Castel di Fiori, un paesettucolo nei pressi di Montegabbione, paesetto nei pressi di Monteleone di Orvieto, ha fatto vivere, ai fortunati frequentatori di simili borghi antichi, un’esperienza che dovrebbe essere reclamizzata e offerta al maggior numero possibile di persone.
Ho avuto la fortuna d’essere invitato ad una serata che non esagero a definire stupenda sotto vari punti di vista. Grazie e gratitudine eterna a chi mi ha invitato.
Opera lirica in Piazza. La Cenerentola dello spumeggiante e sempre più attuale Gioacchino Rossini, un autore la cui musica, non a caso, è stata eseguita a rock, proprio davanti al pubblico più esigente: quello della sua Pesaro. L’opera che piace agli inglesi anche perché intrisa di umorismo, cantata da inglesi, con l’accento che in alcuni era terribilmente marcato, è stata godibilissima. Una piazzetta adibita a teatro. La potete trovare digitando su Google “the opera in piazza”, aggiungendovi magari il nome del mezzosoprano, la deliziosa Elizabeth Spencer, che ha interpretato, debuttando come prima donna, Angelina-Cenerentola.
Nell’intervallo tra primo e secondo atto, una mezza cena in piedi con tavolate ai due ingressi alla piazza.
Alla fine della rappresentazione, una cena in piedi con tutti i musicisti e interpreti mischiati tra gli spettatori. Liberata dalla tensione, Cenerentola beveva vino bianco secco e gelido, direttamente dalla bottiglia. Gioacchino ne sarebbe stato orgoglioso e deliziato.
Serata piena. Una perla grazie all’Europa. L’Europa della Cultura e dell’Arte internazionale, senza barriere e frontiere. Artisti che si inchinano di fronte alla creatività, all’eternità della musica bella. Artisti che imparano l’italiano grazie alla non traducibilità della perfezione.
La lingua italiana, eliminata dalla politica della Comunità Europea, sopravvive nell’arte. La passione per la bella musica, quella difficile perché richiede anni di sacrifici, spinge giovani e meno giovani, veri professionisti (Elizabeth lavora in un ospedale di Londra ma, come cantante è una vera professionista) e dilettanti che si mettono in gioco sia come orchestrali che come attori-cantanti, fa sì che si evidenzi l’esistenza di un mondo che onora l’Europa e che dovremmo sforzarci per non farlo morire.
Una cinquantina di inglesi, per una perla. Quanto hanno guadagnato? Certamente una miseria al confronto di tanti “artisti” della musica leggera, dove si rincorre sempre più il pop.
E, a furia di rincorrere e rincorrersi, stanno di fatto eliminando il “reato” di plagio. Ennio Moricone, presidente della SIAE, si rifiuta di intervenire in cause di plagio, sostenendo che ormai è tutto un plagio. Se uno copia il motivo di un altro e viene denunciato, si difende sistematicamente e vince, dimostrando che il suo pezzo e quello da cui sarebbe copiato, sono “ispirati involontariamente” ad uno più vecchio, che era “ispirato” ad uno ancora più vecchio, e così di seguito.
E quindi si arriva all’irresistibilmente comico del recentissimo plagio di Jovanotti nei confronti di uno spagnolo. Alcuni giorni fa, il Corriere della Sera, ha riportato, con grande risalto, l’accusa di plagio lanciata da un quotidiano spagnolo. Jovanotti ha replicato banalmente una banalissima canzone di un certo Sanz. Ed ecco il lato comico.
Ricordate quando in Johnny Stecchino, Benigni-mafioso vede Benigni-autista e dice: “Quello sarei io? Non mi assomiglia pe’ gniente!”?
Jovanotti ha avuto la stessa reazione. Ha detto che, ascoltando l'altra canzone, ha sentito tutta un'altra storia. Per tutti sono identiche. Ma che anche tra le due ci sia un neo di differenza?
Jovanotti e Sanz guadagnano da nababbi. Elizabeth, penso, debba tirar la cinghia.
Non andrò mai a un “concerto” di gente come Jovanotti. Spero di poter riascoltare, magari proprio a Pesaro, Elizabeth Spencer e Rossini, la cui musica continua a fare bene alla salute.
Paolo Diodati