Le Olimpiadi sono state in passato e lo sono oggi strumento di propaganda anche per regimi in grado di soffocare diritti umani e libertà religiose. Berlino '36, Pechino '08: cambiano i contesti e le modalità di comunicazione, ma una similitudine può essere fatta. È sufficiente pensare a ciò che accade in Tibet, alle persecuzioni subite dalla minoranza uigura del nord-est della Cina o cosa rischiano buddisti, cristiani, islamici e i praticanti del Falung Gong.
Avremo a Pechino certamente delle strabilianti scenografie, così come lo furono quelli berlinesi. Sappiamo anche quanti interessi ruotano intorno ad eventi di questa portata: business, sponsor, televisioni, promozioni su scala mondiale.
Ma esistono anche altri aspetti non meno rilevanti da prendere in considerazione. Lo sport ad ogni livello, agonistico e non, porta con sé elementi positivi per la crescita di chi lo pratica. Il confronto con se stessi e con gli altri, il rispetto di regole condivise, il sostegno ai compagni di squadra, il piacere psico-fisico che è in grado di generare. In più l'appuntamento olimpico è forse uno dei primi esempi di globalizzazione dell'era moderna. Scambio culturale innanzitutto per gli atleti.
I racconti di chi ha vissuto l'atmosfera del villaggio olimpico di Roma nel 1960 lo testimoniano. Per molti, soprattutto negli anni della guerra fredda, anzi è stata l'occasione per poter viaggiare all'estero e magari rimanervi fuggendo dalle dittature dell'Europa dell'Est. Oggi a conferma della forza, anche interiore, che lo sport è in grado di generare vi è la storia di Natalie Du Toit, nuotatrice sudafricana, che è riuscita a qualificarsi per le olimpiadi cinesi, senza l'aiuto della gamba sinistra, persa dopo un incidente in moto. La sua passione, il suo impegno, l'ha portata alla finale dei 10 km di nuoto in acque libere. Un qualcosa di eccezionale che supera limiti e convenzioni.
Comunque l'Olimpiade è opportunità per incidere anche su altri limiti e confini sui quali non pare esserci globalizzazione. I limiti imposti ai diritti umani in tante parti del Mondo. Ora è il momento di porre con spirito propositivo e con la nonviolenza la questione dell'autonomia del Tibet e della necessità di un dialogo vero tra il governo cinese e il Dalai Lama. Lo si può, lo si deve fare ora con gli strumenti a disposizione. Ecco perché ad Assisi in coincidenza con la cerimonia inaugurale delle Olimpiadi, vi sarà una manifestazione che speriamo raccolga queste istanze e sia essa stessa speranza.
Che sia interna cioè a quel Satyagraha che i radicali hanno lanciato per il 2008 e che in questi giorni ha visto una accelerazione sul fronte della moratoria per la pena di morte, anche per chi, come Tarek Aziz, ha avuto responsabilità profonde per affermare nella violenza un regime dittatoriale. Una grande lotta è stata messa in atto da Marco Pannella, sostenuta da decine di persone,una lotta nonviolenta di tanti giorni di sciopero della fame, per conquistare qualche centimetro in più di consapevolezza, di informazione, di speranza, appunto. È illusorio tutto ciò? Forse, ma se non questa politica, che vale la pena di essere vissuta, quale?
Tommaso Ciacca
(da Notizie radicali, 4 agosto 2008)