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Peter Brun: Malattie mentali, farmaci e morte 
Primati da capogiro dall’Europa all’Italia. E Pisa? È la patria degli psicofarmaci
11 Agosto 2008
 

C’è una questione che mi sta a cuore molto e ve la scrivo. È quella dei problemi psicologici o meglio detti volgarmente ‘mentali’, che alcuni chiama psichiatrici e altri aggiungono psicoterapeutici. Insomma tutto questo insieme, come vedrete. Si tratta comunque di salute, ma di quella mentale in particolare. Abbiamo scritto – tempo fa – che i morti sulle strade son stati tanti circa 40.000 in Europa, anche se ora l’aggiornamento è pari a 50.700. un altro traguardo. Ma il vero traguardo europeo non è più questo. È un altro. E ancora più drammatico. E cioè che le ‘malattie mentali’ son diventate il nemico numero uno del cittadino europeo: ne soffre uno su quattro con la depressione che colpisce 18.000.000 di persone e il numero dei suicidi – ecco il primato! – supera proprio quello dei morti su strada per incidente, 58.000 vittime ogni anno! Un altra guerra silenziosa che miete il visino della porta accanto se non proprio in casa nostra. Ed ecco il costo sociale: si brucia fino al 4% del Pil europeo ra perdita di produttività e costi sanitari e sociali. Ecco che anche per questo, come per le strade, è stato fatto un libro detto ‘verde’ (forse per la speranza…!) per mettere a punto una ricetta (miglior parola non potrebbe esistere…) per noi europei. Ed è quella di attivare ogni sorta di prevenzione per tutte le età, senza ricovero indiscriminato ma passando attraverso i diritti dei cittadini. Lo schema per l’Europa sarebbe quello copiato dall’Italia con la legge 180/1978 detta di colui che la propose, Basaglia, che fece sì di chiudere molti manicomi. Intanto i dati ridicono che ogni anno il 27% di noi europei dai 18 ai 65 ani soffre di qualche forma di disturbo mentale. La depressione invece ci colpisce oltre per il 6% e spesso giovanissimi. Infatti il 4% sono adolescenti e più del doppio il 9% dei diciottenni. Il suicidio è la terza causa di morte per ragazzi tra i 15 e i 24 anni e la quarta tra i 10 e i 14 anni con tassi di recidive alti: il 40-60% dei ragazzi suicidi avevano già tentato ameno una volta, l’11,5% riesce a farlo nei dodici mesi dal primo tentativo e il 4,3 dopo 10-15 anni. E sono oltre 2.000.000 invece i ragazzi tra i 12 e 25 anni che soffrono di disturbi alimentari (rapporto Eurispes) e cresce il consumo di bevande alcoliche nella fascia di età compresa tra i 14 e i 17 anni: dal 1995 al 2001 i maschi sono passati dal 12,9% al 17,1% mentre le ragazze dal 6 al 13,8% più che raddoppiate (fonti Associazione Area “G” - Milano).

Il paese più in alto è la Lituania, da poco entrata in Europa e già fa testo in negativo, con 44 suicidi ogni 100.000 abitanti. Sullo stesso rapporto i ‘vecchi’ Paesi europei non sono da meno: l’Austria è al 4° posto (17), la Francia al 5° (16,8). Anche i Paesi più evoluti non scherzano: la Danimarca all’8° (13), la Svezia al 9° con 12,2. La Germania al decimo posto con l’11,5; l’Irlanda al’11° con 10,5 morti su centomila abitanti, l’Olanda al 12° con 9,1; la Gran Bretagna al 13°e 14°la Spagna con 6,8. Ed eccoci noi, l’Italia al 15° con 6 suicidi/anno. E siccome saremmo un po' meno di 58.000.000 i suicidi complessivi in Italia l’anno sono 580. le cause principali dei disturbi mentali che colpiscono la popolazione europea, cioè anche noi, sono principalmente i disturbi psico-somatici con il 6,3% e 18,9 milioni di persone, poi la depressione e fobie specifiche con il 6,1%, cioè 18,4 milioni di soggetti.

Guardiamoci dentro, come Paese. Da noi la legge Basaglia ha compiuto 25 anni, ma come la riforma sanitaria di quei tempi ha lasciato per strada metà della legge stessa: per la prima non è stata data assistenza sul territorio ai malati di mente dopo fuori dai manicomi, per la seconda molto consultori familiari sono stati chiusi e quelli rimasti continuano a dare risposte non complete ai vari ambiti d’età dall’infanzia alla vecchiaia. «La qualità dell’assistenza per i malati mentali», afferma Peppe dell’Acqua uno degli eredi di Basaglia che dirige il dipartimento di salute mentale di Trieste, «è scadente, i centri sono raramente aperti 24 ore al giorno, mentre i servizi psichiatrici si trovano spesso in luoghi indecenti con porte sbarrate e persone legate come consuetudine».

 

L’Europa vorrebbe correre su questa linea basagliana e speriamo che ci riesca, ma speriamo che non faccia come l’Italia che ha lasciato la riforma a metà, trovandosi ora a ‘riaprire’ certe case di cura pubbliche o meglio anche private in convenzione (dice costano meno…). Il problema è come prevenire. Come organizzare i ‘sensori’ per anticipare la caduta vera e propria. Si parla della famiglia, dei medici di base, della scuola. Ma nessuna delle tre è oggi in condizione di funzionare bene e per vari motivi. La prima perché non vuol nemmeno sentire parlare di questi problemi quando si tratta di un loro caro, si schiude spesso a riccio ed evita di approfondire, spesso è un tabù. Il secondo ‘sensore’ sarebbe il cosiddetto medico di famiglia che anche qui trova difficoltà per se stesso in quanto non si preoccupa più di tanto, non è preparato o anche lo fa ma trova ancora nei genitori. Il terzo, la scuola. Qui forse è il luogo dove potrebbe venir meglio fuori il problema e quasi sempre da qui si riesce ad individuare il disagio, ma solo – e oggi ancora non più – fino alle elementari perché oltre spesso, anche qui, molto insegnanti lasciano correre e/o non sono sensibili. Allora poi ci si ritrova col tempo ad avere a che fare con persone grandi che hanno accumulato disagi su disagi e sono cresciuti in famiglie che gli hanno accolti in silenzio. Quindi poi quando escono allo scoperto nela società oramai sono già formati e consolidati e tutto resta molto più difficile.

Ma la nostra Regione, la nostra Provincia, i nostri Comuni hanno mai fatto qualche iniziativa per sensibilizzare su questi problemi questi tre soggetti-fulcro del problema? Hanno mai svolto indagini sul territorio, non a campione, ma a tappeto sulla realtà di questi nostri territori?

Non ci risulta. Vorremmo essere smentiti.

 

Inoltre c’è da dire che la nostra provincia è quella più farmacolizzata d’Italia, grazie ad una scuola di pensiero che crede più alle sostanze chimiche che alla relazione. Per cui si scrive la ricetta per gli psicofarmaci e forse si fa anche qualche elettrochoc e poi si vede. Abbiamo psichiatri in questa nostra provincia e anche in Toscana molto legati a Basaglia con la cosiddetta “psichiatria democratica”, ma spesso sono condizionati (chissà perché…) dall’indirizzo pisano dello psico-farmaco che curano molto poco l’aspetto psicoterapeutico e analista. Le unità operative di psicologia delle varie Asl Toscane risentono di tutto questo e di fatti sono state molto ridimensionate e rese quasi impotenti di fronte ai gravi problemi psicologici, i primi che avanzano si fanno evidenti, sia tra i piccoli sia tra gli adulti, facendosi assorbire molto dall’assistenza ai tossicodipendenti con la fornitura del metadone.

Domandiamo come una giunta regionale di sinistra, un assessore di sinistra, quindi più in linea di altri dovrebbe sviluppare una linea basagliana e non lasciare che invece domini una linea farmacologia. Che si incentivi la psicoterapia ma se poi non ci si crede si dica. E il ridimensionamento della psicologia nelle Asl toscane è la cartina al tornasole di questo gravissimo problema che non risparmia né la Toscana né Pisa.

 

Peter Brun


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