L'indulto? Una boccata d'aria e ora tutto come prima, anzi peggio visto il preannuncio di nuove figure di reato e le minacce alla legge Gozzini. È questo lo scenario che mi sono trovata nella visita di ferragosto al carcere fiorentino. Con me c'erano Claudia Sterzi, segretaria dell'associazione radicale Antiproibizionista, e Antonio Bacchi, segretario dell'associazione radicale fiorentina “Andrea Tamburi”.
Se si pensasse alla carcerazione come ultima opzione per chi si è reso colpevole di reato, forse non ci sarebbero situazioni come quella di Sollicciano. Se prima si provassero le altre strade -arresti domiciliari e pene alternative- forse le nostre carceri svolgerebbero la funzione assegnata dalla Costituzione alla pena: rieducazione e riabilitazione. Oggi invece gli istituti penitenziari sono la pattumiera della società: ci finiscono e ci restano gli ultimi, e quando si esce è per poco, perché la scuola che meglio funziona, dentro, è quella della criminalità.
Quando il legislatore prevede impossibili reati, come quello di clandestinità, o vuole intervenire sulla legge Gozzini, sarebbe meglio che si facesse prima un giro in carcere e poi ci pensasse meglio. Oggi la relativa tranquillità, la mancanza di risse e di violenze in queste condizioni assurde, è frutto unicamente della volontà dei detenuti di accedere alla Gozzini e quindi comportarsi “bene” in carcere.
Vediamo in particolare cosa ho rilevato nel carcere fiorentino.
Sollicciano è tra le strutture carcerarie più difficili a livello italiano e non solo. Un edificio progettato per 470 detenuti, il giorno di Ferragosto ne registrava 834, di cui 87 donne. Numeri che sono il segno della difficoltà, confermata dal fatto che la maggior parte sono detenuti in attesa di giudizio e in carcerazione preventiva: 408 sono nel reparto giudiziario e 277 in quello penale, oltre a 35 nel centro clinico e 17 nel transito. Il 60% dei detenuti è straniero e le celle progettate per due sono abitate da tre. Prima dell'indulto era stata aggiunta anche la quarta branda.
Se i detenuti abbondano, educatori e personale penitenziario sono troppo pochi, con il problema distaccamenti sempre più pesante.
Il lavoro per i detenuti, che è un diritto, è invece un miraggio. Le attività ricreative sono difficili, nonostante il personale faccia salti mortali per garantirle a tutti, anche con la turnazione.
La tossicodipendenza è un fenomeno importante: 152 detenuti risultano tali, con solo 50 in trattamento metadonico; i detenuti italiani con questo “privilegio” sono molti di più degli stranieri.
Nelle sezioni maschili le celle restano chiuse tutto il giorno tranne quattro ore d'aria (2 la mattina e 2 il pomeriggio). In quelle femminili invece le celle sono aperte, e un reparto ad hoc ospita 10 transessuali. Nel nido del reparto femminile, da due mesi ci sono due bimbi di 6 e 14 mesi, figli di altrettante detenute. Una struttura adeguata e con numerosi giochi, ma, nonostante i colori e gli sforzi, resta sempre un carcere... non proprio un luogo in cui crescere dei bambini.
Sen. Donatella Poretti
parlamentare Radicale-Partito Democratico