«Cut and take, some money we can make»: “taglia, piglia, possiamo fare soldi”. È una voce che emerge dal palco, in una sorta di marasma sonoro-ritmico. È l’invito dell’avido Generale a consumare, ad abbattere la natura fino all’ultima pianta.
L’ultimo albero è il titolo di una poesia teatrale- acrobatico- ritmica, una produzione della Compagnia teatro Dimitri, che compie quest’anno i suoi 30 anni.
L’idea è di Dimitri, la regia della figlia Masha, gli attori sono Luisa Braga, Paul Del Bene, Ulrike Kinbach, Martin Hommel e Gerardo Tetilla.
visto a teatro
Cinque personaggi, quasi dei folletti, fiabeschi e molto ben caratterizzati, formano una comunità intimamente legata al bosco e all’albero attorno al quale vive. Essi resistono inutilmente all’attacco degli uomini che, sotto gli ordini di un Generale, caricatura di un generico capo nazista, tagliano conifere a gogò. Il pubblico percepisce precisamente che “qualcosa più forte di noi sta cambiando l’equilibrio” della terra e per una buona mezz’ora passeggiamo nei sentieri espressivi del teatro. È un’idea forte per denunciare, artisticamente, un grande problema che ci tocca. Un tempo della comicità molto riuscito, una drammaturgia già pienamente soddisfacente, trasmettono in questa prima parte dello spettacolo una bella energia, anche un poco felliniana, per la grottesca dimensione dei personaggi.
La musica, originale, eseguita dal vivo dagli stessi attori, definisce il “pianto degli alberi”; è una melodia che entra “come un seme piantato nella testa”.
Ad un certo punto, però, i personaggi si smascherano. Pur non essendoci intenti pirandelliani, gli attori si svelano e sul palco si delineano i componenti della compagnia teatrale che ha appena messo in scena la storia dell’ultimo albero abbattuto. La compagnia viene quasi interrotta perché giunge una lettera. Lo Stato impone una censura: è proibito parlare di cose così delicate. Il tema dell’equilibrio ambientale e quello della censura iniziano qui un gioco scenico, rubandosi a vicenda i piani narrativi. Scopriamo che la fiaba dell’ultimo albero è, seppur credibile, un pretesto. Dunque il Censore proibisce di parlare? Allora si potrà cantare! Si comincia daccapo con la stessa storia, ma cantata. Nuova interruzione del Censore. Non si può nemmeno cantare! Il racconto è allora ripreso dalla compagnia con grande purezza mimica. Se, infine, non si potrà più nemmeno “fare teatro”, sarà quindi la volta del circo, in un’apoteosi finale, un volo in crescendo di corpi, oggetti, ritmi che sacrificano contenuto (ormai il pubblico la storia l’ha capita), per dare spazio ad una forma che conquista finalmente i favori del Censore. Nell’ultimo albero il teatro è l’ultimo rifugio, un cerchio raccolto ed estremamente significativo (come quello di Verscio, accogliente, impregnato di storie) per dire e svelare ancora una volta, con leggerezza e senza cattiveria, le debolezze e le imperfezioni della natura umana attraverso la delicata manifestazione di corpi poetici. È uno spettacolo da non perdere, bello veramente, può nutrire spettatori di ogni tipo: famiglie, bambini, adulti, donne e uomini colti, persone che non vanno mai a teatro.
Dimitri spiega, nella presentazione del concetto: «Alcuni anni fa avevo già scritto per la nostra Compagnia un pezzo simile. Quello che mi aveva ispirato ai tempi era questa incredibile situazione, di circa 300 anni fa, che si era avverata a Parigi, dove ai commedianti del Théâtre du Boulevard era stato proibito di usare la parola, costringendoli in breve tempo ad utilizzare la pantomima».
So per certo che venerdì primo agosto la Compagnia teatro Dimitri, di fronte ad un foltissimo pubblico in visibilio, non è stata interrotta da alcun censore. Forse, però, un poco di censura, leggera e sottile come l’aria che respiriamo… la potremmo misurare anche nella libera, neutrale e democratica Svizzera. Perché, da Caino in poi, chi ha potere se lo gioca come può o, come dire, secondo il proprio “lume”.
Daniele Dell’Agnola
(da La Regione Ticino, 4 agosto 2008)
Link Compagnia teatro Dimitri
www.teatrodimitri.ch/frame_it.htm