheggia anche l’impegno di Tellusfolio (giornale on line) e di Tellus annuario di contrastare le gerarchie feudali ed economiche che s’impongono alla creatività. E non parlo soltanto di minuscole case editrici ma anche di collaudate case di poesia e narrativa che pubblicano facendo acquistare copie e poi disinteressandosi del libro. Con l’autore che dovrebbe accontentarsi di essere spedito a una rosa di critici che poi getteranno il suo libro in una scatola che una volta colma sarà indirizzata ai Remainders (ammesso che il critico faccia questo sforzo, sennò sarà carta da macero). Benvenuto in Tellusfolio giovane Devis Bellucci.
Claudio Di Scalzo discalzo@alice.it
Gentile Claudio Di Scalzo di Tellusfolio-Critica della Cultura e Redazione, vi invio questo articolo sul mio viaggio - inchiesta all'interno delle piccole case editrici che pubblicano qualunque testo dietro parcelle vergognose, illudendo gli autori con fiumi di parole. Nel mio caso ho provato ad inviare un “romanzo” inconcludente e scritto in maniera vergognosa, e non avrei avuto problemi a pubblicarlo. Nella seconda parte del lavoro, in tono scherzoso, traccio la strada da imbroccare per pubblicare un romanzo in maniera intelligente, evitando, per quanto possibile, di farsi fregare. Penso che l'argomento possa interessare diversi lettori, visto le decine di mail che ricevo ogni giorno con sinossi di manoscritti “nel cassetto”. Tengo infatti, tra l'altro, uno sportello informativo (ovviamente gratuito) sul web dove rispondo alle domande di autori esordienti disorientati. Pubblicate pure la mia mail autore@devisbellucci.it. Una nota: nell'articolo non cito volutamente i nomi della case editrici in questione. Lo scopo infatti non è quello di denigrare l'editore disonesto, ma di fotografare un mondo che alimenta e si alimenta dei sogni di tanti giovani, spennandoli.
Grazie per l’attenzione e buon lavoro
Devis Bellucci
“Il suo romanzo è roba grossa”
Viaggio – a pagamento – nel mondo dei piccoli editori
Perfetto. Una prosa orribile proprio come l'avevo sempre desiderata. Per vincere l'insicurezza, mi ero dissipato in errori ortografici sodomizzando per bene la lingua di Dante. Ho riletto la storia assicurandomi che fosse banale, sciatta, con una trama imbarazzante sostenuta da un po' di sesso descritto male. In una settimana è nato il mio “Troppo azzurro per il cielo”, storia inconcludente che ho scritto lottando col sonno mentre il correttore di word impazziva.
Dopo una ricerca su internet, ho scelto una ventina di piccole e medie case editrici e ho imbastito (male) una sinossi del mio lavoro, impegnandomi a disporre i congiuntivi come capita. Una porcheria, con almeno un tentativo di plagio. Soddisfatto, ho preparato tutti i plichi e li ho inviati alle case editrici.
La prima casa editrice, milanese, sito internet sontuoso, mi risponde dopo un mese via mail. Mi spiegano che il mio lavoro li ha colpiti. Fin qui, può anche starci. La storia è originale, ben scritta, adatta alla loro linea editoriale. Strano perché nel mio romanzo non accade nulla per le cento pagine della sua durata. Mi offrono un contratto di edizione. Rispondo lusingato, dicendo però che non posso andare sino a Milano in tempi brevi a firmare. Non serve, dicono. Basta inviare la copia del contratto firmata via fax. Ed ecco il contratto: pubblicano il mio lavoro nella loro collana più prestigiosa in cinquecento copie, quattrocento delle quali mi saranno recapitate entro tre mesi. Il tutto per un misero contributo di tremila Euro. Le rimanenti cento copie le avrebbero gestite loro, riservandole a giornalisti, televisioni e ai librai che ne avessero fatto richiesta. Incredulo, esterno i miei dubbi, spiegando che non avrei saputo che farmene di tutte quelle copie, e che senza distribuzione il mio bellissimo romanzo non sarebbe arrivato da nessuna parte. Mi rispondono con una mail sarcastica, il cui succo è “abbassiamo la richiesta a tremila Euro”. Io chiedo perché dovrei pagare se il mio lavoro è così straordinario. Loro rispondono che al giorno d'oggi anche Dostoevskij dovrebbe pagare per veder pubblicato “Delitto e Castigo”, è la prassi, sono loro che mi stanno facendo un regalo.
La seconda proposta arriva una decina di giorni dopo, sempre via mail. Il mio romanzo è giudicato “interessante e dai risvolti inaspettati, piacevole alla lettura, ben orchestrato”. Ne sono felice, mi sento bene per tanti complimenti. Segue proposta di pubblicazione. Mi chiedono duemila Euro e verranno stampate trecento copie, cento per me e le rimanenti per i librai, i giornalisti e compagnia bella. Mi spiegano che anche Pasolini ha dovuto pagare la pubblicazione all'inizio della carriera, figuriamoci Daniele Bartolini, cioè il mio pseudonimo.
“Va bene, ha dovuto pagare. Ma voi avete una distribuzione? Il mio libro avrà il codice ISBN, vero? E finite queste copie, che si fa?”. Mi spiegano che reperire il testo sarà facilissimo anche senza ISBN: basterà telefonare alla casa editrice o mandare una email o un fax. Bello. Peccato che non funzioni così: le librerie si rivolgono ai distributori per gli acquisti e sono i distributori che informano le librerie delle nuove uscite. Così facendo nessuno leggerà mai il mio “Troppo azzurro per il cielo” e avrò buttato via un sacco di soldi. Dall'altra parte nessuno ha più niente da dire.
Avevo visto, su un noto quotidiano nazionale, il bando per un premio letterario i cui vincitori sarebbero stati inseriti su un'antologia. Tra l'altro quel bando esce tuttora, almeno una volta alla settimana e alle spalle c'è una poco nota casa editrice fiorentina. Mandai il mio lavoro e mi risposero dicendo che il romanzo era buono e pieno di spunti di riflessione, ed erano “onorati” di poterlo dare alle stampe. Se avevo pronta una foto per la copertina potevo inviarla, unitamente a un file con la mia biografia, ossia “barista dal 1998 ad oggi”. Naturalmente, seimila Euro per cinquecento copie, nessuna distribuzione e partecipazione a non ben specificati premi e concorsi nazionali. “Questa è la prassi per i piccoli autori, si ritenga fortunato”. Mi sentivo fortunato, ma rifiutai. Ma qualcuno aveva letto le panzanate che avevo scritto?
Così arrivò la chiamata da Viareggio. Per la prima volta il contratto aveva una durata temporale – due anni – e non si esauriva con la consegna delle copie a casa mia. Avrebbero stampato le consuete cinquecento copie – dev'essere una cifra concordata – e mi chiedevano duemila Euro di contributo. Questa volta mi avrebbero lasciato solo trenta copie; le altre erano per le librerie “del circondario” che ne avessero fatto richiesta. Su internet scoprii che la casa editrice distribuiva autonomamente in sei o sette librerie locali e morta lì.
Una piccola rivincita l'ho avuta in giugno, quando mi hanno scritto da Roma. Il mio “Troppo azzurro per il cielo” era una storia “sincera e scritta con passione, ironica e di sicuro impatto, tuttavia...” e qui finalmente Dio esiste “si consiglia un editing migliorativo”, dunque qualcuno aveva dato un'occhiata critica al mio romanzo, scritto coi piedi e forte di una sintassi al confine col dialetto bolognese. Mi proposero di stampare il libro in cinquecento copie – non avrei mai detto – chiedendomi quattromila Euro, cinquemila con l'editing, che restava comunque facoltativo, bontà loro. Anche qui il contratto si esauriva con la pubblicazione, veniva promessa ampia diffusione sui media senza specificare chi e come, e la parola distribuzione era un tipo di protesi dentaria. Ho rifiutato a malincuore, perché l'editore, al telefono, andava dicendomi:“Guardi, si fidi di me. Il suo romanzo è roba grossa. Una ritoccata e andrà alla grande”.
Che cosa fare e non fare
Concludendo, “Troppo azzurro per il cielo” è stato accettato dalla quasi totalità degli editori. E poi ci lamentiamo che è difficile pubblicare se sei sconosciuto. È facile, invece: paghi e ti pubblicano qualunque cosa senza nemmeno leggerla, coprendo il merlo di turno con discorsi barocchi e trascurando l'elemento più importante, ossia la distribuzione dei testi. Un editore senza distributore è poco più di una tipografia, e in tal caso il consiglio è di andare direttamente in una bella tipografia e farsi fare un preventivo. Con poche centinaia di Euro avrete fra le mani le vostre dogmatiche cinquecento copie che potrete regalare a giornalisti, amici e amanti sperando nel colpaccio di fortuna. Esistono, grazie a Dio, alcuni piccoli editori, seri e umili, che non chiedono alcun contributo né in denaro né in copie acquistate, ed è su questi che si deve puntare. I loro libri vengono regolarmente distribuiti sia nelle librerie sia sui grandi portali web. Ebbene, nessuno fra questi editori si è azzardato a propormi la pubblicazione del manoscritto indecente che avevo inviato. L'avevano letto e scartato.
È bene ricordare che se un libro è originale e ben scritto, magari due, tre, venti editori vi diranno di no per questioni di marketing, ma prima o poi troverete qualcuno disposto ad investirci i soldi. Sottolineo, però, le due parole: originale e ben scritto. In tal senso, la prima domanda che deve farsi uno scrittore è “Io leggo?”. Perché per scrivere bene bisogna leggere tanto. Tanta poesia e tanta narrativa. Secondo i propri gusti, per l’amor di Dio, perché leggere è prima di tutto un piacere, ma sulla quantità ci sono ben pochi compromessi. Leggendo si impara il gioco e la musicalità delle parole. Un testo è sempre, infatti, pensiero ed estetica. Solo studiando le parole degli altri si può imparare a tracciare una propria strada.
Supponiamo allora di avere terminato la nostra opera e di essere anche dei grandi lettori. A questo punto il passo successivo. Pochi autori sono buoni critici di se stessi, pertanto è necessaria la fase di revisione. Date il vostro testo in mano a diverse persone perché lo leggano. Gente di cui vi fidate, ovviamente, e se possibile con gusti differenti gli uni dagli altri e anche con basi scolastiche differenti. Prima di inviare il testo alla casa editrice, è bene tutelarsi un minimo dal plagio (ipotesi remota, ma non si sa mai). Per depositare il manoscritto si può optare per la data certa postale, per il deposito fiduciario da un notaio o per il deposito opere inedite presso la Sezione OLAF (Opere Letterarie ed Arti Figurative) della SIAE. La scelta dipende dal vostro budget.
Siamo ora pronti per contattare la casa editrice, consapevoli del fatto che ogni editore a pagamento vi dirà che nessuno pubblicherà mai gratis un autore sconosciuto. Bugiardoni, vi diventa lungo il naso. Per fare una bella scrematura, scriviamo da subito; “Non sono disposto a sostenere la pubblicazione né con un contributo economico né con l’acquisto di copie”. Nel mio caso, nessuno avrebbe pubblicato gratuitamente “Troppo azzurro per il cielo” perché semplicemente fa schifo, a partire dal titolo e dal primo paragrafo, che vi risparmio.
E poi che si fa? Si manda il manoscritto? No, si scrive una sinossi, ossia una presentazione allettante del vostro lavoro che non superi la mezza pagina. Con la sinossi ci si gioca tutto. Si deve capire il tema del romanzo, il suo stile, il target a cui è diretto, ma soprattutto si deve cogliere l’originalità del vostro lavoro. Se la sinossi è scritta male… addio pubblicazione, e ce lo meritiamo. In fondo, chi va in libreria e compra un romanzo che non conosce, che cosa fa? Guarda la copertina (ma voi non ce l’avete ancora, un punto di svantaggio) e legge la quarta di copertina. Io ho letto delle bufale pazzesche con delle quarte di copertina incredibili. Mi hanno fregato, insomma, ma hanno saputo fare il loro lavoro. Scritta la nostra sinossi accattivante, mandiamo una bella email in cui dichiariamo la nostra disponibilità ad inviare il manoscritto completo. Naturalmente, per non far la figura dei perditempo, se stiamo proponendo un “giallo” abbiamo appurato che l'editore in questione pubblica libri gialli.
La distribuzione
Quando e se arrivano le proposte di pubblicazione, ricordiamo la caratteristica più importante che deve avere un editore, ossia la distribuzione. Le librerie non contattano praticamente mai le case editrici. Diffidate se uno vi dice: «Fratello mio, ogni libreria d’Italia potrà contattarci per avere il tuo libro». Diffidate non perché l’editore non sia onesto, anzi è onestissimo. Il problema è che le librerie vanno a fare “la spesa” nei magazzini di distribuzione, e quello che trovano prendono. Ci aggiungete che sono i distributori ad informare le librerie delle novità, e se la casa editrice non ha distribuzione le librerie non sapranno nemmeno che il vostro libro esiste, oltre ad aver difficoltà a reperirlo. Quindi, a parità di condizioni, scegliamo l’editore che ha i migliori distributori. Basta chiedere in libreria per sapere quali siano i distributori affidabili. In più, sappiate che solo se un libro è distribuito le librerie hanno l’opzione di renderlo in caso di mancata vendita.
Alcuni vi proporranno di pubblicare il vostro libro in modo che sia acquistabile solo on_line. Ok, se non c'è altro ci accontentiamo, ma sappiate che l’Italia è indietro in queste cose. La gente, se vuole un libro, va in libreria. Certo, lo compra anche su internet, ma lo vede in libreria. È un fatto. Poi conosciamo tutti le tendenze di mercato, la società in movimento, il futuro, il processo di pace… ma vogliamo che il libro sia letto adesso e non tra enne anni con enne tendente a caso. Infine, altro fattore da non trascurare è l’ISBN. Si tratta del codice che identifica a livello internazionale in modo univoco e duraturo un titolo o un’edizione di un titolo di un determinato editore. Oltre a identificare il libro, si attribuisce a tutti quei prodotti creati per essere utilizzati come libro. Se il vostro libro non ha l’ISBN, allora non risulta pubblicato, ma solo “stampato”. Per intenderci: è come se uscisse dalla tipografia e stop, nudo e crudo, e sarà difficilmente reperibile su scala nazionale dalle librerie. Prendete un libro a caso, dateci un’occhiata dietro. Troverete sempre un codice a barre e sopra l’ISBN. Chiedete sempre questo codice. Ovviamente per l’editore ha un costo; è per questo che alcuni editori fuggono lontano mille miglia dall'ISBN.
Per i frustrati, resta un'alternativa. Pubblichiamo il nostro romanzo su internet, in un bel formato .pdf scaricabile gratis da tutti. Non costa nulla e tutti ci possono leggere. Certo, il guadagno è zero, ma tanto a fare gli scrittori si fa la fame – a parte i soliti noti – quindi evitiamo almeno di buttare del denaro. Per quanto mi riguarda, mandatemi pure le vostre sinossi, se volete. Le leggo volentieri e vi dico quel che penso, fingendo di essere il piccolo editore che pubblica per amore di cultura, che investe se ci crede, che non chiede soldi.
Devis Bellucci
autore@devisbellucci.it
Devis Bellucci è nato a Vignola nel 1977. Ha studiato fisica all'università di Modena e Reggio Emilia, dove si è laureato e ha conseguito il Dottorato di Ricerca. Viaggiatore on the road e on the railway “se siamo in Europa”, ha partecipato a diversi campi di volontariato in molti paesi, tra cui l'India, l'Albania, la Bosnia e il Brasile. Nel 2008 ha pubblicato “La memoria al di là del mare” (Giraldi Editore), il suo primo romanzo. www.devisbellucci.it