«Penso che un po' di rosa e leggerezza per la ripresa settembrina non guastino sulle pagine di Tellusfolio...», mi scrive Simona Borgatti riprendendo la collaborazione dopo la 'pausa' (“da insegnante...” commenterei, se volessi inimicarmi tutto quel po-po' di mondo della scuola che anima e alimenta il giornale) estiva.
E certo che non guasta!, specie con il personaggio tanto frizzante e genuino che ha da presentare ai lettori.
Poi, dato che qui amiamo le contaminazioni, lo scambio e tutto il resto, vi saranno modo e tempo per, magari, discutere. Intanto però godiamoci insieme questo nuovo incontro, in un'estate già ricca di sorprese e qualche buona cosa. (e.s.)
I romanzi delle pronipoti di Liala e Barbara Cartland ammiccano alle lettrici dagli scaffali delle librerie di tutto il mondo con colori allegri e grafica accattivante. Il fenomeno “chick lit” (letteratura per pollastrelle), nato in Inghilterra nei primi anni ’90 col famosissimo Diario di Bridget Jones di Helen Fielding, ha sostituito il romanzo rosa e continua a raccogliere fan in tutti i continenti evolvendosi nella saga di Sophie Kinsella che, come ormai tutti sappiamo, loves shopping. Ma la Madre di tutte le pollastrelle (scrittrici, eroine e lettrici) è senz’altro la mitica Jane Austen, che con sentimento e ironia fotografò la situazione femminile e la società dell’Inghilterra ottocentesca. Tra balli e crinoline, lettere e tè, si dipanavano e consumavano amori e passioni, amicizie e rivalità. E scagli il primo rossetto chi non ha mai fantasticato su Mr. Darcy di Orgoglio e pregiudizio, alter ego letterario di qualsiasi Principe Azzurro. Forse proprio perchè considerata la Madre di tutta la chick lit, Jane Austen è il mito personale di una nuova scrittrice per pollastrelle, Lisa Corva, giornalista di moda “finto glam”, come si definisce lei, e blogger. Anche Lisa, come la Kinsella, scrive di love&shopping utilizzando l’ironia, indelebile marchio della chick lit, però lo fa in italiano (una delle poche) affrontando, con garbo, temi attuali scottanti quali la sterilità e la povertà. Argomenti non proprio rosa, difficili da trattare e ancora tabù per molte case editrici. Ma che l’autrice, con raro tempismo, ha saputo anticipare: nel 2005 con Emma e Confessioni di un’aspirante madre, dove tratta la ricerca della maternità al tempo della legge 40 (il libro è stato pubblicato da poco in Germania con il titolo Hormone zum Frühstück, “Ormoni a colazione”); nel 2007, è arrivata Stella, protagonista di Glam cheap, preveggente vademecum di sopravvivenza urbana in una crisi economica sempre più galoppante. Entrambi pubblicati da Sonzogno. L’abbiamo intervistata.
– Per 20 anni sei stata una firma di Grazia. È stata una scelta o un’occasione?
Un’occasione prima, una scelta poi. Il mondo dei giornali femminili mi ha sempre affascinato: un mondo parallelo, dove parlare di nuove borse e di vecchie paure, di tradimenti e di ricette. In fondo, un po’ come faccio oggi nel mio blog.
– Anche se non sei stata l’assistente di nessuna Direttora, ti è mai pesato occuparti di argomenti frivoli quando là fuori il vero mondo urla? Un po’ come Andrea, la protagonista de Il diavolo veste Prada che stringe i denti in un femminile quando invece vorrebbe scrivere per pubblicazioni meno frivole.
Non ho la stoffa della reporter di guerra: l’ironia è il mio kalashnikov. (O almeno spero). Non mi pesa scrivere (anche) di tacchi e cappottini: credo nell’essenziale frivolezza, quella che ci alleggerisce la vita. Basta non perdere di vista il vero mondo: quello fuori e dentro di noi, non quello che sta in un tacco 12.
– Un bilancio di questi 20 anni da “giornalista finto glam”.
Cielo, già vent’anni? Diciamo che mi sono persa tutto il glam e sono arrivata quando si era già trasformato in glam cheap. Mannaggia.
– In tutto questo tempo avrai visto cambiare il mondo femminile e la moda…
E ho constatato con raccapriccio che l’icona di stile non è più Audrey Hepburn, ma un’insopportabile Kate Moss, magrissima e cocainomane, con una smorfia perenne stampata in faccia. Aiuto, cos’è successo?
– Il mondo delle redazioni dei femminili è come quello descritto ne Il diavolo veste Prada, o la storia raccontata è un caso particolare visto che l’autrice è stata assistente di Anna Wintour, mitica direttrice di Vogue?
Il mondo delle redazioni dei femminili è molto, molto frequentato da diavoli che vestono Prada, solo che in Italia magari vestono Zara o Oviesse (e tolgono l’etichetta). Del resto, basta chiedere a Stella, la protagonista del mio libro...
– Stilista, stile, capo d’abbigliamento, accessorio e periodo storico della moda preferiti.
Stilista: Colomba Leddi, ovvero la stilista milanese che ha creato per me l’abito glam cheap (www.colombaleddi.it). È uguale a quello che è sulla copertina del mio libro; sulla scollatura è ricamato, in filo rosso e perline, il titolo; e sul lato B, “l’autrice”. È un abito buffo e ne sono molto orgogliosa. Stile: romantico contemporaneo; ovvero qualunque cosa assomigli, anche lontanamente, a quello che potrebbero indossare le eroine di Jane Austen. Capo d’abbigliamento: un abito. (Non ho mai portato un paio di jeans). Accessorio: borse, quelle dove infilare tutta la nostra vita (e che possibilmente non costino quanto un affitto). Periodo storico, i momenti rivoluzionari, quelli in cui le donne sono state liberate: nel 1910, dai corsetti di stecche di balena; nel 1960, dai reggiseni.
– Hai deciso di abbandonare le “segrete di Segrate” per l’avventura nell’editoria. Oltre alla consapevolezza raggiunta con i due romanzi, cos’altro ti ha spinta a fare questa scelta che qualsiasi ragazza considererebbe scellerata, visto l’appeal che la moda ha sulle giovanissime?
Nelle segrete di Segrate soffocavo. Volevo vedere il mondo, e non solo una sfilata di borse, e per di più al computer. Ma soprattutto volevo provare a scrivere, e vivere di scrittura. È questa la scelta folle, me ne rendo conto, in un Paese dove si compra più volentieri un telefonino di un libro. Ma volevo provarci.
– Cosa ti ha fatto amare Jane Austen e le sue eroine protagoniste delle tue letture di formazione?
Vorrei avere il suo sguardo nella vita: ironico, romantico, intelligente. E offrire sempre un lieto fine alle mie eroine, visto che nella vita il lieto fine non è sempre assicurato.
– Confessioni di un’aspirante madre è stato il tuo primo romanzo. Si può quindi affermare che la scrittura sia un’operazione catartica?
Ho scritto il libro che avrei voluto leggere in tanti anni nelle sale d’attesa di ginecologi e centri sterilità. Un libro che mi facesse ridere, e commuovere, ma soprattutto che non mi facesse più sentire sola. E in questo, certo, è stato catartico: come spero sia per le aspiranti madri che lo leggono.
– Pur essendo giornalista hai fatto fatica a farlo pubblicare. La difficoltà sono dipese dal fatto di essere un’esordiente o dal tema raccontato?
Diciamo che essere una giornalista casomai era un’aggravante. Non c’è una grande opinione dei giornalisti, soprattutto quando hanno un manoscritto nel cassetto. E sì, le difficoltà erano su vari piani: primo libro, tema scottante...
– Un commento alla legge 40.
Una legge di cui vergognarsi.
– Scusa il gioco di parole, ma “il concepimento del romanzo ha fatto nascere” il primo forum poi riconvertito a blog, un luogo virtuale in cui si sono potute incontrare le aspiranti madri d’Italia, soprannominate le Pinks. Per loro, con la storia di Emma, sei diventata un mito…
L’intervistata può arrossire?
– E si arriva a Glam cheap, secondo romanzo, in cui racconti le disavventure di Stella, colf dell’editoria che insieme al Consorte Slicenziato deve sopravvivere nella Milano modaiola ingegnandosi con trovate glam. Seriamente, quali sono i trucchi per una vita low-cost, per chi non sa rinunciare al benessere economico?
Smettere di comprare. Difficile in una società ossessionata dal consumismo, dove anche l’amore è un prodotto da supermarket: se non funziona, si butta e si compra qualcos’altro. Ma io ci sto provando. In questo momento mi interessano molto le soluzioni alternative del baratto e del riciclo (tranne che in campo sentimentale, of course).
– I detrattori dei tuoi romanzi ti accusano di affrontare temi attualissimi e importanti (infertilità, precariato) con tono molto leggero, come se non volessi affrontarli seriamente. Cosa rispondi a queste critiche e perché la scelta dell’ironia e della leggerezza?
L’autoironia è quello che ci salva dall’affogare.
– Da slicenziata dalle Segrete, ora ti occupi anche di poesia con la rubrica del “Buongiorno” sul free-press City. La poesia fa parte del tuo mondo? Perché la scelta coraggiosa di occuparti di poesia su un giornale leggi&getta per chi va di fretta?
Mi piace l’idea di offrire briciole di poesia in mezzo a tasse, guerre, angosce quotidiana. Come nelle favole, forse seguendo le briciole si trova una nuova strada, quella che ci salverà.
– So che non potrai farne parola, ma presto ci sarà un “trittico Corva”? Ancora un romanzo catartico nel quale riconoscersi o qualcosa di completamente nuovo?
Per ora sto aspettando che, dopo Emma e Stella, la mia nuova eroina mi si presenti...
– Con l’uscita di Glam cheap, il forum rosa si è tramutato nel tuo blog personale in cui continui a raccontarti e a raccogliere scampoli di vita italiana. Sei contenta di questa scelta?
Io sì. Mio marito – più noto come il Consorte – meno.
– Spesso dici che per ogni copia di libro venduta, ti va in tasca un caffè. Se esistesse un Ministero per l’Editoria e tu fossi la sua Ministra, cosa faresti?
Distribuzione gratuita di grandi classici e bestseller del cuore in stazioni ferroviarie e aeroporti, sale d’attesa di ospedali e di medici di base, farmacie, e bar: un bookcrossing su scala nazionale. Una specie di vaccinazione culturale a tutti. Ovviamente, includerei anche i miei libri! Per potermi permettere, oltre al caffè, anche qualche brioche.
Simona Borgatti
simgatti@tiscali.it