Fa un cazzo di caldo ma Fidel non si arrende. Riflette. Alla faccia di chi dice che è morto. Alla faccia dei mafiosi di Miami che aspettano il gran giorno per fare la ola sul lungomare. E allora Fidel esce di buon mattino sul Granma e parla di McCain, a zonzo per Colombia e Messico, noto mafioso nordamericano che pare sicuro erede di Bush. E poi c’è la IV Flotta degli Stati Uniti che s’aggira per il Sudamerica, capitanata dal vecchio Joseph Kernan, storico guerrafondaio. Vorrei proprio sapere come mai gli Stati Uniti mandano a giro questa flotta in tempo di pace, non lo so davvero, avranno i loro motivi, ma mica mi piace tanto questa cosa. I mari del Sud aumentano d’importanza e loro vogliono controllare tutto, pare. Sono cose di cui non m’intendo. Non posso mica sapere tutto, come direbbe Ricardo Alarcón...
In fondo a noi c’interessa solo di quel lazzarone di John McCain a giro per il mondo, in vacanza premio latinoamericana, a caccia di consenso. McCain in visita alla Basilica di Guadalupe e tra i poveri di Città del Messico è come leggere Abel Prieto nell’enciclopedia dei migliori scrittori del Novecento. Tutti e due ce li vedo male. Eppure McCain fa gli straordinari in Colombia e in Messico, si alza presto, concede interviste a Televisa e mangia coi membri della Camera Americana del Commercio. C’avrà i suoi buoni motivi, credo. Pure lui chiacchiera d’economia. Siamo rimasti io e Alarcón a non capire un tubo di economia, mi sa che si sbaglia noi, mi sa che serve davvero. E poi vuol sapere tutto sulla lotta al crimine in Messico, come se gliene importasse qualcosa. McCain fa il devoto, prega la Madonna di Guadalupe, va a braccetto con cattolici, protestanti, bianchi, neri, indios, meticci e corteggia i poveri. Bravo McCain, che tanto non mi frega, io sto con Obama, pure se mi cambia poco, resto un cubano a libreta e m’ingegno per campare, come sempre, a zonzo per L’Avana.
Fidel riflette, beato lui che c’ha ancora la forza, con sto caldo infame che non ci si fa nemmeno a fare la siesta dopo pranzo senza condizionatori accesi a tutta randa. Fidel riflette che multano negli Stati Uniti una linea aerea che ha violato il blocco contro Cuba, e poi s’incazza perché in Messico un giornale scrive che 57.000 cubani sono andati in quel paese, tra il 2005 e il 2007. E che t’incazzi, Fidel? Non lo sai che la gente scappa? Svegliati, ragazzo! No, lui non lo sa. Dice che 20.000 cubani di diversa età - eccetto coloro che devono compiere doveri sociali irrinunciabili - sono legalmente autorizzati, ogni anno, a emigrare in questo paese viaggiando in forma sicura. Sono bambini e adulti che hanno ricevuto educazione e sono in buona salute: è un sacrificio che Cuba apporta in nome della riunificazione familiare.
Ma senti che sacrifici fa Cuba. Pensa, io credevo che si sacrificassero quelli che scappano con le zattere e spesso finiscono in pasto ai pescecani. E invece no. Loro sono attratti dalla cinica Ley de Ajuste Cubano, gente senza morale che scappa per sopravvivere. Tu senti che pretese c’ha certa gente, pure quella di mangiare due volte al giorno. Fidel s’incazza perché il nostro popolo viene privato di personale preparato e specializzato, denuncia un furto vergognoso di cervelli e di braccia produttive, che la nostra Patria nella sua lotta eroica ha il dovere di combattere con fermezza. Combatti tu, Fidel, che io la fermezza l’ho finita. Combatti tu che vivi nel mondo dei sogni d’un socialismo compiuto e dell’uguaglianza sociale. Combatti tu che c’hai messo Speedy Gonzales al potere e sua figlia che se la fa coi froci. Combatti tu che io c’avrei solo tanta voglia di ridere se le cose non fossero così tragiche che mi tocca piangere. Un giorno pubblicherò le mie riflessioni, caro Fidel. Ora non posso che mi prende male. Ma un giorno lo farò. Spero solo che quel giorno non sia così lontano.
Alejandro Torreguitart Ruiz
L’Avana, 1° luglio 2008
(dopo la riflessione di Fidel comparsa su Granma del 30 giugno 2008)
Traduzione di Gordiano Lupi