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Letizia Leone: “Carte Sanitarie”; Matteo Lefèvre: “Ultimo venne il porco”. Recensione di Giulio Marzaioli. Vie d’uscita 10
09 Luglio 2008
 

InNumeri

 

Per la Giulio Perrone Editore, giovane e attivissima casa editrice romana, viene inaugurata una nuova collana di poesia diretta da Giancarlo Alfano. Due sono le linee portanti della collana: in primo luogo l’attenzione rivolta alla componente ritmica del testo (il nome della collana “inNumeri” deriva, appunto, da numerus = ritmo), intesa nella sua più ampia declinazione; inoltre, l’accostamento di autori emergenti ad autori più maturi nel panorama della poesia italiana contemporanea.

I primi due autori inNumeri sono Letizia Leone e Matteo Lefèvre.

Nelle Carte sanitarie di Letizia Leone assistiamo al modellamento del/di un corpo al di fuori e al di là del macchina/involucro cui siamo abituati. Sfuggendo tanto la figurazione estetica quanto il sezionamento anatomico, quella tentata dall’autrice è una ri-scrittura, uno sguardo di terzo grado (non rivolto a sé e non rivolto allo strato epidermico dell’oggetto-corpo) sulle leggi di un rapporto: una forma di dialogo nuova ed antichissima con la dimensione fisica. Assolutamente appropriati gli esergo posti ad apertura della raccolta: «Nella malattia ci rendiamo conto che non viviamo soli, ma incatenati a un essere di un regno diverso […] il nostro corpo» (M. Proust); «È addirittura possibile definire la salute il silenzio degli organi» (H. Lang). La “malattia” viene quindi intesa quale parola del corpo, che formula la propria sintassi nel distacco delle parti dal complesso corale, quasi che ciascuna voce/organo fosse chiamata a pronunciare un proprio tono per la ricerca di una nuova armonia. Il corpo si esprime nel momento in cui è toccato nelle sue corde e sapendo ascoltarne le varie modulazioni si può registrare una partitura mediata e tuttavia attendibile. Così facendo, l’autrice mette in opera una sorta di trattazione che, scartando l’attuale visione radio-grafica del corpo, apre una breccia attraverso il tempo della cura (di una cura millenaria) della malattia e si riscopre in uno sguardo meravigliato. E, per paradosso, proprio attraverso una distanza dall’accostamento analitico/anatomico, viene ad delinearsi un profilo più “reale”, rectius “naturale”, quasi che la conoscenza esatta e impersonale della scienza tolga identità all’atto di abitare il proprio involucro. È dunque rimesso alla scrittura rinnovare il rito: «si è mutata in poesia l’antica scienza».

E ancora il corpo è l’oggetto di osservazione del secondo volume della collana, Ultimo venne il porco, di Matteo Lefèvre. In questo caso, tuttavia, il corpo si fa “realmente” oggetto, alimento per la fame dei maiali. Non perdendo mai il filo dell’ironia, sospeso tra la fiaba per adulti e un’epica di segno minore, l’autore non tenta alcuna umanizzazione dell’animale, nessuna deriva antropomorfa (non ci troviamo nel terreno dell’allegoria). Quando il confine tra specie si fa labile, è piuttosto l’uomo a entrare nel recinto del porcile in veste di terrorista, sfruttatore, sovrano (tra i “fatti” da cui prende spunto la narrazione in versi ricordiamo la strage di Beslan, le vittime dell’immigrazione clandestina, la “pulizia etnica” condotta in Spagna dai Re Cattolici, Ferdinando e Isabel). Fin dai primi testi il passo dell’uomo è seguito dall’ombra del maiale che, con i suoi zoccoli, prepara il terreno (l’incollonamento dei versi sulla pagina è spesso interferito da uno scarto verso il margine…). Fotografia della “Storia” e suo negativo vengono così esposti assieme e proprio la storia minore sembra tracciare una linea molto più netta e coerente: i maiali parteggiano sempre per chi perde e sui corpi dei perdenti rinnovano il loro patto con l’uomo: i maiali si sono sempre nutriti di cristiani, quasi quanto questi ultimi di loro (dalla prosa che chiude il libro). Con riso sardonico Lefèvre osserva e riporta gesta e armi di un esercito che il caso colloca tra vinti o vincitori, salvo poi bilanciare il conto al seguente lancio di dadi. La guerra appare così “inevitabile” soltanto per i maiali, portando (e restituendo) giustamente all’assurdo qualsiasi teoria malthusiana sulla necessarietà del conflitto. Insomma, per quanto la storia (con la “s” minuscola) ci insegna, il grufolare dell’uomo nella Storia ha sempre prodotto carcasse. E per ultimi verranno i porci.

 

Giulio Marzaioli

 

 

Letizia Leone
Carte Sanitarie
Giulio Perrone Editore

10,00

 

Matteo Lefèvre
Ultimo venne il porco
Giulio Perrone Editore

10,00

 

 

Letizia Leone è nata a Roma, dove vive e lavora. È stata segnalata al premio internazionale “E. Montale” (1997) e premiata al concorso “Nuove scrittrici” Ed. Tracce, Pescara (1998 e 2002) e al Premio “Grande Dizionario della Lingua Italiana” fondato da S. Battaglia (1998) Ed. UTET, Torino. Sue poesie e racconti sono comparsi su antologie e riviste dal 1995. Ha pubblicato due raccolte poetiche: Pochi centimetri di luce e L’ora minerale.

 

Matteo Lèfevre (Roma, 1974) insegna lingua e letteratura spagnola, gioca a pallone e non fuma più tanto come un tempo. È critico e traduttore; recentemente ha pubblicato il volume Una poesia per l’Impero (2006), dedicato ai rapporti tra poesia spagnola e italiana nel Rinascimento, e ha curato un’antologia della lirica di José AgustÍn Goytisolo (Poesia civile, 2006) nonché un’edizione italiana dei Cuentos morales di Clarín (La moglie imperfetta e altri racconti, 2008). Ha inoltre tradotto dall’inglese una biografia di Malcolm X (1998) e dallo spagnolo, su rivista o in volume, poesie di diversi autori contemporanei. Con la sua raccolta poetica d’esordio, Salamina e Seattle (2004), ha ottenuto il premio “Alfonso Gatto” e il premio “Penne” per l’opera prima.


Foto allegate

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