I ministri degli esteri dei 27 paesi dell’Unione Europea hanno deciso, durante il Consiglio europeo di Bruxelles, di revocare le sanzioni contro Cuba, applicate in seguito alla Primavera Nera del 2003 che portò in galera 75 dissidenti. Oscar Espinosa Chepe (foto) - uno degli incarcerati - non ha approvato il provvedimento, si è detto preoccupato perché «la decisione potrebbe incoraggiare i settori più duri del governo». Martha Beatriz Roque - altra dissidente scarcerata nel 2004 - afferma: «Adesso dobbiamo attenderci cose orribili per l’opposizione. Il governo diventerà ancora più aggressivo…».
L’Unione Europea ha tolto le sanzioni ma ha condizionato tale decisione al rispetto dei diritti umani. I dissidenti temono che il governo cubano non rispetterà queste garanzie, anche se l’Unione Europea si riserva di esaminare ogni anno la situazione dei diritti dell’uomo e di decidere se continuare questa politica verso Cuba. Lo scopo dell’abolizione sarebbe quello di iniziare un dialogo con Raúl Castro per migliorare la democrazia del paese e occuparsi dei diritti dell’uomo. Gli oppositori del regime accusano la Spagna e la ritengono causa principale della decisione, presa per meri motivi economici e per favorire gli spagnoli che fanno affari a Cuba.
Miriam Leiva - fondatrice del gruppo delle “donne in bianco” che raccoglie le mogli dei 75 dissidenti - ha affermato che l’Unione Europea sta rischiando molto perché ha creduto alle promesse di Raúl e alle operazioni di facciata che non hanno cambiato la sostanza delle cose in tema di diritti umani. Gli Stati Uniti avrebbero preferito che l’Unione continuasse a seguire la linea dura contro Cuba, perché il regime avrebbe dovuto concretizzare le iniziative per migliorare il rispetto dei diritti umani prima di revocare le sanzioni.
La revoca delle sanzioni non cambia la sostanza delle cose, perché di fatto erano sanzioni formali, diplomatiche, senza effetti pratici, tra l’altro congelate e inapplicate da anni. Se si vuole davvero sanzionare un regime si deve farlo in maniera effettiva e non solo di facciata, sempre ammesso che il sistema delle sanzioni sia il migliore per cambiare le cose. L’embargo degli Stati Uniti contro Cuba dimostra che le sanzioni possono persino rafforzare un governo contro il presunto nemico esterno. Il regime cubano usa da sempre l’embargo statunitense come arma di pressione psicologica sull’opinione pubblica e come copertura per tutti gli errori di politica economica.
Le sanzioni dell’Unione Europea servivano soltanto per affermare che Cuba era governata da un regime con cui non si doveva dialogare perché non democratico e dittatoriale. Adesso sarebbe deleterio applicare il sillogismo: “Hanno tolto le sanzioni perché Castro sta democratizzando il paese”. Non è vero. Le sanzioni sono state tolte solo per facilitare gli scambi economici e per migliorare il dialogo politico. La democratizzazione di Cuba e un effettivo cambiamento sono ancora lontani. Dobbiamo vigilare con molta attenzione su tutto quello che potrebbe accadere, a partire dalla situazione della stampa indipendente che sta risvegliando gli animi con articoli e racconti della vera vita quotidiana. Dobbiamo vigilare sulla sicurezza di una ragazza coraggiosa come Yoani Sánchez che, da semplice cittadina che parla, sta sfidando il regime e rischia la galera per raccontare le cose che non vanno nella Cuba dei fratelli Castro.
Gordiano Lupi
Qui l'intervista su Cuba e la revoca delle sanzioni
dalla trasmissione “RadioCity” su Radio Uno Rai
del 20 giugno 2008