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PQ. Vite da storia. Antologia del quotidiano
26 Giugno 2008
 

«Sorella fratello... Nessuno qui ti domanderà chi sei, né perché hai bisogno, né quali sono le tue opinioni»: sono le parole che campeggiano su un cartello all'ingresso, in viale Toscana 28, della sede di Pane Quotidiano. Sono ben undici decadi, dal lontano 1898, anno di fondazione per opera di Edoardo Banfi (un tempo in cui la borghesia milanese aveva un sincero afflato e un fattivo empito filantropico), che gli operatori e volontari della storica associazione sono a disposizione di chiunque abbia bisogno, dal lunedì al sabato, dalle 9 alle 11. Ogni giorno 2.000 e più persone, con picchi di oltre 3.000, vi si recano: uomini, donne e bambini, delle più varie etnie – ma più del 50% sono italiani – specchio di una nuova e incalzante povertà e d'incalcolabili solitudini e disagio sociale. Non ricevono, essi, solo sacchetti alimentari, pacchi di generi di conforto, abiti e qualche giocattolo, per i più piccoli, ma anche conforto e calore, vicinanza umana.

Simonetta Gadaleta è una delle volontarie che si avvicendano nel servizio offerto e che si confrontano ogni dì con questa sfilata, assolutamente dignitosa peraltro, di storie e casi esistenziali i più disparati, talora disperati. Tempo fa le è balenata in mente un'idea. Una meravigliosa idea: «Per mesi ho ascoltato queste persone nella loro fame sociale - perché non c'è solo la fame dello stomaco, c'è anche quella delle relazioni personali e di umanità -, loro avevano voglia di parlare di sé e di com'è difficile vivere».

Simonetta ha cominciato dunque a raccogliere storie, tante storie, tutte le storie che quelle persone in attesa volevano narrarle. Ne è scaturito infine un magnifico libro, Vite da storia. Antologia del quotidiano (Edizioni Società Pane Quotidiano, € 25,00): testimonianze di vite vissute, allo sbando, dimenticate e riconsegnate al mondo, sogni forse abbandonati eppure mai smessi, vicende d'abbandono e vicissitudini familiari, sventure ma anche ricordi di momenti belli. Pensionati, anziani, ex manager, disoccupati, migranti, un popolo composito e sfaccettato. «Sono i nuovi e i vecchi poveri di Milano, che raccontano la loro storia, di fame, solitudine, rabbia. Noi gli abbiamo solo dato una voce». E ancora... «Una Milano che diventa sempre più inquieta. Ci serve il vostro aiuto. Ciò che per alcuni è superfluo, per molti è necessario», conclude la Gadaleta.

«Il vento spinge la neve sopra il solco aperto dall'uomo/ che ha faticato per aprirlo,/ ieri con i buoi mansueti oggi con i rombanti trattori.// Per fare il pane occorre sudore e chi fa fatica/ dall'alba al tramonto/ vuole silenzio per udire il cuore.// Poi irrompono dalle scale i bambini,/ si asciuga il volto col polso/ per poter meglio tutti abbracciare.// È soprattutto per loro/ che egli sopporta la fatica,/ nel solco che ha aperto c'è il pane di domani;/ allora sorride pensando/ quanto è bello vedere crescere bene la prole», ha scritto un poeta che ogni mattina si dispone pazientemente in fila, con un sorriso e, quand'è il suo turno di ricevere pane, latte o quant'altro, contraccambia regalando una poesia. Uno scambio assai equo, diremmo. La speranza è una fiamma che resiste e brilla, nonostante tutto. Questa poesia, bucolica e sognante, è più di un messaggio.

Certo, l'amaro resta in bocca nel constatare e sapere quanto al di là di proclami roboanti da parte delle varie caste del Paese la situazione socio-esistenziale di tanta gente comune sia compromessa. Un tessuto disgregato. Un'odissea senza fine. Per fortuna sopravvive e vive, perdura e opera l'universo della solidarietà. Ma può bastare, esso, in una nazione civile oppure, di contro, è l'emblema e il manifesto di un'ormai incontrollabile deriva (a proposito di “deriva”, leggete il bel libro dall'omonimo titolo di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo: altamente istruttivo, per imparare a non mollare) e la “delega” definitiva da parte delle istituzioni, impossibilitate o incapaci di risolvere le problematiche del benessere e della felicità degli individui, alle associazioni filantropiche e di volontariato? Se chi, come Simona Gadaleta, si dedica all'altro uscendone vincente e puro, la società in cui viviamo appare corrosa, sconfitta, ignava, inerte e colpevolmente insipiente.

Il libro contiene prefazioni di Enrico Bertolino e Cochi Ponzoni (quello del comico dell'ex duo con Renato è il ricordo di una magnifica figura umana di un paesaggio meneghino irrimediabilmente scomparso), una poesia, dura e struggente, in milanese di Bebo Storti e un bel corredo fotografico di Mino De Vita che ha fatto ben 3.000 scatti – dettagli di situazioni e non ritratti diretti, per rispettare il diritto all'anonimato – per giungere a una scelta iconografica definitiva. Il ricavato della vendita del libro andrà al servizio della causa di Pane Quotidiano. Per informazioni: tel. 02 58310493, www.panequotidiano.info.

 

Alberto Figliolia


 
 
 
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