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Valter Vecellio. Tifo violento, interrogativi e Beccaria
07 Settembre 2008
 

Il capo della polizia Antonio Manganelli non esclude che dietro le orde dei sedicenti tifosi (ma sarebbe il caso di definirli solo per quello che sono: mascalzoni e teppisti), e loro “imprese”, vi possa essere l’ombra della camorra. Un suo stretto collaboratore, Nicola Cavaliere, successivamente sostiene che in quel migliaio di teppisti almeno duecento erano pregiudicati, individuati e riconosciuti. Cosa possa mai importare, e che vantaggio ricavi, la camorra da incidenti come quelli di domenica scorsa non è dato sapere; e però qualcuno dovrebbe provare a spiegarlo. Così come sostenere che duecento pregiudicati facevano parte dell’orda di per sé non dice nulla. Gli altri ottocento, che forse hanno la fedina penale immacolata, non è che siano meno colpevoli; e i duecento non è che lo siano di più perché coinvolti in qualche malaffare (ma di che tipo? E quando?). Questa ridda di dichiarazioni ha tutta l’aria della cortina fumogena, per coprire e occultare qualcosa. Di cosa si tratta per ora lo si può supporre; vedremo nei prossimi giorni gli sviluppi della faccenda. Ma se anche dovesse risultare che i camorristi non c’entrano, come si crede, il problema c’è tutto.

 

Per ricapitolare: domenica scorsa una masnada di delinquenti prende d’assalto un convoglio ferroviario alla stazione di Napoli; momenti di tensione, e alla fine passeggeri con regolare biglietto vengono costretti a scendere, e i teppisti arrivano a Roma. Non senza prima aver devastato i vagoni (le ferrovie lamentano danni per molte migliaia di euro; peccato però che quei vagoni non siano stati mostrati); giunti a Roma, altri gravi incidenti. Alcuni di loro vengono fermati, denunciati, trascorrono una notte in cella, poi subito scarcerati. Scoppiano le polemiche. Le più stupefacenti sono quelle del leader del Partito Democratico Veltroni: non ha trovato di meglio che puntare l’indice contro il Governo. Ora l’opposizione, evidentemente, deve fare l’opposizione; e fa parte delle regole del gioco che l’opposizione non perda occasione per cercare di mettere sulla graticola chi governa. Tuttavia imputare a Berlusconi, al ministro dell’Interno Maroni, a quello della Giustizia Alfano, o non si sa bene a chi, la responsabilità della scarcerazione di alcuni teppisti, sembra cosa fuori dal mondo. Altro discorso sarebbe stato scandalizzarsi per il fatto che gli arrestati saranno processati “per direttissima”… fra almeno un mese. È altamente probabile che gli arrestati siano tutti colpevoli, però li si vorrebbe in carcere dopo la condanna, non prima. Bisogna ancora spiegare che la carcerazione preventiva deve essere, in uno stato di diritto, l’eccezione (da usare con grande parsimonia) e non la regola? C’è ancora necessità di spiegare che un cittadino, non importa di cosa accusato, fino a sentenza di condanna è da considerare innocente? E se fra gli arrestati risulteranno uno, due, cinque persone estranee e coinvolte per umanissimo errore? Il leader del PD avrebbe dovuto dolersi piuttosto del fatto che viviamo in un paese dove la giustizia e la sua amministrazione sono lentissime; avremmo voluto quei teppisti processati qualche ora dopo il loro fermo; e solo dopo la condanna, il carcere.

 

Il Governo promette e annuncia la “linea dura”, nessuna indulgenza nei confronti dei teppisti. Staremo a vedere. Incidenti come quelli di domenica scorsa si sono verificati anche negli anni passati. Quello delle tifoserie violente, di orde di teppisti che scatenano vere e proprie guerriglie, è problema che si trascina. Allora alcuni interrogativi che pure attendono risposta.

Il primo interrogativo: questi teppisti, che si muovono e agiscono come gruppi organizzati militarmente, possibile che non si sappia da chi sono formati? Gli apparati dello Stato non sanno chi sono, e da chi sono composti questi gruppi? Davvero non si possono approntare, in parallelo alle politiche repressive, anche misure di prevenzione efficaci? La cosa riesce difficile da credere.

Secondo aspetto della questione: questa teppa è comunque organizzata in circoli e club che “fiancheggiano” le squadre. Ora nessuno, ovviamente, intende criminalizzare i circoli e i club in quanto tali. È evidente che ve ne sono di rispettabilissimi, i cui aderenti sono persone normalissime, animate da spirito sportivo assolutamente lecito; però assieme a loro vi sono gruppi che sono vere e proprie bande di mascalzoni. Queste bande troppo spesso vengono tollerate, non sono isolate; e questo ovviamente ha una sua ragion d’essere: è l’enorme giro di denaro che attorno a questo mondo si muove: dalla gestione dei biglietti negli stadi, al lucrosissimo merchandising che prospera attorno alle organizzazioni sportive, calcistiche in particolare. Non resta, dunque, che colpire là dove il colpo fa più male: il portafoglio, il denaro. I club hanno delle responsabilità quanto meno di tolleranza, comportamenti colpevolmente omissivi. Giocare partite a stadi chiusi, e dunque far mancare alle squadre consistenti introiti, è una misura opportuna; è questa la strada. Va sancito (e applicato) il sacrosanto principio che chi rompe e chi lascia rompere, deve pagare e pagare salato.

 

Poi, certo: le condanne, una volta accertate responsabilità e colpe, sono necessarie. Ma non è importante che siano draconiane; piuttosto conta che siano “certe”, come per qualsiasi altro reato. Lo raccomandava Cesare Beccaria: «Uno dei più gran freni dei delitti non è la crudeltà delle pene, ma l’infallibilità di esse», si legge nel celebre Dei delitti e delle pene. «La certezza di un castigo, benché moderato, farà sempre una maggiore impressione che non il timore di un altro più terribile, unito colla speranza dell’impunità». Valeva trecento anni fa, vale per l’oggi. Ma quando un processo per “direttissima” si celebra un mese dopo i fatti e chissà quando si concluderà, la certezza della pena va a farsi benedire. I risultati, ahinoi, li abbiamo sotto gli occhi.

 

Valter Vecellio

(da Notizie radicali, 05/09/2008)


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