Braccialetto sì, braccialetto no, braccialetto forse. Non rassicurano le dichiarazioni di queste ore sul sovraffollamento delle carceri la cui realtà infernale abbiamo toccato con mano nelle nostre visite ispettive ferragostane. Intanto, nessuno rileva che esistono condizioni di illegalità da parte dello Stato che vanno al più presto sanate: è contro la Costituzione e contro ogni principio di umanità costringere in spazi ristrettissimi esseri umani che sono stati sì privati del bene della libertà ma che non possono in alcun modo essere privati della loro dignità di persone. Se è ancora in vigore il principio costituzionale per il quale le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato, cosa dire delle disastrose condizioni igieniche dei penitenziari, della mancata possibilità di lavoro per la stragrande maggioranza dei detenuti costretti a divenire “forzati dell’ozio”, del fatto che oltre il 55% dei reclusi sono in attesa di giudizio, che c’è una carenza cronica di educatori, psicologi e assistenza sociali e che gli stessi agenti di polizia penitenziaria, a causa della persistente scarsità di organico, vengono costretti a turni massacranti per ore e ore di straordinari sottopagati?
Nessuno poi sembra preoccuparsi di cosa siano in condizione di fare i detenuti una volta conquistato il portone d’uscita del carcere, seppure con un braccialetto al polso o alla caviglia. Cosa possa fare un ex recluso dopo un periodo di detenzione che lo ha incattivito, senza lavoro, magari senza casa e senza affetti? Quanti sanno che esiste una cassa apposita – la Cassa delle Ammende - che ha fra le sue finalità istitutive quella di finanziare programmi di assistenza economica in favore delle famiglie di detenuti e di reinserimento sociale di detenuti? Questa “cassa” tanto rigurgita di denari non spesi che ogni anno (e da anni) l’Amministrazione investe i fondi disponibili per acquistare BOT: l’ultimo stanziamento risale al maggio di quest’anno per una cifra pari a 87 milioni di euro (168 miliardi delle vecchie lire!).
Lo scandalo della Cassa delle Ammende è stato sollevato dai radicali fin dal 2003, grazie alla testardaggine della Segretaria dell’Associazione Radicale Satyagraha, la radicale storica Jolanda Casigliani.
Noi radicali chiediamo al Ministro Alfano di adoperarsi per far rientrare le carceri italiane nella legalità costituzionale e per far questo l’unica strada è quella radicale oggi riproposta da Luigi Manconi dell’indulto accompagnato dall’amnistia (che serve soprattutto ai magistrati), da concrete misure di depenalizzazione e decarcerizzazione unite ad un serio piano per il reinserimento sociale delle persone detenute. Le risorse - non solo economiche ma anche professionali - ci sono tutte, basta smetterla con la propaganda da gioielleria di scena di bracciali, braccialetti e simili amenità.
Rita Bernardini
(da Notizie radicali, 9 settembre 2008)