«...Gioverà anche specificare
che se il termine laico
non viene mai usato per le donne,
questo accade perché laiche
esse lo sono indistintamente tutte,
comprese le suore di clausura
essendo escluse,
secundum ordinem Melchisedech,
da ogni funzione sacerdotale…».
(Ignazio Silone)
Ha risposto stizzito, il direttore dell’Avvenire Dino Boffo a una lettera inviata da Maria Antonietta Farina Coscioni. Intervenuta sulla vicenda di Eluana Englaro, Farina Coscioni si dice d’accordo con quanto detto dal padre di Eluana, Beppino: «Non entro in polemica con la Chiesa, libera di esprimere le proprie convinzioni. Dopodiché, staccando il sondino a Eluana si permette alla natura di riprendere il suo corso, rispettando il diritto alla morte. Un diritto interrotto quando dopo l’incidente furono adottati i protocolli di rianimazione che l’hanno portata in questo stato di come vegetativo». Quel corso di natura, aggiunge Farina Coscioni, «invocato da Giovanni Paolo II quando chiese di lasciarlo libero di raggiungere il Padre». Ed ecco la risposta stizzita: «…Una sola osservazione di metodo, che poi è anche di contenuto: il punto di vista laico dovrebbe essere così avvertito da non scivolare in paralleli inverosimili al punto da apparire provocatori. La testimonianza di Giovanni Paolo II è inagibile per operazioni politiche…».
Si può comprendere il nervosismo del direttore di Avvenire, chiamato a far quadrare il cerchio. Tuttavia è Boffo che stabilisce se sia o meno agibile il dire di Karol Wojtyla? Perché citare le ultime parole pronunciate da un pontefice sarebbe scivolare in paralleli inverosimili al punto da apparire provocatori? Lasciatemi libero di raggiungere il Padre è l’umanissimo sospiro, la liberatoria aspirazione di una persona ormai stremata che sa esser tutto inutile, e chiede sia messa fine a una inutile sofferenza. È una lucida rivendicazione di libertà: va tutelata e rispettata, anche se non la si condivide e se al posto di chi questa libertà rivendica, ci si comporterebbe in modo diverso. È la libertà chiesta, implorata, per la quale si sono battuti Luca Coscioni, Piergiorgio Welby, Giovanni Nuvoli e tantissimi altri con loro… Lo hanno ben capito quelle suorine “laicissime” che sono venute ai funerali di Welby, a cui si è rifiutata la cerimonia religiosa. Clamoroso esempio di come sanno essere privi di misericordia tanti sedicenti difensori della vita.
La stessa mancanza di misericordia che emerge da certe dichiarazioni rilasciate in queste ore, e che trascriviamo perché non se ne smarrisca la memoria:
«Apprendiamo con sollievo il ricorso della procura che sospende il decreto di condanna a morte di Eluana Englaro. In queste tre settimane siamo stati i soli, sin dall’inizio, a chiedere un intervento rapido in grado di scongiurare gli effetti della prima sentenza omicida della Repubblica italiana per salvare una persona sfortunata ma comunque ancora viva. Ci auguriamo ora che le ‘coscienze parlamentari’, contrarie a sollevare il conflitto di attribuzione con la Corte di Cassazione. Riflettano con maggiore serenità sull’inviolabiltà della vita umana». (Luca Volonté, deputato dell’Unione di Centro)
«Abbiamo sempre sostenuto che la sentenza della Cassazione su Eluana Englaro avesse ampiamente travalicato, su un tema delicatissimo come quello della vita e della morte, i confini della discrezionalità giudiziaria e della potestà interpretativa dei giudici. La nostra iniziativa di sollevare un conflitto di attribuzione ha preso le mosse proprio da questa constatazione. Nel rispetto dei ruoli e della distinzione dei poteri, riteniamo un fatto importante che il dubbio al quale abbiamo provato a fare corpo con gli strumenti a nostra disposizione si stia manifestando anche all’interno dello stesso ordine giudiziario, ci sembra davvero un buon segno». (Gaetano Quagliariello, vice-presidente dei senatori del PdL)
«È giusto che nessuno tocchi Caino, ma evitiamo anche di continuare ad uccidere Abele. Lanciamo una moratoria per fermare l’esecuzione di Eluana. Ai radicali di tutti gli schieramenti dico che trovo contraddittorio chiedere (giustamente) la moratoria per la pena di morte per i colpevoli e invocarne l’esecuzione per gli innocenti. Mi viene da chiedergli: se un detenuto nel braccio della morte è in stato vegetativo, la moratoria non vale più?» (Raffaello Vignali, PdL)
«Si tratta di stabilire, come da noi sostenuto, che il diritto di legiferare, su questa, come su qualunque altra materia, appartiene al Parlamento. È ovvio che tutto questo, qualora si decidesse di intervenire legislativamente su tutti i temi relativi alle fasi terminali della vita, quali la terapia del dolore o una migliore definizione di accanimento terapeutico, dovrà essere ampiamente dibattuto per trovare le soluzioni più idonee». (Enrico La Loggia, vice-presidente del gruppo PdL della Camera dei deputati)
E fermiamoci qui. Da una parte, sollevano un inesistente conflitto di attribuzione, quasi che qualcuno abbia impedito al Parlamento di legiferare in materia (qualcuno in effetti c’è stato: nella passata legislatura la legge sul testamento biologico e il paziente lavoro di Ignazio Marino sono stati boicottati da centro-destra e teo-dem su mandato Vaticano); dall’altra plaudono quando la Procura Generale milanese presenta ricorso contro la sentenza della Corte d’Appello.
Non si riesce a comprendere come la Corte Costituzionale possa anche solo accogliere i ricorsi della Camera e del Senato. Non c’è stata alcuna invasione di campo da parte del potere giudiziario nei confronti di quello legislativo. Il Parlamento poteva legiferare sol che volesse farlo, e può farlo quando vuole senza impedimento alcuno. Può discutere e varare il testo che crede; la strumentalità e la pretestuosità dell’iniziativa di questi sedicenti difensori della vita senza misericordia è di solare evidenza. Proprio ieri il capogruppo del PD Antonello Soro ha chiesto al presidente della Camera Fini che la questione del testamento biologico sia calendarizzato in tempi brevi. Se esiste la volontà di regolare la materia, lo si può fare, e in tempi rapidi.
Valter Vecellio
(da Notizie radicali, 1° agosto 2008)