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Finanziamenti alle scuole private? Della Vedova e Di Scalzo su 'L GAZETIN di febbraio
13 Febbraio 2006
 

«L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.

«La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.

«Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato».

Non è uno stralcio del programma della Rosa nel pugno, ma quanto prescrive l'art. 33 (primi tre commi) della Costituzione repubblicana.

Sulla questione dei finanziamenti pubblici alle scuole private, tema del nuovo sondaggio di TELLUSfolio dal 15 al 24 febbraio, anticipiamo gli interventi di Benedetto Della Vedova e di Claudio Di Scalzo sulla nuova edizione del mensile 'l Gazetin, che sarà in distribuzione nelle edicole della provincia di Sondrio da sabato o che può essere richiesto in abbonamento (11 euro per 11 numeri).

In tema di Scuola, e sempre per sabato 18 febbraio, ricordiamo anche l'appuntamento con l'assemblea annuale dall'Associazione Scuola e Diritti che si terrà a partire dalle ore 16:00 presso la sala conferenze del Museo civico di Storia naturale in MORBEGNO.




BENEDETTO DELLA VEDOVA:

Un errore tagliare i fondi alle scuole private


In questi giorni di avvio della campagna elettorale si discute molto -giustamente- di scuola. All’interno dell’Unione prodiana si è scatenata un dura polemica sui fondi alla scuola privata, contestati dalla Rosa nel pugno che ne chiede l’abolizione in nome della Costituzione e dell’investimento nella scuola pubblica.

Credo sia un errore di impostazione. La scuola italiana, al 95% pubblica, costa quanto e spesso più di quelle europee e produce risultati più scadenti. La scuola italiana è fra le più costose del mondo – solo in Svizzera e Stati Uniti la spesa per studente è più alta della nostra. I risultati degli studenti italiani sono fra i peggiori d’Europa. I peggiori dopo Grecia e Portogallo. Gli insegnanti in Italia sono una marea: il rapporto fra insegnanti e studenti è quasi il doppio di quello francese, tedesco e inglese nella scuola primaria, del 50% superiore in quella secondaria inferiore, di circa il 20% nella secondaria superiore.

Bene, non credo che la difesa tetragona della scuola statale disegnata ad uso e consumo delle corporazioni sindacali dei dipendenti e non nell’utilità degli studenti sia meritevole di tanta e impegnativa difesa. La direzione di marcia deve essere quella del buono scuola, cioè della scelta delle famiglie e degli studenti della scuola, pubblica o privata, cui iscriversi. Abbiamo bisogno di mettere in competizione tra loro le scuole pubbliche e queste con quelle private, lasciando agli utenti la scelta. Con il buono scuola o provvedimenti similari anche i “poveri” potranno scegliere, cosa che oggi accade solo per chi può affrontare una spesa in più per l’istruzione dei figli.

Tagliare i fondi, non ingenti, che vanno alla scuola privata – che consente, per altro, allo Stato di risparmiare cifre ben più grandi – significa solo schierarsi a difesa della scuola esistente. Il che, francamente, non mi sembra una grande mossa liberale.



CLAUDIO DI SCALZO:

Virtù della scuola pubblica e cocottes laudanti le private


Buona regola che a parlare di scuola – oltre ai politici in cerca di un seggio dove scaldarsi il culetto e straniti dietro alle cravattine in tono con auto blu adatte al ruolo – siano chi nella scuola vi lavora e vi studia. Gli studenti si sono espressi con lo strumento molto democratico di manifestazioni e occupazioni. E gli insegnanti, io sono uno di loro, nella loro stragrande maggioranza sperimentano l’attuale stato della scuola pubblica quando non trovano nemmeno un pc di ultima generazione o i più proletari pennarelli per scrivere sulla lavagna. I reazionari italiani, sotto la mantiglia papale o sotto quella del liberismo di marca USA con i figli dei ricchi nei college e le classi più povere nei bronx dei professionali o nei tecnici dequalificati, gettano palate di “merda verbale”, si può dire?, o elettorale che ci fa rima, facendo risplendere i loro ottusi proclami in ottone similoro – da mestieranti del neo-congresso di Vienna in salsa berlusconiana e padana (Trono populista televisivo + Altare + Borsa) – per convincerci che privato è bello dato che la stracciona scuola pubblica è piena di docenti ignoranti e di altrettanti studenti che non capiscono un fico secco.

Questa vulgata schizzata in telegrafico e saputello formato, chiaramente ideologica!, è da rispedire al mittente con ghibellino elenco: a) La scuola italiana è fra le migliori in Europa, e come tale è studiata e copiata; b) Che gli insegnanti siano tanti e vagabondi è la solita sparata di politici veramente ignoranti. In realtà gli insegnanti si muovono in classi di trenta alunni e sono pochi per le funzioni di una scuola moderna bisognosa di nuova tecnologia e di risorse telematiche; c) Le scuole private sono diplomifici a raffica. Dove si sfruttano insegnanti precari, con una preparazione non paragonabile a quella degli insegnanti della pubblica; d) Se i privati vogliono fare scuole private, Chiesa compresa, che se le paghino. E paghino anche i docenti: non siamo più ai tempi di Pio XII quando le benedizioni valevano il Paradiso al posto del salario; e) La battaglia della Rosa nel pugno va sostenuta all’interno del centrosinistra. Spero che gli insegnanti italiani la votino in massa.

Sono a disposizione per confrontarmi pubblicamente sul tema trattato e ad infilzare come si deve le cocottes che danzano – senza aver mai visto un’aula – nel teatro mesto della controriforma illiberale della scuola per pochi.


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Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - ISSN 1124-1276 - R.O.C. N. 32755 LABOS Editrice
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