Il TAR Toscana ha emesso la sentenza nel “caso lavavetri”, dichiarando il ricorso inammissibile perché l'attività di lavavetri non è «giuridicamente riconosciuta».
La vicenda. Il 25 agosto 2007 il sindaco di Firenze, Leonardo Domenici, emetteva una ordinanza con cui creava un nuovo reato: “fare il lavavetri”. Una ordinanza illegale e illegittima, contro cui ho iniziato un giudizio innanzi al Tar perché ne dichiarasse l'illegittimità. Il giorno prima dell'udienza, dopo esser stato “cassato” dalla Procura della Repubblica che archiviò' tutti i procedimenti in corso, il Sindaco sostituì l'ordinanza con una seconda in cui, eliminato il “reato di lavavetri”, vietava a chiunque «nelle strade cittadine e agli incroci semaforici, di avvicinarsi agli automobilisti, durante talune fasi della circolazione per offrire attività di pulizia vetri o fari dell'automezzo e aspettarsi, in conseguenza l'elargizione di danaro». Anche contro questa ordinanza è stato fatto ricorso avanti al TAR.
Il motivo del ricorso era per la tutela del principio di legalità: un Sindaco non può creare norme penali, né attribuirsi poteri che non gli appartengono. Non può -in pratica- giocare a fare lo sceriffo in barba alla legalità e ai poteri che la legge gli conferisce: oggi sono illegali i lavavetri, domani i matrimoni con gli extracomunitari, e dopodomani?
La sentenza del Tar Toscana lascia allibiti. Il Tribunale dichiara inammissibile il ricorso poiché non esiste «il lavoro» di lavavetri. Le motivazioni sono a dir poco inverosimili:
1 - il Tribunale nega che esista il lavoro di lavavetri e dunque, non essendo una «attività lavorativa giuridicamente riconosciuta», nessuno può agire in giudizio contro l'ordinanza fiorentina. Ma non è proprio così, in Italia -almeno così dovrebbe essere- tutto ciò che non è vietato dalla legge è consentito. Dunque poiché nessuna legge vieta di svolgere il lavoro di lavavetri, tale attività è legittima. Del resto lo stesso regolamento comunale di Firenze prevedeva che i lavavetri per esercitare il loro mestiere dovessero chiedere una autorizzazione (autorizzazione da me richiesta e negata poiché non «prevista nelle linee programmatiche adottate attualmente dall'Amministrazione Comunale»).
2 - Il TAR spiega che fare il lavavetri non è un lavoro poiché i lavavetri non hanno un tariffario. Si legge nella sentenza: «Tale non riconducibilità (ad una attività lavorativa) è comprovata anche dal fatto che alla pulitura del parabrezza o dei fari, da parte del cosiddetto “lavavetri” non consegue un obbligo di corrispettivo di danaro da parte dell'automobilista e, comunque, quand'anche questi elargisca una somma di danaro per tale pulizia, detta somma riveste mero carattere di liberalità non sussistendo, peraltro, al riguardo alcun tariffario».
3 - Infine, spiega il Tar, che bisogno c'è dei lavavetri quando esistono gli autolavaggi? Letteralmente si legge: «Del resto, esistono apposite strutture (garage, stazioni di servizio, ecc.) debitamente autorizzate al lavaggio di automezzi». Lavare un intero veicolo è un lavoro, lavarne una parte no. Mah!
Questa sentenza, purtroppo, si inserisce armonicamente in un trend iniziato dal Sindaco di Firenze: un Comune si può sottrarre ai principi di legalità e certezza della pena che sono alla base dell'ordinamento italiano, usando poteri di polizia. Trend poi proseguito da altri Sindaci, fino a diventare obiettivo dell'attuale Governo, al fine di regolamentare situazioni di disagio sociale con metodi sproporzionati e inutili.
La sentenza, infine non fa vincere il Sindaco di Firenze sconfiggendo me, ma crea solo uno sconfitto: lo Stato di diritto. Sto valutando coi miei legali se ricorrere al Consiglio di Stato.
Donatella Poretti
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