Un senso di alienità, sprezzante o reverente, persino ammirata ed invidiosa.
Questa è la sensazione che la Cina ci trasmette in Occidente, con o senza la sua Olimpiade.
Ma sono ceti e strati (caste/classi) sociali diversi che vibrano rispettivamente di ciascuna di quelle peculiari sensazione di “alienità”. Che, comunque, è la forma comune di una percezione istintiva di differenze incolmabili “fra noi (i diavoli bianchi di Salgari) e loro”, che ci rendono non facilmente comparabili.
Sensazione che, se pur istintiva, non potrebbe essere più fallace! Quel “che non riusciamo a capire del fenomeno Cina” è invece proprio ciò che costituisce fra noi un rapporto di mutuo reciproco rispecchiamento: è la parte di verità che non vogliamo vedere di noi e crediamo sia esclusivamente l'incomprensibile celata verità della favolosa “terra di mezzo”.
Della più grande dittatura (o più radicale rifiuto della democrazia come forma riconosciuta “inadatta”a sé da parte di un popolo che ha fatto lunghe marce per aggirare forme alternative ad essa ed altre sue possibili forme involutive, come il nazionalismo cinese poi approdato a Taiwan, rinunziando però così alle sue fondamentali conseguenze, anche se neppure le richiama attraverso la rappresentazione del proprio mito storico che vede annullato il 900) e la (futura?) più grande economia di mercato cui unisce lo status di potenza nucleare fra le maggiori del pianeta. Questa sarebbe la “contraddizione insanabile” che ne fa quell'entità che ci viene servita in tavola dai commentatori e dai media come un unicum da osservare con interesse, preoccupazione e curiosità assieme. Che poi si (e ci) concentra, più o meno cinicamente, su un unico dilemma: reggerà, non reggerà?
E la chiamano realpolitik, dello stesso cascame politico che al posto degli stracci a Prato viene tessuto e rigenerato nelle sedi diplomatiche delle principali cancellerie del cosiddetto “mondo libero”. Quel “la politica non s'impicci” dello Sport del nostro ministro Frattini giunto a rappresentare ufficialmente il nostro Paese è solo un poco più rozzo e violento della “dichiarazione da presenza” di un Sarkozy che porta con sé l'elenco della vergogna dei prigionieri politici ma si siede ad incoronare i nuovi imperatori della Cina. E l'assenza di Pottering è solo un poco più dignitosa della vera assenza, quella della Patria Europea.
L'alienità viene percepita come riflesso dell'impossibilità di riconoscere un'altra, citando Gore, «unconfortable truth»: quella che, superate le soglie di ammissione alla partecipazione ad un commercio libero regolato da forme di democrazia liberale (vedi il W T O) senza le garanzie ed costi rappresentati dalle istituzioni e dai processi decisionali democratici, non solo è possibile ma probabilmente più efficace un sistema che coniughi illibertà illiberalità e liberismo.
Ciò che “affascina orripilando” la sensibilità occidentale è quella di veder rappresentato l'impossibile, di veder rideclinato il sommo scandalo per cui, contro le leggi di una “Storia Provvidenziale”, i regimi non democratici possano essere competitivi e vincenti; che il Male possa rivelarsi meglio del Bene.
Ma ciò che è davvero assolutamente intollerabile è che per la Cina si possa (anzi si debba) parlare, denunziandolo, di “regime”, mentre ogni pretesa di bollare con tale termine un sistema occidentale avanzato a base democratica è da considerare provocatorio al punto da essere “quasi impensabile”.
L'incubo che può aprire questa constatazione è che “la formula cinese” sia il sogno segreto, addirittura nemmeno in forma di desiderio costruito, e represso di tutta la casta di governanti e dignitari nostrani che vedrebbero felicemente risolto, una buona volta, il fastidio di dar conto a dei governati con cui addirittura è necessario, a determinate scadenze, mescolarsi e confondersi.
Il sogno (ennesima tragica illusione per Liberali e dei Radicali) di un Paese potente con un'economia fiorente (be', prima o poi si penserà all'ambiente, per ora occupiamoci, prima degli altri, di demografia pur con metodi perfettibili) e colla pace sociale frutto d'Autorità.
Dove la libertà è un optional, un vincolo ed un privilegio.
Guido Biancardi
membro del Comitato nazionale di Radicali Italiani
Fonte: Radicali.it