| Federico Barocci, 'Enea fugge mentre Troia brucia', 1598 (Galleria Borghese - Roma) |
23 Agosto 2008
L’individuazione della cerimonia lustrale dei 63 Dèi sui Massi Incisi di Yazilikaya dominati da TE SHUP, dio del tempus, [vista nei quattro articoli dedicati a Puduhepa] mi invita a rivedere il lustro nell’Eneide per lustrare, latino per ‘esplorare’ (è uno dei suoi significati), quanto Virgilio sia consapevole del rilievo di questa misura del tempo.
Sono 38 i versi con l’espressione lustr-
[1,283, 1,453, 1,577, 1,608, 2,528, 2,564, 2,754, 3,279, 3,377, 3,385, 3,429, 3,647, 3,651, 4,6, 4,151, 4,607, 5,578, 5,611, 6,231, 6,681, 6,758, 6,887, 7,79, 7,148, 7,391, 8,153, 8,183, 8,229, 8,231, 9,58, 9,96, 9,373, 10,224, 11,190, 11,570, 11,763, 12,467, 12,474. Tronco il finale lustr- perché una prima ricerca fatta col motore di Mario Biondi sull’espressione lustra aveva dato 30 esiti, omissivi dei termini a desinenza non -a, come il primo verso seguente, il più importante]
ed il primo contiene proprio il concetto di tempo:
Sic placitum. Veniet lustris labentibus aetas I, 283
tr.: “Così è stabilito. Verrà un tempo nel volgersi veloce dei lustri”
Sono parole del «hominum sator atque deorum» (254) cioè del ‘seminatore di uomini e di Dèi’ che ai Romani suggerisce Giove. Virgilio, Maro sacerdote di Saturno, intende per sé con questa formula, proprio il Sator, il Seminatore, cioè Saturno, che ambigua in ‘Giove’ come ‘saturnio’, la metà maschile di Saturno; Giunone è chiarita come Saturnia (23: temendo ciò la Saturnia, e memore della passata guerra) la metà femminile, Juno, Uni etrusca, fiera oppositrice dell’Eneide ed in conflitto con lui a mezzo dell’avversaria dichiarata, Venere, madre di Enea.
Il conflitto saturnio intrafamiliare Giunone-Giove è il tema prioritario dell’Eneide, quello che Virgilio canta religiosamente [Arma virumque cano]: cano MA AR [ar-ma invertita] la madre del Sole, la Saturnia.
Da duemila anni viene letto come più importante il tema secondario, il conflitto tra gli uomini, solo ombre degli Dèi.
È tempo che comprendiamo finalmente il genio nella sua specialità divina.
Il vaticinio del Seminatore dice, al tempo dell’incontro tra Enea e Didone, fondatrice di Cartagine, che da Romolo ad Augusto ‘verrà un tempo, lustris labentibus col volgersi dei lustri’, in cui i discendenti di Anchise domineranno i vincitori su Troia; in questa nemesi e con Augusto tornerà la pace ed il Furore bellico resterà avvinto da cento nodi di bronzo.
Il cantore Proteo –incatenato, non trasparente–, Virgilio, rivela dunque col senso narrato di essere un religioso, Maro –sacerdote giudice etrusco Maru– di non amare la guerra pur avendo iniziato l’Eneide con arma per far godere i Romani guerrafondai.
Lustris labentibus sono i lustri che scorrono velocemente alla fine, una promessa augurale saturnia: abbiate pazienza o pacifici, vi racconto una guerra già finita.
Tutti hanno letto Virgilio nella narrazione trasparente nel tempo atmosferico, che la Saturnia –con le sue armi a Samo, SHA MU ‘utero del nome immortale– fa scatenare contro le navi di Enea esercitando autorità sul dio dei venti, Eolo.
Nessuno ha letto Venere introdotta nel verso 177
Tum Cererem corruptam undis Cerealiaque arma
come Cerere corrotta, entità infernale, in confronto con le armi di Cerere celeste, Giunone, la Saturnia introdotta col velato Arma virumque cano.
Cano, scrivono i massimi etimologisti indoeuropei Ernout e Meillet, «è un termine della lingua augurale e magica, le cui formule sono melopee ritmate».
Il primo verbo dell’Eneide è dunque un termine religioso.
Lustris labentibus puntualizza la fine dell’affresco religioso del sacerdote etrusco che introduce vicende divine regolate dal Fato, che hanno un pallido riflesso negli eroi Enea e Turno [(Sa) Turno].
Carlo Forin |