Avevo detto che da affrontare seriamente è l'analisi di Luhmann e da rifiutare è invece la sua proposta politica: di questa opinione si dichiarò subito anche Habermas, che riteneva doversi agire verso Luhmann come Marx aveva fatto con gli economisti liberali classici: accettare l'analisi che è giusta e concreta e respingere e confutare il programma politico seguente.
Vorrei adesso affrontare sommariamente un altro punto capitale di analisi e proposta e di teoria politica generale. L'impianto dialettico della cultura marxista (un segno del tempo in cui fu concepita) lavora sulle contraddizioni. Si sa che il catechismo marxista vuole che vi sia una contraddizione principale, quella capitale-lavoro, alla quale tutte le altre sono subordinate o marginali o seguenti, insomma una differenza di valore o temporale o locale o di gerarchia esiste. Ad esempio la condizione subordinata oppressa e anche giuridicamente ineguale delle donne viene analizzata e presa in considerazione, ma da mettere in un “secondo tempo” e da affrontare copiando il modello della principale: la liberazione delle donne avverrà attraverso il lavoro e l'alleanza con la classe. Insomma nascono e vengono favoriti i movimenti di emancipazione, che fanno arrivare le donne alla pari con gli uomini, ma nel mondo degli uomini, non con la propria identità e autodefinizione e autodeterminazione e progetto: la strada è già tracciata, si tratta di fare degli aggiustamenti.
Solo uno dei classici ha detto in proposito qualcosa di inedito e differente, andando inascoltato e nemmeno citato oltre l'orizzonte ortodosso dei partiti comunisti. Engels nella sua opera L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato dice in un passo che l'organizzazione sociale, anche molto prima del capitalismo è attraversata da un'altra contraddizione, quella uomo-donna, definita “originaria”, e non deriva dalla principale, è autonoma, non è riducibile alla principale. Dice Engels: «nella famiglia l'uomo rappresenta la borghesia, la donna è il proletariato». Ne consegue che le donne sono un soggetto interessato in proprio e non “a fianco, o dopo, o sotto” alla rivoluzione sociale. Lavorare su questo tessuto di pensiero serve per collocare oggi il dibattito sul femminismo e sul patriarcato. Non è rilevante che vi sia amicizia tra uomini e donne, (meglio che vi sia), che vi siano matrimoni felici (meglio se sono felici). Ma l'assetto sociale riposa ed è determinato da vari conflitti tra le classi, dalla proprietà dei mezzi di produzione, dal modo di produzione; così il femminismo e il patriarcato sono in contraddizione non sanabile, appunto sul riconoscimento di un soggetto irriducibile. La lotta non è tra uomini e donne, ma tra donne coscienti di sé in quanto donne (cioè femministe) e istituzione sociale culturale religiosa patriarcale. Questo comporta che le contraddizioni alla pari, una principale, una originaria, ma non sovrapponibili, né riducibili varcano la soglia del monoteismo culturale del pensiero marxista e aprono la visione politica all'infinita serie dei numeri, a un numero di soggetti che hanno specifici e forti interessi alla trasformazione del mondo. E per ora fermiamoci qui.
Lidia Menapace
(da Tavola Rosa Luxemburg, 24 luglio 2008)