Stefano Simone vive a Torino ma è un giovane regista pugliese nativo di Manfredonia, città dove ambienta le sue storie. Per il momento la sua attività si limita alla realizzazione di corti di genere horror, noir e fantastico, che scrive, sceneggia e monta. Simone ha ottenuto buoni risultati con Infatuazione, corto selezionato tra i migliori 140 cortometraggi fra gli oltre 800 proiettati al Festival del Corto di Roma 2006, mentre L’uomo vestito di nero e Lo storpio sono stati selezionati fra i migliori cortometraggi tra gli oltre 1000 proiettati al festival del Corto di Roma 2007.
Ho avuto modo di vedere alcuni lavori del giovane regista.
Infatuazione (2006) è il migliore in assoluto. Ottima l’ambientazione provinciale, all’interno di un istituto scolastico, durante una partita a tennis. Un ragazzino seduto in tribuna si innamora in modo adolescenziale di una donna che sta mangiando un gelato. Lo stile è tipico del cinema erotico italiano, con accenni di commedia sexy, soprattutto nel gioco di sguardi tra i protagonisti. La pellicola è breve, quasi completamente muta, basata su inquadrature sapienti e un’ottima colonna sonora. Simone fa attenzione ai particolari, utilizza con perizia la macchina da presa, inserisce dissolvenze e primi piani. L’attrice protagonista ricorda una giovane Edwige Fenech. Il ragazzino potrebbe essere il Pea o il Cenci di turno, innamorato che va in bianco davanti alla donna matura che lo irretisce. Segnalo una bella fotografia di Manfredonia, alcune ottime panoramiche e uno scambio di battute finali tra i due attori che porta la delusione sul volto del ragazzo. La carta di un gelato finisce nel cesto dei rifiuti e con essa i sogni erotici di un adolescente.
L’uomo dal vestito nero (2007) è un horror dalla buona colonna sonora, ben girato e discretamente montato dal regista, ma soffre di una recitazione dilettantistica appesantita dalle inflessioni dialettali dei giovani attori. L’idea alla base del corto è interessante, un uomo nero che appare e incita un ragazzo frustrato all’omicidio, alla ribellione contro gli amici che lo sfruttano. La sceneggiatura potrebbe essere migliorata, anche perché il regista decide di non far vedere gli omicidi. Per un horror si tratta di un bel limite. Buona la fotografia e interessante l’uso delle dissolvenze. Da dimenticare la risata da fumetto del cattivo nel finale di pellicola.
Il gatto nero dalle grinfie di Satana (2005) è una storia di serial killer che segnalo per un buon uso dello zoom, dei primi piani e per una bella fotografia. Si tratta di un lavoro teatrale che avrebbe necessitato di attori più preparati per renderlo credibile, anche perché sono eccessivi tanti discorsi filosofici sull’amore. Simone si ispira a Dario Argento quando tratteggia la figura del serial killer dalle mani coperte con un guanto nero. La cura formale con cui il regista realizza la pellicola fa perdonare alcuni eccessi didascalici e troppi dialoghi impostati.
Lo storpio (2007) è un buon lavoro che si avvale di un discreto commento musicale, di un montaggio efficace e di un buon uso della macchina da presa. Gli attori sono ancora una volta scarsi e questo significa che il giovane regista deve crescere come direttore di interpreti, ma anche che il materiale disponibile non è eccelso. Si apprezzano molte panoramiche, gli esterni al campo di calcio, le dissolvenze e diverse parti di pura azione. Il soggetto non è molto elaborato, ma si segue con piacere, anche perché il montaggio realizza una buona suspense. La pellicola cambia colore durante le scene di azione, ci sono molti flash sulle auto e sui volti, tutto è piuttosto rapido. Una lezione di cinema noir alla Fernando Dio Leo, fatte le debite proporzioni.
Contratto per vendetta (2008) è un altro noir di provincia alla Di Leo, ma presenta suggestioni dei vecchi film con Charles Bronson sui giustizieri che difendono la città dal crimine. Notiamo paesaggi urbani squallidi, ottimi effetti splatter, credibili sparatorie che lasciano buchi nella gola e negli occhi. Il corto è molto elaborato, si ispira a un racconto di Lawrence Block e racconta le vicende di un giustiziere che deve ripulire la città dai boss. La musica di Niko Rubini è in buona sintonia con l’atmosfera della pellicola. Il film è doppiato in studio e ancora una volta troviamo l’escamotage del cambio di colore per le scene più cruente, accompagnate da musica ritmica. Interessanti i particolari della città, del treno incorsa, dei volti in primo piano. Non regge la parte psicologica della storia, mentre le sequenze di azione sono ben fatte. Il finale a sorpresa rende interessante un film che risente dei soliti problemi recitativi.
Istinto omicida (2006) è ancora un noir che si avvale dell’ottima musica di Niko Rubini, ma ancora una volta gli attori sono scarsi. Il killer è ben rappresentato dai soliti guanti neri e da un coltellaccio alla Dario Argento, ma vediamo anche i folli disegni tracciati da una mente psicopatica. La fotografia è scura, il regista insiste molto sui particolari e dimostra bravura in tutte le scene d’azione. La parte dialogata è pesante e lenta, dovrebbe essere più serrata, rapida ed essenziale. Non è un difetto da poco veder raccontare gli avvenimenti senza far uso di immagini. Il protagonista della pellicola è il fantomatico killer di Manfredonia, uno squartatore-strangolatore rappresentato in maniera sufficientemente approfondita. Si tratta del lavoro più lungo e complesso di Simone, ma non regge la lunga durata, si perde nei dialoghi e in una trama farraginosa. Buona la soggettiva del killer, ottime le scene d’azione e certi effetti speciali (la bava alla bocca), ma anche il mix musica-immagini nelle scene d’azione.
Stefano Simone è un giovane regista che può soltanto crescere.
Non resta che attendere.
Gordiano Lupi