La rinascita del nostro Paese passa attraverso l’urgente rilancio della Scuola e delle Università. La Riforma del Paese parte proprio da qui: dalla scuola, dagli studenti, dai professori, dalla formazione, dall’informazione, dalla conoscenza, dal pensiero, dall’applicazione, dall’operosità, dallo studio, dalla ricerca, dalla creatività, dalla memoria se sarà capace di costruire un futuro, dalla proposta dell’antico sapere invece che dalla continua riproposta del vecchio truccato come nuovo, dalle possibilità tolte e da restituire ai giovani, dalle opportunità sottratte ai meritevoli, dal “nuovo possibile” invece di questo “vecchio probabile” della ministra Gelmini.
Grazie, dunque, a Francesco Merlo per aver scritto su la Repubblica quello che pochi hanno il coraggio di dire pubblicamente: «In Italia non ci vogliono grembiuli ma edifici, aule, strumenti di didattica, un nuovo sistema di stipendi, di aggiornamenti e di incentivi, nuove strategie formative…». E molto altro ancora. Il governo, insomma, vuole imporre l’autorità perché non riesce ad essere autorevole, si vuole ridare autorità ai docenti perché non si vuole che la scuola e i professori possano acquistare autorevolezza, riconoscimento pubblico, stima sociale.
Gli insegnanti, nell’Italia di oggi, sono presi in giro e bistrattati doppiamente: dall’alto e dal basso, dallo Stato menefreghista e dall’impopolarità che il mestiere d’insegnante riscuote nell’immaginario collettivo. I professori, infatti, vengono considerati dai cittadini come una categoria privilegiata perché impegnata nel proprio lavoro soltanto per poche ed esigue ore settimanali, privilegiata anche per le lunghe ferie estive nonché per le altrettanto lunghe vacanze di Natale, di Pasqua e di tutte le feste comandate! Ma non basta: gli insegnanti vengono considerati come dei quasi falliti perché guadagnano poco, lavorano poco e valgono poco, sono ai margini della società, senza avere neppure un solido e diffuso riconoscimento civile o sociale, sono abbandonati dallo Stato e dai privati, derisi da tutti gli altri laureati che si dedicano a professioni più redditizie e più remunerative. I professori svolgono il loro mestiere senza un adeguato riconoscimento economico, senza rispetto per l’importanza sociale che ricoprono e, perciò, senza potersi porre con autorevolezza nei confronti degli alunni e delle famiglie che, spesso, non riconoscono l’importanza della figura dell’insegnante essendo ormai assunta come assioma generale quella vulgata che sostiene: “Chi sa fare fa e chi non sa fare insegna”.
Certo, andrebbe affrontato seriamente il discorso della selezione degli insegnanti e della qualità, oltre che della quantità, del lavoro svolto. Bisognerebbe avere un governo che investisse sulla Scuola, sull’Università e sulla Ricerca. Investire nelle idee, in proposte serie e stanziare fondi, formare personale adeguato, mettere a disposizione strumenti e finalità. Per gli studenti. Per il Paese.
Pier Paolo Segneri, Segretario ass. LeAli
Fonte: Radicali.it, 04/08/2008