Niente pietà per Eluana Englaro e la sua famiglia. Niente sconti di pena. Per un momento si è creduto che ci fossero nel Lazio strutture adeguate ad occuparsi del caso Eluana, dopo che la Regione Lombardia si era rifiutata di prestarle l’ultima assistenza medica in barba a quanto stabilito dalla Corte d’Appello di Milano, ma è stata l’ennesima illusione. Manco a dirlo, ci si è messo di mezzo anche l’Osservatore Romano a sparare a zero in nome della Chiesa Cattolica Romana contro quell’atto di giustizia e di misericordia che si continua a negare a Eluana e alla sua famiglia. Il padre Beppino Englaro porta avanti la sua battaglia con una determinazione e una dignità incredibili, senza cedimenti apparenti, senza rabbia esplosiva. Potrebbe risolvere la faccenda come si è abituati a fare in certe corti e palazzi, con discrezione e sicuro esito. Senza armi bianche o veleno, senza strangolamenti. Semplicemente, interrompendo l’accanimento terapeutico. Che questo sì, va contro natura. E intanto che Eluana viene tenuta sotto spirito come un tubero, e intanto che il padre consuma giorno per giorno la sua dose di angoscia e di impotenza, gli stregoni della politica e del sociale fanno la danza della morte mentre parlano di vita. Ipocriti, vigliacchi, perbenisti del cavolo.
Perché non c’è una legge che imponga a chi deve dire l’ultima parola in questo terribile frangente un periodo di assistenza a Eluana – breve, solo qualche giorno – ma non in qualità di estraneo, bensì in qualità di padre, di fratello, di amico, di persona che veda in Eluana ancora un essere umano e non il simbolo di un male contagioso?
Welby, se ci sei batti un colpo: la tua dolorosa, ammirevole lezione, a quanto pare non è stata sufficiente a mobilitare le coscienze. Laiche o cristiane che siano.
Maria Lanciotti