Le orribili notizie giunteci dall’Orissa, una delle più povere regioni dell’India dove, in condizioni di estrema indigenza, vive tra l’altro il più alto numero di gruppi tribali, ci feriscono profondamente confermando quanto il gravissimo dilagare del fondamentalismo, non importa se di matrice indù o musulmana, costituisca una penosa antitesi alle straordinarie, preziose, testimonianze di Gandhi e Vinoba Bhave rivelandosi, in modo eclatante, con tutta la sua sconcertante violenza, espressione dell’arretratezza e dell’inadeguatezza culturale nonché del cinismo di classi e caste miranti esclusivamente alla difesa dei propri privilegi.
Gandhi, lo ricordiamo, non fu ucciso dai colonizzatori inglesi né morì durante uno dei tanti scioperi della fame cui fece ricorso sempre per dialogare e proporre e mai per contrapporsi a qualcosa o qualcuno. Venne, invece, assassinato il 30 gennaio 1948 da tre colpi sparati a bruciapelo dalla Beretta M34 di Nathuram Vinayak Godse, nazionalista e integralista indù, precursore di quegli stessi fanatici assassini che trovano, purtroppo, sponde in consistenti partiti politici.
Dalla distruzione ad Ayodhya, il 6 dicembre 1992, della moschea Babri Masjid, ad opera delle orde inferocite del BJP e del VHP, fino ai tragici roghi di oggi, una lunga scia di sangue e intolleranza continua a macchiare e funestare un paese divenuto una delle maggiori potenze economiche mondiali.
Paradossalmente, proprio mentre i fatti sembrerebbero dolorosamente smentirlo, la nonviolenza si rivela, senza mezzi termini, l’unico antidoto efficace alla diffusione di una peste contagiosa per l’intera umanità.
Francesco Pullia
della Direzione nazionale di Radicali Italiani
Fonte: Radicali.it
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