Sabato , 23 Novembre 2024
VIGNETTA della SETTIMANA
Esercente l'attività editoriale
Realizzazione ed housing
BLOG
MACROLIBRARSI.IT
RICERCA
SU TUTTO IL SITO
TellusFolio > Critica della cultura > Lo scaffale di Tellus
 
Share on Facebook Share on Twitter Share on Linkedin Delicious
Gianfranco Cordì: Severino giudice della storia
Emanuele Severino
Emanuele Severino 
04 Settembre 2008
 

I. In Essenza del nichilismo Emanuele Severino si pone come il giudice della colpa parmenidea, il giustiziere della verità negata e infangata, il restauratore della legge dopo il compimento dell’annuncio del filosofo presocratico. La colpa primigenia di Parmenide è anche la radice, l’essenza appunto, del nichilismo. Il nichilismo nasce così con la filosofia di Parmenide. E la tecnica moderna non è che la più rigorosa conseguenza e applicazione di questo nichilismo, la più radicale realizzazione del nichilismo causato, egli, solamente da quella colpa primordiale. Colpa che sorge tutta all’interno della prima filosofia greca e che l’Occidente fa sua e porta con se attraverso il cristianesimo, il marxismo, l’idealismo, l’empirismo e tutte le altre manifestazioni della sua millenaria cultura. Severino è un giudice inflessibile e attento. Vede nel Tornare a Parmenide l’unica via d’uscita per un umanità che ha intrapreso il Sentiero della Notte piuttosto che quello del Giorno. Il giudice affila il proprio bagaglio teorico. Il giudice non sbaglia e non vuole ne intende  sbagliare. Davanti a se Severino ha l’intera storia dell’Occidente in tutte le sue propaggini e derivazioni. Davanti a se il nostro autore ha una dimenticanza, un tradimento, una elusione. Questa è la colpa. Di fronte a questa dimenticanza Severino non pone un pensiero rammemorante come quello di Heidegger; tuttaltro. Severino torna direttamente alla radice della colpa, alle scaturigini della dimenticanza. In Essenza del nichilismo, dal punto di vista di Severino, la giustizia verrà restaurata e la sentenza conterrà anche la condanna di tutta la successiva civiltà Occidentale.

 

II. Alla base sta quanto segue: «L’essere è: sì, ma quando è; il non-essere non è: sì, ma quando non è: non facciamo confusione tra la necessità che l’essere sia, quando è, e la necessità simpliciter che l’essere sia, quando non è, e la necessità simpliciter che il non-essere (le cose che non sono) non sia! Parmenide non sapeva distinguere» (p. 21). Dunque «Parmenide è insieme il primo responsabile del tramonto dell’essere» (p. 23). In effetti quello che è successo dopo Parmenide è qualcosa di molto diverso dall’affermazione riportata precedentemente. «L’idea dell’essere» afferma Severino, «che dopo Parmenide viene a formarsi, vede l’essere appunto come ciò che è, quando è, e che non è, quando non è… Un'idea dunque che lascia libero l’essere di essere o di non essere; un’idea dunque che proietta su tutto l’essere quanto si constata a proposito delle differenze che hanno fatto irruzione nell’essere; le quali, appunto, ora sono, ma prima non erano, e poi, daccapo non sono» (p. 25). L’essere in realtà è eterno, immutabile, divino, necessario. Per lo stesso Parmenide «L’essere, tutto l’essere, è; e quindi è immutabile» (p. 29). Ovvero «L’essere, tutto l’essere, visto come ciò che è e non può non essere, è Dio» (p. 58).

Severino si rivolge alla totalità dell’essere e non alle sue determinazioni (le cose, gli enti).

Egli infatti afferma ancora che «L’essere in quanto essere, e quindi l’intero dell’essere, è; e quindi è immutabile» (p. 59).

In effetti, «Tutto l’essere è immutabile. Non esce dal nulla e non ritorna nel nulla. È eterno» (p. 63). Ora, una cosa è l’essere, una cosa sono gli enti, le sue determinazioni.

Un’altra cosa ancora è il nulla.

Lo stesso «Platone si è lasciato sfuggire la grande occasione di pensare la verità dell’essere, perché anche lui (e dopo di lui tutto il pensiero occidentale) lascia al fondo del pensiero dell’ente l’astratta separazione dell’essere e della determinazione: proprio lui che si presenta come il pacificatore della scissione, ossia come l’unificatore dell’essere e della determinazione» (p. 71).

L’intero dell’essere non esce e non ritorna nel nulla. Non è il nulla.

Avere separato gli enti dall’essere vuol dire avere fatto si che l’essere diventi (possa diventare) un nulla. In realtà, anche per la riflessione di Platone vale che «Il pensiero che pensa il non essere nulla della determinazione (il pensiero cioè che si portava più in alto di Parmenide) è lo stesso pensiero che consente che la determinazione (quando non è ) sia un nulla» (p.73).

Questo pensiero è il pensiero che afferma che l’ente sia niente.

Affermare questo è affermare che l’essere è, si ma quando è e che il non-essere non è, si ma quando non è. Parmenide ha commesso un vero e proprio «Peccato originale» (p. 76).

Parmenide ha dichiarato che le determinazioni (gli enti) sono un nulla.

Nelle parole di Severino: per Parmenide «“Essere” non significa “uomo”, “casa”, “rosso”, queste è tutte le determinazioni sono un nulla» (p. 76).

Il pensiero che pone l’ente eguale al nulla è la vera e propria essenza del nichilismo.

La colpa originaria da noi ancora pagata e scontata.

La colpa che Severino intende redimere.

 

III. «L’essere, come tale, e nella sua totalità, è immutabile (non si può pensare che non sia), e il divenire dell’essere, che è contenuto dell’apparire, non appare come un uscire e un ritornare nel nulla da parte dell’essere, ma come un comparire e uno sparire dell’essere [corsivo mio], e dunque come un comparire e uno sparire di ciò che è, ossia dell’immutabile, che è eternamente anche quando non è ancora apparso e anche quando è scomparso» (p. 89).

La colpa parmenidea è tutta racchiusa in queste parole, in questo concetto.

Un comparire e uno sparire dell’essere non può, in virtù dell’immutabilità dell’essere, essere.

Il divenire non implica il non- essere bensì il non apparire dell’essere che è tutt’altra cosa.

Una cosa è «La verità del divenire, per la quale il divenire, che appare, non è divenire dell’essere… ma è un comparire e uno sparire dell’essere» (p. 95) un’altra cosa è «la verità dell’essere… proibisce che l’essere non sia» (p. 95).

Severino dice «Tutto è eterno, e il divenire è il comparire e lo sparire delle membra dell’eterno, è il loro entrare e uscire dalla luce dell’apparire» (p. 99).

Nulla di ciò che appare, appare così come è nel Tutto. Nell’intero dell’essere.

Tutto ciò che appare differisce dunque dall’essere.

Tutto ciò che appare e un apparire dell’essere.

Che è Dio, eterno, immutabile, infinito, necessario.

Solo l’essere è. Il divenire è un divenire dell’unico e solo essere che è.

Questa è la sentenza che Emanuele Severino stende per sanare la colpa che ha ravvisato nella prima filosofia greca. Adesso la giustizia deve essere restaurata.

 

IV. Dopo Parmenide «Ogni ricerca della verità è stata una ricerca formale, perché è andato perduto il senso dell’essere» (p. 136). «La storia dell’uomo occidentale è stata determinata appunto da questo peccato d’origine, contenuto nell’ammissione della possibilità che l’essere non sia» (p. 136). E appunto per questo «“Nichilismo” significa affermare che le cose sono niente, ossia che il non-niente è niente» (p. 137).

Sin da Platone la metafisica ha identificato le cose al niente. Questo è il senso autentico del parricidio platonico. Ma le cose (gli enti) non sono niente.

Gli enti, «Le determinazioni non sono un niente… e cioè “sono”» (p.148).

Gli enti fanno parte dell’unico essere che eternamente è. Il divenire è divenire dell’unico essere che eternamente è. Gli enti non sono un niente. La Giustizia sta per essere restaurata.

A questa essenza de nichilismo Severino contrappone la persuasione che solo l’intero dell’essere è. E che il niente non è. Ma Severino si spinge ancora oltre.

Egli afferma infatti che «L’ente che appare, appare incluso nella totalità dell’essere, ma la totalità appare solo formalmente: la concreta pienezza dell’essere rimane nascosta» (p. 215).

Ogni apparizione dell’ente è un apparizione soltanto formale, non sostanziale.

Solo l’eterno essere è. La colpa era stata quella di identificare ogni ente al niente.

La Giustizia dichiara che «Se le cose non appaiono come essere, come non-niente, non appare nulla» (p153). Gli enti appaiono, solo formalmente, come essere e questo è il divenire dell’essere.

Il nulla non è. Gli enti sono separati dal niente. Giustizia è dunque fatta secondo Emanuele Severino.

 

V. «Solo se si pensa che l’ente esca e ritorni nel nulla, si può allora progettare la costruzione e la distruzione totale dell’ente» (p. 263). La tecnica realizza in pieno l’essenza del nichilismo.

La colpa di Parmenide ha trovato il proprio futuro ed il proprio inveramento.

Tornare a Parmenide vuole dire tornare al significato autentico dell’essere.

Gli enti non sono niente; il nichilismo non può generare la fabbricazione degli enti compiuta dalla tecnica moderna. L’essere è eterno. Questa sedia, questo tavolo, questa lampada non sono niente. Sono l’apparire dell’eterno essere.

 

Gianfranco Cordì

 

Gianfranco Cordì è nato a Locri (RC) l’8 maggio del 1970. Laureato in filosofia è dottore di ricerca e giornalista pubblicista. Ha pubblicato i seguenti volumi: Globalizzazione e politica, Artemis, 2005; La differenza. 13 interviste, 2 articoli e 1 saggio, Città del Sole Edizioni, 2006; Tracciati, Artemis, 2007; Il pianeta espropriato, Città del Sole Edizioni, 2007 e  La ragione (Thomas Hobbes, Baruch Spinoza, Gottfried Wilhelm Leibniz), Artemis, 2007.

 


Articoli correlati

  Gianfranco Cordì: L’affermazione dell'unicità divina in Senofane
  Gianfranco Cordì. Se non la realtà. Gianni Vattimo contro il «nuovo realismo».
  Realismo Meridiano
  Gianfranco Cordì: Gli scritti di logica di Leibniz.
  Gianfranco Cordì: La Trascendenza. E il Principio di Identità degli Indiscernibili in Leibniz
  Gianfranco Cordì, La Differenza.
  Gianfranco Cordì: Infinito e felicità negli atomisti antichi
  Gianfranco Cordì: Il trattato teologico-politico di Spinoza
  Gianfranco Cordì: Introduzione a Spinoza che scrive il "Breve trattato su Dio, l'uomo e il suo bene"
  Gianfranco Cordì: il tempo per Seneca.
  Gianfranco Cordì. Intero Barrow
  Gianfranco Cordì: Democrito e il mondo
  Gianfranco Cordì. Sean Carroll, il perenne corso del «tempo»
  Gianfranco Cordì: Poincaré fra esperienza e convenzione
  Gianfranco Cordì. «La forza della vita reale»: Carl Schmitt e l’eteroclito
  Gianfranco Cordì. I nostalgici del passato: Lukács viaggia nella storia della filosofia
  Gianfranco Cordì. Debole, fragile, limitato
  Erasmo da Rotterdam, Elogio della follia
  Gianfranco Cordì. L’ISOLA
  Gianfranco Cordì: Derrida introduce alla menzogna
  Gianfranco Cordì. In morte di Zygmunt Bauman
  Gianfranco Cordì
  Kierkegaard e il «Singolo» ovvero solitudine e responsabilità
  Gianfranco Cordì. Emanuele Severino e il fraintendimento del senso del nulla
  Gianfranco Cordì. “Sul leviatano” Le considerazioni di Schmitt
  Gianfranco Cordì. Charles Darwin, lo spietato
  Gianfranco Cordì. La prospettiva di Spengler
  Anticipazioni: Gianfranco Cordì. Nuovo realismo & Realismo meridiano
  Gianfranco Cordì: La doppia via dei Presocratici
  Gianfranco Cordì: sinistra, destra e globalizzazione
  Gianfranco Cordì, Indice estivo italiano mondialmente esausto.
  Gianfranco Cordì. L’orizzonte del vagheggiamento
  Gianfranco Cordì, Kant e il progetto globale della pace
  Gianfranco Cordì. In direzione della sintonia. Habermas oltre l’astratto
  Gianfranco Cordì. Il razionalismo esotico di Leibniz
  Gianfranco Cordì. Fare «filosofia»
  Gianfranco Cordì. Un raggio di luce fa il giro della terra sette volte al secondo
  Gianfranco Cordì. Hillman: una psicologia nuova o vecchia?
  Gianfranco Cordì, povero Wittgenstein
  Gianfranco Cordì. L’aggiornamento del concetto di superorganismo
  Gianfranco Cordì: Sulla linearita del mondo. Globalizzazione
  Emanuele Severino, Antologia filosofica dai greci al nostro tempo
  Gianfranco Cordì. Scrutando l’interminabile: Emanuele Severino
  Gianfranco Cordì, lo Scetticismo antico.
  Gianfranco Cordì: Storia della sessualità di Michel Foucault
  Gianfranco Cordì: Le “piste” di Platone. Per studenti e lettori di filosofia
  Giada Fornaciari, Del mare e dell'anima
  Gianfranco Cordì. Lo sguardo di Antonio Saccà
  Gianfranco Cordì: le "nudità" del Re. Discorso sulle parole della sinistra con un accenno alla sinistra delle parole
  Gottfried Wilhelm Leibniz, Saggi di Teodicea sulla bontà di Dio, la libertà dell’uomo e l’origine del male.
  Gianfranco Cordì. Il ribelle meridiano
  Gianfranco Cordì. “Eclisse della ragione” di Max Horkheimer
  Gianfranco Cordì: "L'attrazione". Spinoza.
  Gianfranco Cordì. La morte, la terra e il «gran finale»
  Gianfranco Cordì. Danilo Zolo e la paura
  Gianfanco Cordì. Che cos’è la realtà?
  Gianfranco Cordì. I sensi, la ragione, la conoscenza: Locke
  Gianfranco Cordì. «La fine della modernità» e l’inizio del pensiero «dell’erranza»
 
 
 
Commenti
Lascia un commentoNessun commento da leggere
 
Indietro      Home Page
STRUMENTI
Versione stampabile
Gli articoli più letti
Invia questo articolo
INTERVENTI dei LETTORI
Un'area interamente dedicata agli interventi dei lettori
SONDAGGIO
TURCHIA NELL'UNIONE EUROPEA?

 70.8%
NO
 29.2%

  vota
  presentazione
  altri sondaggi
RICERCA nel SITO



Agende e Calendari

Archeologia e Storia

Attualità e temi sociali

Bambini e adolescenti

Bioarchitettura

CD / Musica

Cospirazionismo e misteri

Cucina e alimentazione

Discipline orientali

Esoterismo

Fate, Gnomi, Elfi, Folletti

I nostri Amici Animali

Letture

Maestri spirituali

Massaggi e Trattamenti

Migliorare se stessi

Paranormale

Patologie & Malattie

PNL

Psicologia

Religione

Rimedi Naturali

Scienza

Sessualità

Spiritualità

UFO

Vacanze Alternative

TELLUSfolio - Supplemento telematico quotidiano di Tellus
Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - ISSN 1124-1276 - R.O.C. N. 32755 LABOS Editrice
Sede legale: Via Fontana, 11 - 23017 MORBEGNO - Tel. +39 0342 610861 - C.F./P.IVA 01022920142 - REA SO-77208 privacy policy